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Il governo tiene il punto contro Bruxelles, a metà

Alla fine, e per ora, il governo “a tre” (professori, M5S, Lega) ha tenuto il punto contro i diktat della Commissione europea sulla legge di stabilità che deve essere approvata. Non era mai accaduto da quando l’Italia ha aderito (senza alcuna consultazione democratica) al Trattato di Maastricht, ma bisogna guardare oltre le apparenze.

Adesso, sul piano formale, si potrebbe palesare una procedura di infrazione per l’Italia da parte delle autorità europee, ma per rendere operativo il meccanismo occorrerà attendere dopo il voto dell’Eurogruppo sulla raccomandazione della Commissione, e quindi il “percorso di correzione” che l’Italia sarà chiamata a seguire.

Nel frattempo dovrebbero scattare verifiche periodiche da parte degli ispettori di Bruxelles sui conti pubblici italiani. Se dalle relazioni degli ispettori venisse fuori che l’Italia non segue le indicazioni Ue, scatteranno le sanzioni.

Ma cosa ha mandato a dire effettivamente il governo italiano alla Commissione europea?

“Il livello del deficit al 2,4% del Pil per il 2019 sarà considerato un limite invalicabile”. A dichiararlo è stato il ministro dell’economia, Giovanni Tria, nella lettera di risposta inviata all’Unione Europea sui rilievi avanzati da Bruxelles al documento programmatico di bilancio 2019.

L’indebitamento netto, prosegue la lettera del governo italiano alla Commissione, “sarà conseguentemente sottoposto a costante monitoraggio” e il Ministero dell’economia “è tenuto a verificare che l’attuazione delle leggi avvenga in modo da non recare pregiudizio al conseguimento degli obiettivi concordati e ad assumere tempestivamente, in caso di deviazione, le conseguenti iniziative correttive nel rispetto dei principi costituzionali”. Il governo sottolinea ancora una volta – è scritto nella lettera – che “la manovra è stata costruita sulla base del quadro macroeconomico tendenziale e non tiene conto della crescita programmata. Questa impostazione introduce nella legge di bilancio un cuscinetto di salvaguardia, che previene un deterioramento dei saldi di bilancio anche nel caso in cui gli obiettivi di crescita non siano pienamente conseguiti”.

Nella manovra si indica poi anche un piano di dismissioni e privatizzazioni come fattore centrale per il recupero delle risorse, la cifra si aggira sui 18 miliardi di euro, un po’ come ai tempi di D’Alema. Il governo ha deciso di innalzare al 1% del Pil, per il 2019, l’obiettivo di privatizzazione del patrimonio pubblico, e tenuto conto di tali introiti e del loro impatto anche in termini di minori emissioni del debito, e quindi di maggiori interessi, la discesa del rapporto debito Pil sarebbe ancora più marcata, e pari a 0,3 punti quest’anno, 1,7 nel 2019, 1,9 nel 2020 e 1,4 nel 2021. Il rapporto scenderebbe dal 131,2 per cento del 2017 al 126 del 2018″.

Insomma guardando bene dentro la manovra non c’è niente che sembri scostarsi troppo dai parametri imposti dalla gabbia dell’Unione Europea ai paesi membri , anche per la filosofia che la ispira.

Da Bruxelles la prima reazione è stata quella del “kommissar “Andrus Ansip secondo cui “Quando si è nella famiglia dell’eurozona, bisogna rispettare regole che noi stessi ci siamo dati”, ha detto rispondendo a una domanda sulla lettera di risposta del governo italiano. Si segnala anche la replica del ministro delle Finanze olandese Wopke Hoekstra, il quale giudica “Poco sorprendente ma molto deludente che l’Italia non abbia rivisto il suo piano di bilancio. Le finanze pubbliche italiane sono sbilanciate e i piani del governo non porteranno ad una robusta crescita economica. Questo budget è una violazione del Patto di stabilità e crescita. Sono profondamente preoccupato. Ora sta alla Commissione europea fare i passi successivi”.

Giudizi ancora più pesanti erano venuti ieri dal Fmi, soprattutto sulla eventuale revisione della Legge Fornero sulle pensioni. Ma non solo. Secondo il Fmi c’è il rischio di recessione che potrebbe derivare da livelli di debito troppo alti (ma occorrerebbe rammentare che all’inizio della “cura” nel 1992 il debito era al 103% e adesso è salito al 133%, ndr). Nel documento, il Fmi stima che il debito pubblico italiano “resterà intorno al 130% nei prossimi 3 anni” e avverte che qualsiasi shock anche modesto “aumenterebbe il debito aumentando il rischio che l’Italia sia costretta ad un consolidamento di bilancio maggiore quando l’economia si indebolisce. Questo potrebbe trasformare un rallentamento in una recessione”.

La Borsa di Milano oggi ha reagito in negativo alla dichiarazione con cui il governo italiano ha risposto picche a Bruxelles, proseguendo in netto ribasso, con un meno 1,9 per cento dell’indice Ftse-Mib. Reazioni negative anche sui titoli di Stato, con lo spread che è arrivato a 316 punti base sui rendimenti dei Btp a 10 anni al 3,54 per cento, rispetto ai tassi dei Bund della Germania.

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