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L’ordine di Fitch: “votate sì al referendum, sennò…”

Il pericolante Renzi continua a ripetere, insieme a cento altre menzogne, che il suo “non è il governo delle banche”. Non serve neanche risollevare il coperchio – ben nascosto, ormai, dai media mainstream – sul caso Banca Etruria. La verità di questa relazione dominante tra grandi banche d’affari e progetto “riformista” dato in subappalto a Matteo Renzi esce fuori ogni giorno sui media internazionali (che obbediscono a padroni diversi, quindi ogni tanto – se non altro per motivi di concorrenza – qualche notizia vera la devono pur dare).

Soprattutto, le grandi banche e le agenzie di rating hanno da tempo dismesso ogni parvenza di rispetto per la democrazia parlaentare e la sovranità di qualsiasi Stato. E dicono apertamente quel che, secondo i loro interessi, ogni Stato dovrebbe fare.

L’articolo qui sotto, ripreso da La Stampa (l’organo di casa Fiat, ormai prossimo a diventare inserto piemontese di Repubblica), non lascia spazio a illusioni: l’agenzia statunitense di rating Fitch, la terza in ordine di importanza al mondo (dopo Standard & Poor’s e Moody’s) si è preoccupata di diramare una nota dettagliata sul fatto che i Italia dovranno obbligatoriamente prevalere i “sì” al referendum sulla riforma contro-costituzionale firmata da Renzi e Boschi.

Le agenzie di ranting hanno un potere non militare, ma devastante: un downgrade (un abbassamento del voto) per i titoli di debito pubblico di qualsiasi paese equivale a una condanna a morte per le finanze pubbliche di quel paese (Grecia, Sagna Portogallo e Italia lo hanno già sperimentato più volte). Quindi pubblicare una presa di posizione sul referendum italiano, sia pure in forma di “analisi oggettiva” della situazione, significa condizionare pesantemente intanto il cerchio degli addetti ai lavori; perché questi ultimi si attivino pesantemente trasfromandosi tutti in apostoli del “sì”.

Non è complicato. Molti di questi addetti ai lavori (analisti di borsa, opinionisti un tanto al chilo, serissimi professori di economia neoliberista, ecc) sono quotidianamente ospiti di tg, talking show, interventi in qualità di “esperti” (come se un esperto fosse perciò stesso un commentatore neutrale). Basta aumentare un po’ la loro presenza, farli parlare in modo più chiaro, ingigantire i rischi e i pericoli (come sta avvenendo da mesi per la campagna elettorale sulla Brexit inglese), e il gioco – sperano – è fatto.

Quello sulla riforma contro-costituzionale di Renzi, in questo modo, viene trasformato in un referendum sulla dominanza o meno dei mercati finanziari rispetto alle Cosituzioni antifasciste nate con la fine della Seconda Guerra Mondiale. Un equivalente – meno drammatizzato, per ora – del referendum greco contro il Memorandum della Troika (bocciato dal popolo, ma adottato dal secondo governo Tsipras), oltre che – più miserabilmente – un plebiscito sulla permanenza o meno di Renzi a Palazzo Chigi.

Ma, per l’appunto, non veniteci più a parlare – voi – di democrazia e diritti di libertà. Il comunicato di Fitch conferma infatti che i voti che contano debbono essere calcolati in dollari (o euro) a disposizione dei vari soggetti (banche, assicurazioni, fondi di investimento, sgr, ecc) attivi sui mercati finanziari. I più forti tra loro decidono cosa si deve fare in ogni paese – dal palazzo del governo all’ultimo comune di alta montagna – e l’unca libertà che va difesa è quella di movimento dei capitali. Il resto è aria fritta per commentatori prezzolati.

Come faceva quella canzone? Ah, sì:

Il mio nemico non ha divisa

ama le armi ma non le usa

nella fondina tiene le varte Visa

e quando uccide non chiede scusa…

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L’avviso di Fitch sul referendum: “Fondamentale per capire se le riforme continuano”

Dopo JP Morgan, Confindustria e il Fondo Monetario Internazionale si schiera per il sì in ottobre anche la nota agenzia di rating Usa

Roberto Giovannini

Grandi istituzioni economiche che rappresentano gli interessi del mondo dell’industria e della finanza vogliono assolutamente che la riforma costituzionale venga approvata dagli elettori nel referendum del prossimo ottobre. Dopo JP Morgan, dopo Confindustria, dopo il Fondo Monetario Internazionale, adesso anche l’agenzia di rating Fitch lancia quello che pare quasi un appello: «l’esito del referendum di ottobre 2016 sarà fondamentale per determinare se la spinta alle riforme continua o va in stallo», si legge in una nota di Fitch sull’Italia. 

In Italia, si legge nel documento «sono state approvate riforme del lavoro, del sistema elettorale, sui fallimenti aziendali e sull’istruzione, ma è ancora troppo presto per dire se queste riforme alzeranno significativamente il Pil nel lungo termine». Ma anche se l’impatto sulla crescita economica (per non parlare sui salari e sull’occupazione) non è affatto certo, per gli analisti dell’agenzia «l’esito del referendum di ottobre 2016 sarà fondamentale per determinare se la spinta alle riforme continua o va in stallo». Sì, perché un successo del referendum «promette sia una legislazione più facile che un governo più stabile, assieme alla riforma elettorale». Se invece la riforma costituzione fosse bocciata, «il rischio politico aumenterebbe significativamente e alcuni degli sforzi fatti per spingere la produttività e la crescita di lungo termine potrebbero indietreggiare». 

Un messaggio che non potrebbe essere più chiaro. Del resto, come accennato tutte le principali organizzazioni economiche e finanziarie vogliono che gli italiani votino sì. Prima tra tutti, già nel lontano 2013, la banca d’affari Jp Morgan, che in un documento interno scrisse che le costituzioni dei paesi del Sud Europa andavano cambiate, perché «mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo». E per colpa delle idee socialiste, secondo Jp Morgan, «i sistemi politici e costituzionali del Sud» hanno «Esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle Regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo».  

Sono punti di vista sostanzialmente condivisi dalla Confindustria del neopresidente Vincenzo Boccia, che nel suo discorso inaugurale si è nettamente schierato per il sì al referendum sulla riforma della Costituzione, e dal Fondo Monetario Internazionale. Nel documento finale al termine della consueta visita in Italia, i rappresentanti del Fondo hanno scritto che il referendum «punta a facilitare il processo decisionale ed il trasferimento di competenze dalle regioni al livello centrale». La punta di diamante di un «elenco impressionante di riforme approvate», ma che però vanno continuati, perché per il Fmi «è indispensabile che tali sforzi siano ampliati e completati».

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1 Commento


  • Eugenio Bongiorno

    Sono dei delinquenti, parlano come dei delinquenti, progettano azioni e politiche delinquenziali tutte volte a favore e tutelare e a garantire rendite parassitarie a scapito della popolazione incapace di rendersi realmente conto di quello che aleggia sulla loro testa, poiché costantemente alle prese con una vita declassata ed indotta a mera sopravvivenza.
    Servirebbe un’altra Norimberga.ponendo un punto fermo nella storia.da cui ripartire.

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