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Il Portogallo al voto

Domenica 10 marzo gli elettori portoghesi scelgono i 230 deputati dell’Assemblea Repubblicana ed il loro primo ministro.

Si tratta di elezioni anticipate dovute alle dimissioni del socialista António Costa a causa di una sua supposta implicazione, tutta ancora d’accertare, in un caso di corruzione.

Alla vigilia i due candidati che con maggiori probabilità possono aspirare alla guida del paese sono Pedro Nuno Santos, del Partito Socialista, risorto a nuova vita dopo una carriera politica che sembrava giunta al capolinea, e Luís Montenegro, alla guida della coalizione conservatrice Alianza Democrática.

Queste elezioni si svolgono in un momento simbolico per la vita politica portoghese, considerando che il 25 aprile di quest’anno sarà l’anniversario della “Rivoluzione dei Garofani” che 50 anni fa pose fine – grazie ad un colpo di stato del Movimento delle Forze Armate, guidato dai capitani e con fortissimo sostegno popolare – alla più longeva dittatura d’Europa e contribuì alla fine dell’impero portoghese, dopo 14 anni di sanguinosissime guerre coloniali.

La formazione di estrema destra Chega, guidata da André Ventura, è nel frattempo divenuta, con 12 deputati eletti ed il 7% dei consensi nelle precedenti politiche del gennaio 2022, la terza forza parlamentare, ed i sondaggi attualmente sono univocamente favorevoli, attribuendole fino al 20%.

La formazione nasce nell’autunno del 2018 – con altro nome – su spinta di Ventura, che proveniva dalle fila dei conservatori del PSD dopo essersi scontrato con il leader moderato Rui Rio, agglutinando una eterogenea schiera di fedelissimi a Ventura con un’anima profondamente conservatrice.

Il suo nome infatti deriva dalla corrente più “oltranzista” dentro il PSD – Chega de Rui Rio, cioè letteralmente Basta con Rui Rio – con cui Ventura aveva tentato inutilmente la scalata alla leadership.

Ventura, ex seminarista, prima di compiere gli studi di diritto e poi diventare famoso come commentatore sportivo del Benfica, afferma di mettere la sua fede religiosa su tutto – a parte forse la sue personali aspirazioni di potere, solo parzialmente coronate con l’entrata nel parlamento portoghese, nel 2019, grazie ad un 1,29%.

Si presenta come una sorta di nuovo ‘uomo della provvidenza’ che potrebbe divenire l’ago della bilancia dei prossimi equilibri politici in Portogallo.

La formazione si è caratterizzata per diverse uscite che hanno rotto “da destra” gli schemi del Politically Correct: castrazione chimica per gli omosessuali, confinamento specifico per i Rom durante la pandemia, attacchi ai beneficiari del welfare, teorie cospirative sulla “sostituzione etnica”…

Si tratta visibimente dello stesso “brodo culturale” che caratterizza l’estrema destra europea, ma che in Portogallo può vantare illustri finanziatori tra le famiglie più potenti del paese come i Mello e i Champalimaud – come ha reso noto una’nchiesta del giornale Público – e ora in grado di catturare i voti tra le classi popolari non ideologicamente anti-democratiche ma che contestano il funzionamento dell’attuale democrazia.

Come sottolinea lo studioso dell’estrema destra portoghese Riccardo Machi, intervistato dal quotidiano El País, l’elettorato di Chegaha una visione dicotomica della realtà, vedono il popolo portoghese come una entità omogenea tradita da una élite politica ed economica corrotta”.

E al di là delle sue “sparate”, la formazione fa della “lotta alla corruzione” il leit motiv principale, che si innesta su un programma liberale in economia e conservatore in politica, ma del tutto “incorporabile” nello schieramento conservatore classico.

Se Chega è la variabile veramente nuova nel panorama politico portoghese, il sistema partitico si è arroccato invece su un bipolarismo bloccato che legittima i due maggiori competitor nella logica dell’alternanza, per cui si può essere a capo di un esecutivo ma senza appoggiarsi sui poli politici “estremi”, a destra come a sinistra.

La recente fase politica in Portogallo si è caratterizzata per il ritorno al bipolarismo, dopo la fine “a sinistra” dell’esperienza governativa “minoritaria” dei socialisti – con l’appoggio esterno del Partito Comunista Portoghese (PCP) e del Bloco de Equerda – maturata nel 2015 e consumatasi infine nel 2021.

L’estromissione dell’estrema destra dalla stanza dei bottoni, in caso di un possibile governo dei conservatori, è per ora una promessa elettorale tutta da verificare.

Costa, il più navigato politico “socialista”, rivestiva la carica di primo ministro dal 2015, ma lo scorso 7 novembre aveva presentato  le sue dimissioni di fronte al presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, alcune ore dopo che la Corte Suprema aveva aperto un’indagine per chiarire il ruolo del primo ministro nella concessione per lo sfruttamento di litio a Montalegre e Covas.

A quattro mesi di distanza, la Corte non ha ancora stabilito se ci sono o meno seri indizi per portare avanti l’inchiesta, tenendo però il politico socialista in una sorta di limbo giudiziario in cui non può né difendersi né disporre del suo futuro politico. Un classico caso di lawfare, come si sperimenta in tutto l’Occidente da “Mani pulite” in poi.

Costa è stato uno degli architetti della cosiddetta gerigonça che, grazie alla mozione di sfiducia votata contro il governo conservatore di “minoranza”  del PSD, nel 2015, chiuse la stagione dell’austerità imposta dalla troika ed applicata in maniera zelante dal conservatore lusitano Pedro Passos Coelho dal 2011 al 2014.

La sua formula politica “neo-frontista”, se aveva permesso una parziale inversione di tendenza sull’austerità, non ha certo risolto i problemi del paese, logorando nel tempo le forze a sinistra del partito socialista – uscite con le ossa rotte dalla sfida elettorale del 2022 – e facendo crescere una forza politica “populista di destra”, come Chega che fa della retorica anti-establishment uno dei punti forti della propria narrazione.

Costa aveva iniziato il suo ultimo mandato dopo aver guadagnato la maggioranza assoluta alle elezioni nel gennaio del 2022 e sembrava essere un elemento di stabilizzazione nel quadro politico portoghese.

Santos, 54 anni, con cui l’ex primo ministro aveva un rapporto tutt’altro che lineare, è salito alla leadership dei socialisti con la sua vittoria nelle primarie del Partito (con il 60%) in seguito alle dimissioni di Costa, e proviene dalle fila dell’organizzazione giovanile. Un suo successo sarebbe una completa inversione della sua parabola politica, che sembrava giunta al termine con gli scandali durante il suo incarico come ministro alle infrastrutture.

Luís Montenegro, 50 anni, è invece il leader della formazione di centro-destra (PSD), dove ha sostituito Rui Rio dopo la sconfitta del 2022, quando il PS  ottenne il 41,37% e Rio solo il 27,67%. É un critico feroce della gerigonça e usa toni più pacati nei confronti di Chega.

Il Portogallo ha visto “esplodere” i prezzi del mercato immobiliare, con aumenti dell’80% dal 2010 al 2022, rendendo la questione abitativa una vera e propria emergenza, la cui percezione è stata acuita delle mobilitazioni per il diritto all’abitare.

L’assenza di settori “ad alto valore aggiunto” e i bassi salari impoveriscono il Paese.

Altri temi “caldi”, cari all’estrema-destra, sono stati il legame tra immigrazione e sicurezza, e la possibile restrizione del diritto di interruzione di gravidanza che hanno “contaminato” anche parte dello schieramento conservatore.

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