Un Predator, un drone americano, in missione di ricognizione sul Golfo – nello spazio aereo internazionale, si sottolinea al Pentagono – è stato intercettato da aerei iraniani che hanno fatto fuoco, senza peraltro colpirlo.
Il primo incidente di questo tipo tra Iran e Usa, di cui sono stati subito informati il presidente Barack Obama e il segretario alla difesa Leon Panetta, ha provocato una messa in guardia a Tehran attraverso canali diplomatici.
L’incidente è avvenuto il primo novembre, a cinque giorni dal voto americano, ma il Pentagono ha rotto il silenzio solo oggi. Alle 8:50 Gmt di quel giorno, ha ricostruito il portavoce del ministero della difesa George Little davanti alla stampa. «un drone americano MQ-1 non armato in missione di ricognizione di routine sul Golfo è stato intercettato da aerei Su-25 iraniani Frogfoot che gli hanno sparato addosso».
Il Predator, secondo gli Usa, si trovava in quel momento a 16 miglia nautiche (circa 30 chilometri) dalle coste iraniane e non sarebbe mai penetrato nello spazio aereo iraniano. I due caccia di Tehran hanno effettuato due passaggi ed hanno aperto il fuoco «almeno a due riprese» contro il drone che non è stato colpito. Il velivolo è poi tornato alla sua base, di cui non è stata precisata la localizzazione.
Il portavoce ha sottolineato che se le acque del golfo hanno visto confronti tra motovedette iraniane e navi americane, è la prima volta che avviene un incidente di questo tipo nei cieli della regione. Little ha anche aggiunto che non c’è stata nessuna messa in guardia preventiva da parte degli aerei iraniani, che secondo la Cnn apparterrebbero ai Guardiani della rivoluzione, un’entità distinta dalle forze armate.
Lo stesso portavoce ha detto che a Teheran è stata inviata una messa in guardia attraverso canali diplomatici per informare le autorità iraniane che «i voli di ricognizione sulle acque internazionali continueranno sul Golfo in accordo con una pratica consolidata e con l’impegno Usa verso la sicurezza della regione». Esiste «una vasta gamma di opzioni dalla diplomazia all’azione militare per proteggere navi e aerei americani nella zona», è stato l’ulteriore monito del portavoce del Pentagono.
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