Provate anche voi, aprite uno dei principali giornali online: Corriere della sera, la Stampa, la Repubblica, Il Sole 24 ore, il Fatto quotidiano.
Provate a cercare in homepage una notizia che sia una sulle piazze che ieri hanno dimostrato la solidarietà del popolo italiano con il popolo palestinese. 5000 persone a Milano e Napoli, 10.000 a Roma, 2.000 a Firenze, e poi la solidarietà dei portuali livornesi, che hanno annunciato che si rifiuteranno di caricare armamenti destinati ad ammazzare il popolo palestinese, e le tante piazze minori, che anche nelle tante piccole città italiane hanno saputo far emergere una verità nel giorno della Nakba, la “catastrofe” del 1948 per i palestinesi.
Non troverete nulla, il che ci dà la misura del livello di libertà di stampa che esiste in questo paese (ultimi in Europa, 41esimi nel mondo) e della sudditanza delle redazioni dei grandi giornali alla politica filo-atlantica e filo-israeliana del governo.
Una politica disposta a venire a patti con uno Stato anti-democratico come Israele, che pratica l’apartheid nei confronti degli arabi, esattamente come il Sudafrica razzista.
Tutto ciò per garantire agli Usa un “avamposto strategico” in Medio Oriente, ma anche per interessi diretti. Nell’ultimo quinquennio infatti (2016-2020) l’Italia ha autorizzato esportazioni militari a Israele per un valore di oltre 90 milioni di euro che comprendono tutto l’arsenale bellico: armi semiautomatiche, bombe e missili, strumenti per la direzione del tiro e apparecchi per l’addestramento e la simulazione di scenari militari; nel contempo abbiamo acquistato da Israele armamenti per circa 150 milioni di euro.
Sui giornali troverete invece solo e solamente notizie sull’ “escalation di violenza”, sulla “guerra”, sul “conflitto” in corso tra Hamas e Israele. Ma queste parole sembrano fotografare una realtà simmetrica. Le parole giuste in realtà sono occupazione illegale, sgombero forzato, apartheid, bombardamento criminale della striscia di Gaza da parte di Israele, resistenza palestinese.
La situazione attuale è stata generata nell’immediato dagli sgomberi forzati avvenuti da parte dell’esercito israeliano nel quartiere di Sheikh Jarrad. Una situazione illegale che va avanti da tempo e che deriva dalla decisione unilaterale israeliana di considerare Gerusalemme – città multiculturale – capitale di Israele, compresa Gerusalemme Est, che è la parte a maggioranza araba della città.
La situazione è stata aggravata dalla decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele al posto di Tel Aviv, decisione per ora avallata dallo stesso Biden, il che ha legittimato la destra estremista israeliana e lo stesso Governo Netanyahu ad accentuare le provocazioni nei confronti dei palestinesi.
Di fronte alle proteste pacifiche dei palestinesi contro gli sgomberi il governo israeliano ha usato una forza sproporzionata, irrompendo all’interno del luogo sacro per eccellenza, la moschea di al-Aqsa, durante le celebrazioni del Ramadan, con lanci di lacrimogeni e bombe stordenti, spesso ad altezza uomo, come si evince dall’alto numero di feriti arabi (circa 300 dopo la prima notte di scontri, di cui 7 molto gravi).
Il lancio di razzi da parte di Hamas è stata una risposta all’occupazione militare di Gerusalemme est e della spianata delle moschee. A questo lancio, Israele ha nuovamente risposto con una vera e propria operazione militare di bombardamento della striscia di Gaza.
Che si tratti di un rapporto di forza totalmente squilibrato ce lo dice la triste conta dei morti e dei feriti. Ad ora solo nella striscia di Gaza, sono 125 i morti palestinesi, di cui più della metà sono civili, più di 1.000 i feriti, 31 scuole danneggiate, 250mila persone senza alcun accesso all’acqua.
Questo senza contare i morti negli scontri tra esercito, coloni di destra e polizia israeliana da un lato, palestinesi dall’altro, sia all’interno dello stato di Israele sia in Cisgiordania (nelle ultime ore qui si contano 10 morti, tutti palestinesi). Di contro, dall’inizio del conflitto, sono morti 8 israeliani.
Pesa come un macigno il veto USA alla fine delle ostilità e l’appoggio incondizionato di Biden a Netanyahu, come anche il silenzio dell’Unione Europea, mentre i partiti dell’arco parlamentare, dal Pd, a Fdi, alla Lega, ai M5s, fanno a gara ad accaparrarsi la spilla di filo-israliani.
Sono dunque importantissime le piazze di ieri: nonostante la censura mediatica, decine di migliaia di persone sono scese in piazza in tutta Italia per denunciare l’occupazione israeliana e l’aggressione di Israele verso il popolo palestinese.
Nostro compito è dare voce a quelle piazze, bucare il muro della censura, pretendere che l’Italia cessi qualsiasi forma di collaborazione, economica in primis, e copertura con lo Stato guerrafondaio d’Israele.
Parteciperemo alle mobilitazioni che sono previste nei prossimi giorni e invitiamo tutte e tutti a farlo insieme a noi. Palestina libera! #freepalestine
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