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“Non lasciare il mondo in mano agli imperialismi”. Sabato un forum a Bologna

Sei mesi fa a Roma, ci siamo confrontati sull’anniversario del grande massacro della Prima Guerra Mondiale con un incontro nazionale che avviò la campagna: “A 100 anni dopo il massacro della grande guerra, gli apprendisti stregoni dell’imperialismo ci trascinano di nuovo verso la guerra”.  Sabato prossimo, 7 marzo la Rete dei Comunisti promuove a Bologna un nuovo forum nazionale di analisi e confronto ma sulle caratteristiche degli imperialismi nel XXI Secolo.  Una declinazione al plurale che già indica una situazione diversa da quella conosciuta e che fa i conti con l’accresciuta competizione globale tra i vari poli imperialisti. Una competizione economica e strategica certo, ma che comincia ad avere serie ripercussioni sul versante della tendenza alla guerra. Il forum di Bologna cercherà di attualizzare l’analisi della natura e della competizione interimperialista in una fase diversa da quella dei primi anni di questo secolo che fu al centro della discussione nel forum su “Il piano inclinato del capitale” del 2003. Da allora c’è stata la manifestazione acuta della crisi sistemica del capitalismo del 2008, dentro cui siamo ancora immersi, la costituzione del polo imperialista europeo e l’affermazione di potenze emergenti (i Brics) che allora erano solo una tendenza. Insomma cambiamenti decisivi nei rapporti di forza internazionali, che acutizzano gli elementi di competizione rispetto a quelli della concertazione su cui gli imperialismi principali hanno egemonizzato il XX Secolo. Uno scenario che va compreso fino in fondo, soprattutto per le conseguenze che ne derivano.

Nel breve arco temporale che ci distanzia dal forum tenutosi a Roma a settembre sulla Prima Guerra Mondiale e dalla campagna di incontri locali che ne è scaturita, tutti i fronti dell’attuale conflitto interimperialista ad esempio si sono mantenuti ben accesi, portando di nuovo il mondo sul baratro di deflagrazioni estremamente pericolose. Dall’Ucraina alla Libia, il “cerchio di fuoco” che circonda il polo imperialista europeo prefigura il potenziale terreno di scontro sul quale si potrebbero tenere le prossime battaglie: l’Europa, di nuovo.

I fatti di Parigi, con l’azione di guerra contro la redazione di Charlie Hebdo, seguiti dall’attacco di Copenaghen, evidenziano, se ce ne fosse bisogno, l’inutile muro alle frontiere della fortezza europea per contenere il flusso di disperati in fuga dalle aggressioni imperialiste. L’odio contro il circuito infernale di aggressioni, “guerra di civiltà” e veri e propri genocidi che dal 1991 disgrega interi paesi (Iraq, Afghanistan, Palestina, Libano, Libia, Siria) attraversa le banlieue delle metropoli occidentali, trovando sfogo – in assenza di un’ipotesi di liberazione progressista e internazionalista – nel fondamentalismo islamico, affiancando alla guerra economica prodotta dalle politiche della troika europea, episodi di guerra guerreggiata nel cuore della “vecchia” Europa. Dopo il “tramonto” di Al Quaeda, il soggetto politico che coagula migliaia di giovani nella guerra santa per la costruzione del cosiddetto “califfato” è l’ISIS, creatura dei servizi segreti  occidentali e NATO, che trova sostegno e coperture in Turchia ed Israele, armi e finanziamenti dai paesi del Golfo.

Sul fronte orientale alle “rivoluzioni arancioni” si sono intercalate vere e proprie operazioni di guerra, che hanno messo a dura prova gli equilibri interni alla NATO, come nel caso del conflitto in Georgia del 2008, quando la Germania si oppose alla richiesta georgiana di applicazione dell’art. 5, coniato dopo l’armistizio di Dayton nel 1995, che decretò la disgregazione definitiva della Jugoslavia, dopo 5 anni di guerra fomentata dai soliti registi del terrore: Alleanza atlantica, Germania, Vaticano. Oggi sul fronte ucraino si ripetono, in forme diverse e con rapporti di forza mutati, contraddizioni sempre più stridenti tra gli alleati/competitori USA e UE, e all’interno dello stesso polo imperialista europeo, con Germania e Francia che prendono l’iniziativa diplomatica incontrando direttamente Putin, bypassando così l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza, ruolo ricoperto dall’ex “pacifista” Federica Mogherini, a ulteriore dimostrazione della gerarchia di comando nel processo di costruzione del polo imperialista nel vecchio continente.

Corti circuiti apparentemente indistricabili, contraddizioni difficilmente governabili, che inverano la definizione di “apprendisti stregoni” per l’attuale classe dominante imperialista. Contraddizioni che producono continui “stop and go” sui vari fronti, interni ed esterni: Mentre i motori dei bombardieri e delle portaerei, accesi per partire verso le coste libiche si spengono nel giro di 48 ore, smentendo clamorosamente le bellicose dichiarazioni del Gentiloni di turno, campagne mediatiche ossessive tentano di trasformare episodi di guerra nel cuore delle metropoli europee nel proprio 11 settembre, al fine di massimizzarne l’impatto su opinioni pubbliche già profondamente scosse dalle conseguenze sociali della crisi sistemica del capitalismo.

Alla luce degli avvenimenti sommariamente descritti, le tesi emerse dal Convegno “Il piano inclinato del Capitale” che la Rete dei Comunisti promosse nel 2003, in cui cercammo di individuare le basi teoriche di questo processo, ci sembra stiano confermando la validità della categoria di “imperialismo fase suprema del capitalismo” come chiave di lettura per l’oggi.

Recuperare e attualizzare la lezione leninista riteniamo sia quindi un compito imprescindibile, non solo per affermare la validità di una battaglia politica e teorica che ingaggiammo all’epoca con una sinistra “radicale” e “antagonista” distratta dalle teorie negriane sull’Impero e su di una supposta “globalizzazione compiuta”. Come sempre, “la realtà ha la testa dura” e s’incarica di fare giustizia di tesi fallaci e devianti, che hanno contribuito a disorientare e disarmare non solo i comunisti, ma anche il movimento contro la guerra.

Con il forum del 7 marzo la Rete dei Comunisti chiama i comunisti, gli anticapitalisti e chi da sempre si batte contro le aggressioni militari dell’Occidente a  confrontarsi su un fenomeno tornato centrale, più che nel dibattito politico di una sinistra sempre più disabituata a riflettere sui motivi profondi che determinano  gli scenari internazionali ed interni, nella vita di ogni giorno per masse sterminate di uomini e donne che, dall’Ucraina alla Libia, sono costrette a subire le conseguenze di aggressioni militari e conflitti fomentati da un modello economico, quello capitalistico, in preda a una crisi sistemica senza precedenti .

Come consuetudine del metodo di lavoro della Rete dei Comunisti, arriviamo all’incontro con alcune relazioni scritte, coinvolgendo nel dibattito strutture e compagni/e che sono impegnati su tale versante di discussione e che intendono dare un contributo.

Affinché nessun contributo vada disperso, pubblicheremo il tutto in un nuovo numero della rivista Contropiano, che prevediamo in uscita nella prima settimana di Maggio e che diffonderemo e presenteremo nelle varie città del paese, al fine di riattivare un confronto teorico – politico che abbia come sbocco il rilancio della mobilitazione antimperialista, contro una tendenza alla guerra che s’impone sempre di più nell’agenda politica di tutti i giorni. 

 * Rete dei Comunisti


 

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