Pecunia non olet, tecnologia sì. Specie se si parla di armamenti molto sofisticati come i sistemi anti-missile. Una dimostrazione che la Cina avanza a passi da gigante nono solo sul mercato della manifattura a basso costo, ma anche in quello dell’hi tech militare.
E mette in crisi l’egemonia statunitense sull’ultimo terreno su cui sembrava ancora imbattibile.
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Cosa potrebbe succedere se l’ombra di Pechino si allungasse sulla Nato? Se la sua influenza – in questo caso tecnologica – si facesse sentire su un Paese che nell’alleanza militare a guida Usa ricopre un ruolo strategico? Ora lo sappiamo: la reazione di Washington non si farebbe certo attendere.
Alla fine di ottobre la Turchia ha annunciato di aver scelto il sistema missilistico cinese FD-2000 per la sua difesa aerea, preferendolo al Patriot statunitense, al russo S-300 e all’europeo Aster 30.
La variante del missile terra-aria cinese HQ-9 verrà utilizzata per la protezione dello spazio aereo turco interno, mentre i confini resteranno vigilati dai
Patriot già schierati. E qui nasce il problema principale (quello secondario è dovuto al fatto che la società statale cinese appaltatrice – China National Precision Machinery Import & Export Corporation (CPMIEC) – è accusata di aver violato le sanzioni Usa su Iran, Corea del Nord e Siria): il sistema fornito da Pechino dovrà essere in qualche modo integrato con quello statunitense.
Mentre Ankara ribadisce il proprio diritto di scelta sull’offerta cinese, Washington ha reagito con durezza. Il cuore del problema è stato individuato con chiarezza da Francis Ricciardone, ambasciatore Usa in Turchia: “Questo non è un sistema Nato e la Cina non è un Paese membro della Nato”. Gli hanno fatto eco dalla stessa organizzazione: “Come può la Turchia, protetta dai mezzi Nato, ignorare le preoccupazioni dell’alleanza e optare per un sistema di difesa aerea costruito da un Paese non-amico?”. Il rischio è quello che il processo di integrazione tra i due sistemi possa consentire a Pechino l’accesso a informazioni classificate sui Patriot. Ed ecco che, sempre da ambienti Nato, arriva la minaccia vera e propria: “abbiamo le capacità tecniche per isolare l’architettura di difesa aerea turca, negando ad Ankara i dati di intefaccia necessari per procedere all’integrazione”. Il risultato sarebbe quello di rendere l’acquisto sostanzialmente inutile.
Comunque vada a finire, resta il fatto assai rilevante che la sola presenta di una nuova potenza politica e militare come la Cina potrebbe permettere a Stati con ambizioni egemoniche in aree sensibili di smarcarsi dalle alleanze tradizionali.
da Linkiesta.it
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