Con la manifestazione antifascista e antirazzista del 28 marzo di Torino contro Salvini, in contemporanea a quella prevista per lo stesso giorno a Brescia, crediamo si sia data continuità ai momenti di lotta del 28 febbraio a Roma e a Milano.
La necessità di resistere e contrastare i “fascisti del terzo millennio” sta assumendo una dimensione via via sempre più consistente. Si tratta di un fascismo che, ovviamente, non ha le stesse caratteristiche di quelle del Ventennio, ma che continua ad avere la stessa valenza perché ha una funzione di classe reazionaria sottraendo forze e canalizzando la rabbia sociale dei settori sociali più esposti alla crisi, quelli delle periferie disertate dalle forze sindacali e politiche tradizionali, fornendo loro simboli vecchi e parole d’ordine nuove, magari anti-sistema; un fascismo che poi ricade nella solita e solida retorica xenofoba, alimentando sotterraneamente odi razziali, sociali e religiosi.
Chi continua a pensare al fascismo del Ventennio oggi rimane imbrigliato nella retorica istituzionalizzata e interessata di chi preferisce parlare (non di rado male) di storia e non vuole guardare al presente. E purtroppo ormai sempre più la sinistra “diffusa”, “liquida”, che magari cerca una via d’uscita nella “coalizione sociale”, è sorda e cieca di fronte ai nuovi scenari dei movimenti fascisti in Italia e in Europa. La difesa della democrazia uscita dalla Resistenza e la difesa della Costituzione non bastano più, perché ormai, con i processi in atto al livello europeo, queste istituzioni sono state svuotate di senso e rese parole prive di senso (“desamantizzate”, direbbero i linguisti), cioè sono retorica, ossia dispositivi atti a suscitare emozioni e a convogliare consensi e voti.
E invece, come è stato più volte detto durante il corteo con gli slogan, con i cartelli, gli striscioni e i volantini, questo avversario di classe politico e sociale oggi si accompagna all’altro e più temibile nemico, ossia quel PD che rappresenta, come ha sempre fatto, nelle sue varie denominazioni e compagini elettoralistiche, il cavallo di Troia delle politiche neoliberiste e neoimperialiste dell’Unione Europea, che combatte la sua guerra all’esterno dei suoi confini così come all’interno, verso il mondo del lavoro, del precariato, dell’immigrazione, e di tutti coloro che sopravvivono di reddito e servizi sociali: insomma, Salvini e Renzi sono due facce della stessa medaglia.
Due facce, due poteri reazionari complementari, ugualmente difesi dalle istituzioni che con i propri apparati di polizia e giudiziari sono fermamente decisi a bloccare, sanzionare e bastonare qualunque forma di contestazione reale – reale perché sociale – alle politiche del Governo italo-europeo e ai suoi finti oppositori e oggi lo si è visto molto bene, se mai ci fosse stato bisogno di una prova ulteriore.
Tra la Scilla e Cariddi dei fascio-leghisti e della dittatura sempre meno soft di quel governo sinistro che ha risciacquato i suoi panni sporchi nell’Arno, la stretta via da cui passare è quella della ricomposizione politica e sociale che sappia ridarsi un orizzonte di lotta vasto, che sappia ritessere la trama di un tessuto sociale smagliato dalla crisi e dalle trasformazioni economiche.
Se ci si passa il parallelismo, oggi l’antifascismo attraversa quel cambiamento che il movimento antimafia subì nei decenni passati, distinguendosi tra antimafia civile e antimafia sociale, la prima interessata a svolgere una funzione di sensibilizzazione della società civile, la seconda rivolta a organizzare i settori sociali direttamente danneggiati dalla mafia.
In tal senso, crediamo che l’antifascismo militante di oggi debba diventare sociale, cioè debba sì contrastare con ogni mezzo e apertamente e politicamente i movimenti fascisti, ma debba altresì e, forse, primariamente ricostruire un blocco sociale.
Un blocco sociale che non sia una coa(li)zione a ripetere di cartelli elettoralistici, ma un tessuto organizzato che coniughi mondo del lavoro e del non lavoro, a prescindere dal paese di provenienza, con fini politici alti, perché sempre più in alto stanno i nostri nemici di classe.
Rete dei Comunisti – Torino
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