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Governare con i droni. Un format per il futuro

Da un lato la “scoperta” economica che “siamo troppi” e non tutti possono lavorare sempre; dall’altra un modo di affrontare “ambienti ostili” senza preoccuparsi troppo di far danni e poi dover “scendere” a terra per governare le persone.
Un esempio minore lo abbiamo con l’uso dei call center, che interrompono strategicamente la comunicazione e il feedback tra azienda e clienti, interponendo un “terzo” soggetto che nulla sa né deve sapere delle strategie aziendali cui sta offrendo un servizio. La filosofia è chiara e lineare: da voi vogliamo il pagamento, non intendiamo farci carico dei reclami.
A livello più generale, la filosofia “sociale” del capitalismo al tempo della crisi finanziaria (e quindi anche del debito pubblico) è che tutto ciò che non riguarda la “creazione di nuovo valore” (comunque inteso, sia tramite la produzione di merci che per mezzo della speculazione finanziaria) è un “costo” da eliminare. Il ministro delle finanze giapponese, il “liberale” conservatore Taro Aso, che affrontando il nodo della spesa sanitaria se esce bel bello con questa frase (“Perché dovrei pagare per persone che si limitano a mangiare e a bere e che non fanno alcuno sforzo?”; “Mi sveglierei sempre peggio sapendo che tutte le cure in corso sono a carico del governo. […] Il problema non si risolverà fino a quando non lascerete che si sbrighino a morire”) ha solo incautamente espresso pubblicamente quel che si dicono nella stanze di Davos o Jackson Hole.
Un primo timido esperimento italiano si è potuto apprezzare con la creazione dell’esercito degli “esodati”, incerti persino nel numero oltre che nella definizione formale. Senza stipendio, senza pensione, senza prospettive di nuovo lavoro… che sorte ti può attendere?
Troppo crudele immaginarlo? Beh, c’è il precedente del passaggio della Russia dal “socialismo reale” al capitalismo trionfale. Nonostante il livello dei consumi non eccelso esistente nel regime precedente, il saldo della popolazione è stato passivo: 8 milioni di abitanti in meno in poco più di dieci anni. Senza lager e purghe, è bastato chiudere un po’ di ospedali, tagliare un po’ di medicine, ridurre il flusso di energia per i riscaldamenti domestici…
Un “programma di governo tecnico” così brutale pone dei problemi molto seri di gestione. Ma nulla che non si possa “risolvere tecnicamente”. I droni sono in questo senso un vero e proprio investimento sugli strumenti di governo futuri. Afghanistan, Gaza, Cisgiordania, Africa, sono i laboratori dove  sperimentare le prime e ancora acerbe generazioni di “poliziotto volante”. Un poliziotto un po’ particolare, perché “liberato” dall’obbligo della cattura dei “nemici”, “rivoltosi”, ribelli”, ecc, tutti più comodamente raccolti nella categoria dei “terroristi” (i quali esistono naturalmente, ma sono molti meno di quel che la definizione made in Usa o Israele o Ue comprende). Un killer privo di coscienza, sensibilità, strutture di pensiero profonde, scale valoriali. Disumano come ogni “tecnica” applicabile agli umani considerati come insetti. L’esempio dei lager è stato un caso di “tecnica” di questo tipo, anche se ancora molto “primitiva”. Ma, come direbbero a Washington, “si può sempre fare di meglio”…

Per capire le tendenze, e i problemi “morali” che si pongono, riportiamo qui due articoli apparsi su La Stampa oggi. Ma vi consigliamo di tenere presente la “chiave di lettura” che vi abbiamo fornito nelle righe che precedono. Buona lettura!!

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Onu contro gli Stati Uniti: “Quei droni uccidono i civili”

Maurizio Molinari

corrispondente da new york

Le Nazioni Unite iniziano un’inchiesta sull’uso dei droni da parte dell’Amministrazione Obama e al tempo stesso si dividono sulla scelta di adoperarli per sostenere la missione dei Caschi Blu nella Repubblica democratica del Congo. 

Le contrapposte vicende aiutano a comprendere quanto l’intensificazione dell’utilizzo degli aerei senza pilota stia condizionando l’agenda del Palazzo di Vetro. L’indagine è guidata da Ben Emmerson, titolare delle inchieste Onu sui diritti umani, che assieme a Christof Heyns, «special rapporteur» sulle esecuzioni extragiudiziali, si avvia a esaminare gli attacchi dei droni della Cia e del Pentagono in Pakistan, Yemen e Somalia. La task force, che opererà dalla sede Onu a Ginevra, estenderà l’inchiesta agli attacchi con i droni lanciati dalle truppe britanniche in Afghanistan e da quelle israeliane a Gaza: in tutto si tratta di 25 episodi, selezionati in base al sospetto che abbiano causato vittime civili violando le leggi internazionali.  
 
Poiché i droni sono l’arma centrale nella strategia Usa contro il terrorismo, la Casa Bianca si prepara al duello: un team legale sta confezionando il manuale sulle «regole dei droni» in base alle quali vengono lanciati gli attacchi. Il presidente Obama avrebbe identificato due criteri-cardine per autorizzare i droni a colpire i terroristi della «Kill List» dell’intelligence: la «certezza dell’identità dell’obiettivo da eliminare» e l’«immediato pericolo che pone per la sicurezza degli Usa». John Kerry, segretario di Stato in pectore, davanti al Senato mette comunque le mani avanti: «I droni non fanno una politica estera». 

Il braccio di ferro giuridico che si annuncia fra il Consiglio Onu sui Diritti Umani e l’Amministrazione Obama si sovrappone alla crisi dei droni in atto al Consiglio di Sicurezza sull’ipotesi di inviarli a sostegno della missione Monusco in Congo. Sebbene in questo caso si tratti di droni disarmati, le fibrillazioni non sono da meno. Tutto è iniziato quando il Dipartimento del «Peacekeeping» dell’Onu ha chiesto al Consiglio di Sicurezza di dotarsi di un numero limitato di droni – da 3 a 5 – per rendere più efficiente la sorveglianza sulla ricca regione mineraria del Nord Kivu infestata dai guerriglieri del M23. I 17.500 Caschi Blu vogliono giovarsi dell’intelligence dei droni per braccare i guerriglieri aumentando la protezione dei civili. Il Dipartimento di Stato Usa è favorevole, sostenuto da gran parte degli europei, ma i Paesi africani hanno sollevato vivaci obiezioni.  

Il Congo ha espresso il timore di «intrusioni colonialiste», il Ruanda e l’Uganda – sospettate di avere inviato truppe nel Kivu – hanno aggiunto dubbi sulla gestione delle informazioni raccolte dai droni, in quanto solo pochi Paesi sono in grado di raccoglierle. Poiché il Ruanda siede in Consiglio di Sicurezza la vicenda ha paralizzato i lavori fino al passo indietro, compiuto lunedì dal presidente Paul Kagame che da Kigali ha detto: «Fateli usare». Uno dei compromessi di cui si discute al Palazzo di Vetro riguarda l’eventualità che i droni disarmati dei Caschi Blu vengano affittati non da singoli Stati ma da società private, al fine di rassicurare le capitali africane, inclusa Pretoria. Se l’accordo verrà trovato si tratterà della prima missione Onu dotata di veicoli senza pilota e ciò potrebbe portare a ripetere in tempi stretti l’esperimento anche su altri scenari: dal Darfur sudanese alla Somalia. Ma proprio tale prospettiva aumenta le resistenze africane.

Velivoli troppo intelligenti. E spietati
Francesco Grignetti

La fantascienza é gié tra noi. I droni, ad esempio, le macchine da guerra che operano senza bisogno di uomo a bordo: la tecnologia negli Stati Uniti é talmente avanti che Pindustria potrebbe presto sfornare una nuova generazione di droni guidati non da esseri umani, ma da intelligenza artificiale. Prospettive da far rabbrividire.

I nuovi droni, in linea teorica, potrebbero muoversi in completa autonomia e decidere da soli chi colpire e uccidere. Ma questa sola ipotesi contrasta con la prima legge della robotica di Isaac Asimov, ben nota a tutti gli appassionati di fantascienza. E cioé, come ha teorizzato il grande scrittore di fantascienza, che mai una macchina dovrà uccidere un essere umano. A ribadire quel principio ci ha pensato il Pentagono, due mesi fa: «I comandanti e gli operatori devono esercitare appropriati livelli di giudizio umano sul1’uso della forza».
Forza Asimov, dunque. La circolare del Pentagono ha meritato un articolo sulla fivista «Jane’s Defence Weekly» nel numero dello scorso novembre. E in Italia se ne occupa l’ufficialissimo volume «Panorama 2013» edito dall’Institute for Global Studies in collaborazione con lo Stato maggiore della Difesa.
Anche le nostre forze armate s’interrogano sulle ricadute pratiche, politiche ed etiche che i droni si portano dietro. Si legge sul volume della Difesa, in un articolo a firma di Claudio Catalano: «Già si sperimentano sistemi capaci di attività autonome come la navigazione, il “sense and avoid” (controlla ed evita, ndr), il decollo e l’atterraggio. Sistemi in grado di svolgere la propria missione autonomamente, sia essa di ricognizione o d’attacco. In quest’ultimo caso i droni con intelligenza artiflciale dovrebbero nel futuro poter scegliere i bersagli autonomamente da una lista di obiettivi».
Un sogno (incubo?) fantascientifico, le macchine da guerra che sostituiscono l’uomo e combattono al suo posto. Non che Ia prospettiva dispiaccia del tutto ai teorici della nostra Difesa. Si prendano ad esempio gli aerei senza. pilota. «Non avere apparati legati alla presenza umana (seggiolino eiettabile, sistema di ossigeno etc.) permette in fase di progettazione un risparmio di peso e di spazio. La rimozione dei limiti fisiologici all’accelerazione di gravità permette potenzialmente prestazioni estreme».
La guerra al tempo dei droni, però, fa orrore ai pacifisti quanto se non più della guerra tradizionale. Ma che dire della prospettiva di lasciar decidere alle macchine stesse? «In ogni caso – conclude Catalano, tranquillizzante ma non troppo – molta strada deve essere fatta, prima che si deleghino i problemi morali sulla scelta degli obiettivi alle macchine e che queste sostituiscano gli uomini come decisori sul campo di battaglia».

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1 Commento


  • luciano

    E pensare che ci sono ancora adepti della “sinistra plurale,”convinti ancora di modificare in senso “più democratico”il nuovo blocco oligarchico raccolto attorno al partito di Bersani e Monti!Le élites multinazionali chiamate a raccolta periodicamente in luoghi da cui non trapela quasi nulla,hanno segnatamente indicato proprio quello che lucidamente ha scritto Barontini:sfruttare la crisi di accumulazione del capitale per chiudere definitivamente la partita(a loro favore)con le classi subalterne,attraverso il tentativo,finora riuscito,di privarle anche della possibilità di accesso a quelle risorse vitali che rendono possibile la sopravvivenza nelle società dominate dal capitale.O si ha piena coscienza della brutalità geneticamente insita nel modo di produzione capitalistico e lo si contrasta opponendo una resistenza efficace(altro che voto utile!),o lo stesso ci stritolerà con le armi da sempre usate rinverdite però,questa volta,da un affondo che non riguarda più solo la contraddizione capitale/lavoro,ma l’immediata sussistenza di milioni di esseri umani a cui si tenta di togliere il diritto all’esistenza!Insomma il vero volto della borghesia multinazionale,identico al nazismo nelle forme e nei caratteri,armamentario politico/ideologico a cui da sempre si ispirano le classi dominanti!

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