Quando sono stati scrutinati il 98 per cento dei voti delle elezioni parlamentari in Turchia e le cifre non possono più cambiare in maniera significativa, al partito conservatore e islamico moderato Akp del premier turco Erdogan viene attribuita una maggioranza assoluta del 50,3% dei voti.
Il partito del premier Recep Tayyip Erdogan ha vinto le elezioni parlamentari in Turchia per la prima volta con una maggioranza assoluta dei voti che assicurano al suo leader un terzo mandato consecutivo alla guida del grande paese in bilico tra Europa e Medio oriente, per il quale costituisce un modello di democrazia e sviluppo. Erdogan è il primo leader turco a vincere per tre volte le elezioni e si assicura altri quattro anni di governo. In base a risultati praticamente definitivi, si tratta di un 50,3% dei consensi, in aumento di quattro punti rispetto alle precedenti elezioni, i quali consentono a Erdogan di formare per la terza volta un esecutivo monocolore. Queste elezioni assegnano alla sua formazione «Giustizia e Sviluppo (Akp) però ‘solò 326 deputati, quattro in meno del numero che avrebbe consentito al premier conservatore di varare riforme costituzionali senza concordarle con altri partiti ma soltanto sottoponendole a referendum. Nonostante la netta affermazione, che migliora il già ottimo 46,6% del 2007, modifiche nell’assegnazione dei seggi per complessi motivi demografici fanno sì che l’Akp possa contare su meno deputati di quanti vantati attualmente (341): è poi ancora più lontana quindi la supermaggioranza dei due terzi dei 550 seggi del parlamento monocamerale turco, i ‘miticì 367 seggi, con la quale Erdogan avrebbe voluto compiere riforme costituzionali evitando anche la consultazione referendaria. Per rendere più democratica – come auspicato anche dall’Ue – la costituzione scritta dopo il colpo di stato militare del 1980, il premier islamico moderato dovrà dunque trovare l’appoggio di almeno uno degli altri tre partiti entrati nella Grande Assemblea Nazionale della Turchia. Principale forza di opposizione si conferma il partito socialdemocratico e di ispirazione laico-ataturkista Chp del suo nuovo leader Kemal Kilicdaroglu, che ha fatto aumentare i consensi dal 20,9 ai 25,9% attuali, con seggi in aumento da 112 a 135. A sottrarre seggi al partito di Erdogan è stata anche la formazione dei nazionalisti dell’ Mhp: sebbene colpiti da scandali a sfondo sessuale, hanno superato l’altissima soglia di sbarramento turca del 10% con un 13,1% dei voti e 54 seggi. Netta affermazione degli indipendentisti curdi del Bdp con 36 deputati, dieci in più del 2007. Il popolo dell’Akp è in festa con bandiere e musica altissima davanti alla sede del partito ad Ankara dove in serata attendevano che Erdogan si affacciasse ad un balcone per pronunciare un discorso. Ma è stata una maggioranza di turchi a dimostrare di apprezzare la crescita economica con ritmi ‘cinesì (+8,9% il Pil 2010 e quest’anno in flessione ma pur sempre sopra il 6%) e la stabilità politica assicurata per otto anni da Erdogan a questo colosso musulmano da 74 milioni di abitanti, che resta candidato all’ingresso nell’Ue e ambisce sempre più a giocare un ruolo di mediatore regionale in Medio Oriente. Parzialmente inascoltate sono state dunque le preoccupazioni del Chp e di qualche osservatore internazionale che paventa tendenze accentratrici di Erdogan che potrebbero trovare espressione in una svolta presidenzialista che lo stesso premier ha detto di avere »nel cuore«. Hanno pagato a livello elettorale, evidentemente, le realizzazioni di Erdogan e le sue promesse di opere pubbliche faraoniche, come quella di un canale parallelo al Bosforo, ormai intasato dal traffico navale, o la costruzione di due città satellite di Istanbul per trasferire in zone meno sismiche due milioni di persone.(ANSA)
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