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Grecia. Un No più grande per la rottura e l’alternativa

Nonostante il terrorismo politico, mediatico ed economico scatenato dai mercati, dagli ambienti politici e dalla stampa europei, ieri il popolo greco ha dato prova di straordinaria tenacia e dignità, votando un ‘No’ che si è affermato in maniera univoca e che quindi vale doppio.
Per la prima volta in maniera compiuta tutti gli apparati ideologici e politici dell’Unione Europea hanno partecipato ad una campagna elettorale allarmistica che ha bombardato i greci e i cittadini dei paesi del Mediterraneo con una propaganda volta a generare paura. Eppure i greci, sfidando l’ignoto e respingendo il ricatto, hanno detto ‘Oxi’. 
Un ‘Oxi’ che, è oggi difficile nasconderlo, è un No che va assai al di là del respingimento di una semplice lista di provvedimenti economici e fiscali infami che di fatto è stata già superata dagli eventi. E’ stato lo stesso terrorismo mediatico e politico dell’establishment continentale ad accusare i greci di voler dire no non solo all’austerità, ma all’impianto complessivo dell’Unione Europea. Questo diventa un problema anche per il primo ministro ellenico Alexis Tsipras il quale, intervenendo davanti ad una enorme folla a piazza Syntagma, ha ribadito un europeismo che fa a cazzotti con la realtà e che si è rivelato illusorio dopo sei mesi di diktat, ricatti, cattiverie gratuite. Anche il governo greco dovrebbe ora prendere finalmente atto della volontà espressa dal suo popolo e preparare il paese ad una rottura con la Troika e non ad un ritorno al tavolo delle trattative. Queste non potranno che ottenere – sempre che l’Ue e il Fmi lo permettano e non decidano di “punire” Atene con provvedimenti drastici – qualche mitigazione di facciata della nuova ondata di austerità contenuta nella ‘proposta’ dei cosiddetti creditori.
E’ proprio il ricatto dell’establishment europeo – se votate ‘No’ vi mettete fuori dall’Eurozona e dall’Unione Europea – a fare del risultato greco un inequivocabile rifiuto di ciò che l’Europa costruita negli ultimi decenni dalle borghesie continentali è nella realtà: una costruzione mostruosa, autoritaria, micidiale per i popoli intrappolati dentro i suoi confini e per quelli che ne subiscono la voracità nei territori di conquista di Bruxelles e Berlino. L’Oxi greco rappresenta un ‘No’ rotondo non solo all’austerità e al colonialismo franco-tedesco, ma all’Unione Europea in quanto tale e all’Eurozona, che lungi dall’essere una moneta comune è invece uno strumento di dominazione e rapina a vantaggio delle classi dirigenti dell’imperialismo europeo. 
Non si tratta di un problema di leadership, cambiando la quale sarà possibile migliorare la natura dell’architettuta politica ed economica continentale che risponde semplicemente alle necessità di chi l’ha edificata. Basta ascoltare le dichiarazioni di Sigmar Gabriel, vicecancelliere tedesco e presidente del Partito Socialdemocratico Tedesco – «Tsipras ha distrutto l’ultimo ponte verso un compromesso tra Europa e Grecia» – per rendersene conto.
L’Europa democratica e civile di cui continuano a parlare Alexis Tsipras e le sinistre radicali europeiste non esiste, l’Europa reale – cioè l’Unione Europea – è una fortezza impenetrabile e irriformabile contro il quale il popolo greco ieri ha scagliato un colpo che potrebbe avere effetti micidiali se opportunamente raccolto, amplificato ed esteso ad Atene ma anche a Roma, a Barcellona, a Madrid, a Lisbona, a Nicosia.
Dalle prime analisi dei flussi elettorali emerge che quello greco è stato un ‘No’ di classe, con un pronunciamento ancora più massiccio della media da parte dei settori popolari, e un rifiuto dello status quo da parte delle nuove generazioni, alle quali la Troika sta rubando il futuro condannandole all’emigrazione o ad una esistenza precaria.
Un risultato frutto dell’arroganza e del carattere reazionario dell’establishment dell’Unione Europea ma anche una reazione al servilismo del capitalismo ellenico e delle elite di Atene che in questi anni si sono ulteriormente arricchite nonostante l’impoverimento della popolazione, spalleggiate dai ‘creditori’ che vogliono imporre nuovi sacrifici ai lavoratori, ai pensionati, ai giovani ma non agli armatori.
Come ha affermato giustamente il premier ellenico “la democrazia non si è fatta ricattare”, ed ha detto per l’ennesima volta ‘No’. Una sfida all’Ue e all’Eurozona ancora più forte e massiccia rispetto alle elezioni del 25 gennaio scorso, e ancora più netta ed inequivocabile. Una sfida che richiede ora un salto di qualità da parte dell’esecutivo ellenico, ma anche da parte delle forze della sinistra radicale e delle organizzazioni sindacali e popolari greche che hanno ricevuto la legittimità e il consenso necessari a preparare il paese ad un conflitto che richiederà determinazione e scelte drastiche per evitare che la mobilitazione dell’elettorato venga dispersa e tradita.
Non esistono soluzioni rapide né semplici né indolori alla crisi che sta investendo i paesi e i popoli scossi dal processo di gerarchizzazione e integrazione guidato dalle maggiori potenze europee. Il popolo greco dovrà patire ancora, è bene che i leader politici di Atene lo ricordino esplicitamente al loro popolo. L’alternativa è tra patire per qualche anno con l’obiettivo di rompere una gabbia – l’Unione Europea e l’Eurozona – all’interno della quale non esiste soluzione per i problemi di milioni di lavoratori, disoccupati, anziani e giovani, oppure soffrire per continuare ad ingrassare all’infinito le banche e i capitalisti. L’alternativa davanti alla quale si trova di fronte il popolo greco è tra stringersi la corda al collo accettando nuovi prestiti in cambio di privatizzazioni, licenziamenti e massacro sociale oppure trasformare il ‘No’ in un ‘Si’. Un ‘si’ alla costruzione di un’alleanza di paesi e di popoli del Mediterraneo basata sulla solidarietà, sulla complementarietà, sullo scambio, su rapporti paritari e su relazioni internazionali non di rapina ma di collaborazione. Quella di ieri è stata una vittoria grande, una vittoria di tutti i popoli del Mediterraneo. Ma la vera lotta comincia oggi. Gli apparati dell’Unione Europea stanno già reagendo all’espressione della sovranità popolare incrementando la violenza dei propri interventi. Ed è bene che Atene non mostri l’altra guancia ma risponda per le rime.

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