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Toscana. Pronto soccorso al collasso, la denuncia del personale sanitario

Alla fine di febbraio 288 medici dei reparti toscani di emergenza-urgenza hanno sottoscritto una lettera aperta di denuncia delle condizioni del proprio settore, rivolgendosi alla regione e al governo. Si tratta di un allarme lanciato dal 90% del personale medico dei pronto soccorso, in pratica tutti tranne qualcuno che svolge ruoli dirigenziali.

“Se la situazione resta quella attuale, tutti noi siamo destinati ad abbandonare e allora tanto vale farlo insieme”, scrivono. Minacciano le dimissioni di massa di fronte all’assenza di politiche che affrontino concretamente le difficoltà di questi reparti, in particolare una vera e propria fuga di professionisti dal Sistema Sanitario Nazionale.

Nell’ultimo anno, il 60% dei contratti per medicina d’emergenza-urgenza non sono stati assegnati o sono stati abbandonati, perché poco attrattivi. Ma non è tanto una questione economica. Gerardo Anastasio, segretario toscano dell’associazione dei medici dirigenti, ha parlato della richiesta di “turni di riposo nel weekend, di poter fare le ferie e soprattutto di poter garantire dei livelli di assistenza adeguata ai loro pazienti”.

Al centro della protesta vi sono quindi le condizioni di lavoro, e come si ripercuotono sulla salute di tutti. In una nota aggiuntiva inviata martedì i dottori scrivono: “si è chiesto esplicitamente di poter lavorare meglio e non di continuare a lavorare male, ma pagati di più rischiando quotidianamente denunce per responsabilità non nostre”.

“Lavorare meglio per noi significa avere il tempo per svolgere in maniera ottimale il nostro compito di medici di emergenza”. Il personale non è sufficiente per gestire i tanti accessi, rendendo difficile una rapida diagnosi e la risposta adeguata ai casi più critici.

Una prima misura da prendere è quella di potenziare la medicina territoriale, anche per sviluppare un primo filtro rispetto a chi si rivolge ai pronto soccorso, coinvolgendo anche i medici di famiglia. Bisogna poi adeguare gli organici, ma sempre Anastasio sottolinea che i fondi sono meno di quelli messi a disposizione prima della pandemia.

Cronica è poi la mancanza di posti letto. Chi aspetta di essere trasferito nei reparti competenti aspetta su barelle posizionate nei corridoi anche per più di un giorno, in scarse condizioni igieniche e senza diritto al vitto. E i medici ne subiscono le giuste reazioni frustrate, e questo li spinge ulteriormente verso altri settori o, ancor di più, verso il privato.

Un medico toscano, dal nome di fantasia Paolo, ha rilasciato un’intervista al Fatto Quotidiano affermando che “la sanità pubblica raggiungerà un livello talmente basso da rendere automatica la definitiva privatizzazione”. Sta già avvenendo in maniera strisciante, tramite espedienti vari come, ad esempio, il fatto che l’ultima finanziaria stanzia 200 milioni per i pronto soccorso, erogabili però solo dal 2024.

A dare il colpo di grazia definitivo al Sistema Sanitario Nazionale sarà l’autonomia differenziata. L’aumento delle disuguaglianze regionali sia sul lato dei lavoratori sia sul lato dei servizi offerti spingeranno i professionisti a cercare condizioni di lavoro migliori, portando a una vera e propria desertificazione ospedaliera, soprattutto al Sud, in favore di pochi centri di eccellenza.

E, come già detto, in favore del privato. La lettera dei medici toscani si conclude così: “chi scrive è innamorato del proprio lavoro e fermamente convinto dell’importanza della sanità pubblica e spera che i riceventi lo siano altrettanto”. Le forze politiche che si sono alternate al governo hanno invece dimostrato di essere fedeli ai grandi potentati privati del settore. Anche in questo campo solo la denuncia e la lotta potranno cambiare le cose.

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