Alla fine la prova muscolare è arrivata con tanto di impennata della tensione: sei motovedette cinesi sono entrate oggi nelle acque delle Senkaku, le isole controllate da Tokyo e rivendicate da Pechino (con il nome di Diaoyu), con due che, secondo la guardia costiera nipponica, hanno accolto ‘l’invito’ ad allontanarsi senza «alcun uso della forza».
L’agenzia Nuova Cina ha dato finora conto di due unità in azione, rilevando che le navi hanno cominciato il pattugliamento delle acque per «il rafforzamento della legge sulle isole». Il premier Yoshihiko Noda ha assicurato che il Giappone prenderà «tutte le misure possibili» per la sicurezza alle Senkaku, con il governo che ha istituito una unità speciale per la gestione della crisi presso l’ufficio del primo ministro.
Il capo di gabinetto Osamu Fujimura ha aggiunto che Noda ha chiesto ai ministri di «prendere misure sufficienti per una risposta» efficace al blitz. Il viceministro degli Esteri, Chikao Kawai, ha convocato l’ambasciatore cinese a Tokyo, Cheng Yonghua, per protestare su quanto è accaduto.
Nel primo blitz cinese dalla nazionalizzazione di martedì delle isole da parte del governo nipponico, le motovedette (Haijian 51 e Haijian 66) sono entrate nelle acque dell’isola di Taisho, una delle 5 principali che compongono l’arcipelago disabitato, intorno alle ore 6.20 locali (23.20 di giovedì in Italia), prima di allontanarsi quasi due ore più tardi.
Le altre quattro, sempre nel resoconto della guardia costiera, si sono avvicinate all’isola di Kuba alle 7.05 (00.05 in Italia). All’invito a lasciare le acque nipponiche rivolto alle prime due motovedette, la risposta è stata che Uotsuri, la più grande delle isole, «è territorio cinese» e che pertanto era in corso «un’attività di sorveglianza».
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