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Moldavia: crisi permanente e “dualismo di potere”

Situazione a dir poco incerta in Moldavia, per il braccio di ferro – Colonelcassad parla di “dualismo di potere” – tra il Presidente filorusso Igor Dodon e il (quasi ex) Presidente del Consiglio Pavel Filip.

A tre mesi dalle elezioni parlamentari dello scorso 24 febbraio, allorché era data quasi per certa un’alleanza tra Partito Democratico e Blocco “ACUM”, entrambi con comuni linee di euro-integrazione e pro-NATO, le posizioni parlamentari si sono pressoché capovolte e il Partito socialista, che fa capo al Presidente, dà vita a una nuova coalizione che estromette dalle leve del potere l’oligarca Vladimir Plahotniuc e il suo PD.

Il contrasto istituzionale, mai sopito sin dall’elezione di Dodon alla carica presidenziale, nel novembre 2016, “rischia” ora di appianarsi con la nuova alleanza governativa formatasi due giorni fa.

I fatti degli ultimi giorni. La Corte costituzionale, spinta dal Partito Democratico, impone al Presidente di sciogliere il Parlamento: formalmente, la ragione sarebbe stata che, a tre mesi dalle elezioni, l’accordo per la formazione del Governo sarebbe stato raggiunto con un giorno di ritardo, anche se è più realistico ritenere che lo scontro sostanziale, ancora una volta, come già era accaduto nell’autunno 2017, fosse sulla nomina del Ministro della difesa, figura chiave per i rapporti con NATO e USA e fuori del controllo presidenziale.

Sembra anzi che i precedenti tentativi per trovare un accordo di coalizione tra PS e PD fossero falliti perché i socialisti chiedevano la conservazione della neutralità del paese, la federalizzazione e la contrapposizione al “unionismo” con la Romania, l’avvio di negoziati a tre Moldavia-UE-Russia.

Comunque, Dodon rifiuta di sciogliere il Parlamento e ieri la Corte gli sospende i poteri presidenziali, affidandoli al facente funzioni di Primo ministro Pavel Filip, perché questi sciogliesse il Parlamento e indicesse elezioni anticipate; Filip esegue e fissa il voto al 6 settembre.

Questo, nonostante che sabato il Partito socialista fosse riuscito a trovare un accordo con il filo-europeista “ACUM” (composto da “Azione e solidarietà” di Maia Sandu e “Dignità e verità” di Andrei Năstase) per la formazione di un “governo anti-oligarchico, di accordo col FMI e lotta a corruzione e povertà”, lasciando in minoranza nel Parlamento il Partito Democratico del petroliere oligarca e leader del PD, Vladimir Plahotniuc.

L’accordo tra socialisti e “ACUM” sarebbe stato trovato affidando la carica di Presidente del Parlamento alla socialista Zinaida Grechany e quella di Primo ministro a Maia Sandu, a suo tempo sconfitta da Dodon alle presidenziali del 2016; quella stessa Maia Sandu, ex Ministro per l’istruzione, laureata alla Harvard Kennedy School of Government del Massachusetts, ex Consigliere alla direzione esecutiva della Banca mondiale, protégé della fondazione “Soros” e dell’ambasciata USA e leader di un movimento da sempre schierato per l’ingresso nella UE e l’adesione alla Nato.

La Tass scriveva ieri che il Parlamento, nonostante il decreto di scioglimento firmato da Pavel Filip, sta continuando la propria attività e per oggi è in programma una seduta plenaria; da parte loro, i deputati hanno anzi dichiarato illegittimo il Governo Filip e si sono rivolti all’ONU chiedendo di dichiarare illegale l’azione del PD.

Il senatore russo Aleksej Puškov ha dichiarato che “è la stessa Corte costituzionale moldava, al servizio di un partito e di un oligarca, a dimostrarsi anticostituzionale. Con la sua sentenza su commissione, questa organizzazione tascabile si è privata con ciò stesso di legittimità”.

Nota stonata: il capo del Commissariato di polizia generale, Alexander Pynzar, ha dichiarato di non riconoscere il nuovo governo Sandu, affermando che il suo dipartimento è subordinato al Ministro degli interni del governo Filip, Alexander Zhizdan, e non al nuovo Ministro Andrej Năstase.

Forte del nuovo Gabinetto a lui favorevole, il Presidente Dodon ha dichiarato che i giudici della Corte che hanno eseguito le direttive del PD potranno essere chiamati a risponderne e li ha invitati a “riconoscere che la situazione nel Paese sta cambiando. Pensate forse che Plahotniuc vi copra in eterno? Quando lui e i suoi fuggiranno dal paese, i posti sull’aereo non basteranno per tutti” e questo, ha detto, riguarda tutti quei funzionari “che non vogliono obbedire al nuovo Governo, ma continuano a eseguire gli ordini dei Democratici”.

Il Partito Democratico non ha intenzione di trasferire pacificamente il potere alla legittima maggioranza parlamentare e al governo legittimo“, ha detto ancora Dodon, e ha aggiunto che la coalizione di governo e la nuova maggioranza parlamentare sono “stati riconosciuti dai nostri partner occidentali e orientali e hanno riscosso il sostegno della stragrande maggioranza dei cittadini“.

Dodon ha detto di voler fare appello alla “comunità internazionale affinché si faccia mediatrice nel processo di trasferimento pacifico del potere“. A sostegno della nuova maggioranza parlamentare (61 deputati su 101) che ha parlato di “usurpazione del potere” dal parte di giudici e funzionari controllati dal PD, si sarebbero espresse le rappresentanze di UE, USA e Russia.

Se l’accordo tra Partito socialista e il blocco di Maia Sandu si realizzerà in pieno, osserva Colonelcassad, l’influenza di Plahotniuc su Presidente, Governo e Parlamento si ridurrà al minimo e ciò rappresenterà una scossa pari a quella verificatasi a suo tempo con il crollo del Partito comunista e del suo leader, nonché Presidente della repubblica (dal 2001 al 2009) Vladimir Voronin, dopo di che la Moldavia ha vissuto in pratica dieci anni di crisi più o meno ininterrotta.

Quanto possa durare la colazione tra socialisti quasi-filo russi e “ACUM” filo UE, a malapena retta dal comune interesse anti-Plahotniuc, piuttosto che da un conforme orientamento politico sul futuro della Moldavia, rimane tuttavia da vedere; un’alleanza come minimo traballante, in cui la manifestazione delle contraddizioni interne è solo rimandata.

E’ chiaro che Plahotniuc, di fronte al rischio di perdere tutto il proprio impero, è disposto a giocare il tutto per tutto e così il vecchio Governo Filip, deposto dal nuovo governo Sandu, non ha alcuna intenzione di mollare e ha a sua volta decretato lo scioglimento del nuovo Parlamento, insieme alla nuova coalizione governativa che si regge su di esso.

Il PD non si dà per vinto ed è ricorso a mobilitazioni di fronte agli edifici governativi; autobus pieni di manifestanti – a quanto scrive news-front.info, si tratterebbe per lo più di funzionari e dipendenti governativi – sarebbero stati visti lungo la direttrice Soroca-Kišinev, diretti verso la capitale.

La neo Primo ministro Maia Sandu ha invitato i dipendenti pubblici a “non raccogliere gli appelli illegali e antidemocratici di Plahotniuc contro il proprio popolo”.

Incerta, anche se sostanzialmente orientata a favore del Presidente e del nuovo Governo, la posizione sia del PC di Moldavia, sia dell’ex “Blocco Rosso-Casa noastră-Moldova” di Grigorij Petrenko, che ha nel frattempo cambiato denominazione in Partito della Sinistra Europea-Partidul Stînga Europeană.

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