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Tunisia: uccisa una ragazza di 16 anni

Cristina Cecchi
TUNISIA
Uccisa a 16 anni. Coprifuoco e stato d’emergenza.

Segnali di allarme in Tunisia, dove una ragazza di 16 anni è stata uccisa giovedì notte durante alcuni scontri scoppiati nel governatorato di Kasserine, a Sbeitla, 200 km a sudovest di Tunisi. Le cause non sono chiare e le versioni differiscono.
Fonti del ministero degli interni dichiarano che alcuni giovani hanno bloccato la strada per Rkhamet «allo scopo di compiere saccheggi», e per questo polizia e militari sono dovuti intervenire. Le forze di sicurezza hanno poi sparato «a scopo intimidatorio per disperdere i manifestanti». Secondo i residenti invece gli scontri rientrano in un tentativo dei sostenitori del deposto presidente Zine al-Abidine Ben Ali di destabilizzare il paese in vista delle elezioni di ottobre. Gli abitanti sostengono che le truppe abbiano ucciso la giovane, il ministero degli interni ammette che la ragazza è morta ma non dice che è stata colpita dagli spari. Gli scontri hanno causato anche alcuni feriti, di cui due in gravi condizioni.
Solo nelle prime ore del mattino la calma è tornata in città, ma ieri sono comunque arrivate nuove forze di sicurezza per controllare la situazione. Altri scontri sono scoppiati ieri a Douz, nel sud del paese, stavolta tra bande giovanili armate di coltelli e pistole: anche qui sono intervenuti esercito e guardia nazionale. Il mininistro degli interni non ha specificato il numero dei feriti ma l’agenzia di stampa ufficiale Tap parla di una trentina di persone all’ospedale. Durante le violenze sono stati incendiati due distributori di benzina e tre abitazioni: per questo le autorità locali hanno imposto il coprifuoco dalle 19 di ieri fino alle 5 di questa mattina.
Nella tarda mattinata di ieri inoltre il nuovo governo tunisino ha esteso lo stato d’emergenza, che sarebbe dovuto terminare il 31 agosto, fino al 30 novembre (dopo le elezioni). La decisione riguarda l’intero territorio nazionale ed è sintomo di una situazione tutt’altro che stabile.
da “il manifesto” 3 settembre 2011

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