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La disfatta dei nuclearisti

Scacco matto. Una mossa così la lobby del nucleare non se l’aspettava. Anzi, fino a venerdì erano pronti a scommettere sulla tenuta degli impianti di Fukushima in Giappone e a sbandierare il terremoto devastante come «la prova del nove» sulla sicurezza dell’energia atomica. Ieri le immagini dell’esplosione di uno dei cinque reattori hanno cambiato la partita.
L’armata nuclearista che da qualche mese sta gestendo la partita antireferendaria – con uno spot sanzionato dall’antitrust – si trova ora di fronte ad una sorta di «sindrome giapponese». Il riferimento dal forte valore simbolico va all’incidente di Three Mile Island del 1979. Solo 12 giorni prima negli Usa uscì un film storico, “The China Syndrome”, che raccontava un drammatico incidente in una centrale nucleare. Raccontava anche la serie interminabile di bugie e di coperture che circondavano – e circondano ancora oggi – la gestione dell’energia atomica, identica a quella che meno di due settimane dopo sarebbe finita sui giornali. Quella combinazione fu talmente forte da bloccare il programma del nucleare civile Usa.
Mancano tre mesi al referendum italiano sul nuovo programma nucleare del governo. Il fronte del no – rappresentato dal Forum nucleare guidato da Chicco Testa – ha inaugurato con largo anticipo la campagna elettorale, prendendo come simbolo una partita a scacchi. Non si tratta, però, di una battaglia solo intellettuale, come la vorrebbero disegnare i nuclearisti. Il rilancio del programma atomico civile italiano racchiude una delle più potenti lobby industriali mai scese in campo: dalla Alstom, all’Ansaldo, dalla Areva all’Enel, dalla Suez alla Techint, dalla Confindustria a Cisl e Uil. Società e corpi sociali che rappresentano l’economia speculativa che punta oggi ai beni comuni, all’insieme di servizi essenziali per la vita – e quindi con profitto garantito – a partire dall’acqua e dall’energia.
Ieri la risposta del fronte del nucleare non si è fatta attendere. Paradossalmente Chicco Testa su facebook commentava: «Le centrali nucleari guarda caso hanno resistito e il governo dice che non ce nessuna fuga». Due affermazioni che venivano smentite qualche minuto dopo dalle agenzie di tutto il mondo. È evidente che il sistema di sicurezza di Fukushima non ha resistito, visto che le emissioni di radiazioni si è certamente verificata, come le stesse autorità giapponesi hanno ammesso. Una bugia che però ha subito trovato diversi alleati: ieri l’informazione in Italia era basata sulle notizie rassicuranti che provenivano dalle autorità del Giappone, preoccupate di non creare ulteriore panico. L’incidente era descritto in sostanza come controllato, senza alcun rischio di fusione. Ben altri toni circolavano – ad esempio – in Francia, dove Liberation riportava sulla prima pagina del sito il titolo Una situazione incontrollabile. E i dati nudi e crudi parlavano da soli: 11 reattori entrati in emergenza, 5 con problemi gravi di raffreddamento e 50 mila persone evacuate. Uno scenario da brivido.
Nonostante il sisma in Giappone abbia chiaramente mostrato la fragilità delle centrali nucleari – la tecnologia di Fukushima è quella oggi più diffusa – non sarà semplice vincere la battaglia del referendum. Rispetto al 1979, quando l’incidente di Three Mile Island bloccò i progetti Usa, e agli anni ’80, quando il primo referendum – rafforzato dall’incidente di Chernobyl – chiuse il programma nucleare italiano, oggi la lobby atomica è molto forte e strutturata. E, soprattutto, trasversale. Accanto a Chicco Testa – ex Legambiente, ex Pci – ci sono anche altri pezzi del governo del centrosinistra a difendere la scelta nucleare. Il segretario del Forum nucleare italiano è Federico Colosi, che proviene dalle giunte romane di Rutelli e Veltroni, cresciuto all’interno dell’agenzia per i servizi pubblici della capitale, con un passaggio nel 2007 nella presidenza dei Consiglio dei ministri.
Nella stessa lobby si trovano poi personaggi curiosi, la cui storia potrebbe raccontare molto sugli stretti rapporti tra Italia e Russia nell’era Berlusconi-Putin. Si tratta dell’italofrancese Emmanuel Gout, lobbista che si divide tra Mosca e Roma, con un passato in Fininvest e in Tele+. Oggi è ai vertici di Stratinvest, società che appare tra i soci fondatori del Forum nucleare italiano, che propone come propria filosofia «la virtù del silenzio come supporto alla comunicazione». Dietro la facciata di società di consulenza si nasconde un network di clienti di peso, come la Gazprom, l’Alenia Aereonautica, l’Ansaldo energia e la chiesa ortodossa russa.
Visto lo schieramento in campo sicuramente le contromisure sul campo della comunicazione del fronte antireferendario non mancheranno. L’importante per il variegato schieramento del nucleare italiano – con ramificazioni solide in Russia, Usa e Francia – sarà di rassicurare, garantire che in Giappone non è accaduto nulla.

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