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Dopo la truffa Atac, scuse doverose

Sulla grande truffa dell’Atac, a Roma, con quella storia dei biglietti clonati in un bunker, dalla stessa azienda che intanto aumentava il prezzo dei biglietti del 50%, si potrebbero fare analisi definitive sulla cosiddetta “classe dirigente” italiana, oppure pezzi di letteratura contemporanea di alta scuola.

Intanto vi proponiamo questo pezzo di bravura, trovato girando tra i contatti dei contatti Facebook, che a noi sembra semplicemente geniale.

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Ti chiedo scusa. Ti chiedo scusa, mesi dopo, non sapendo se potrai perdonarmi, ma perdonami, ti prego, perché non ero in me, anzi non sapevo, la colpa più grave di tutte: ignoravo. Ma l’aperitivo in terrazza esigeva che qualcuno si facesse carico delle cause perse, qualcuno pronto a difendere l’indifendibile, per cieca ideologia o ingenuità, fa lo stesso. A un aperitivo in terrazza lo si trova sempre, qualcuno pronto a dissertare sui massimi sistemi, qualcuno pronto a elevare il piccolo aneddoto a Grande Argomento, è una consuetudine sociale e un dovere borghese e una triste parte a cui, davanti a un bicchiere di vino, non ho avuto la forza, il coraggio di sottrarmi, lo confesso con imbarazzo.

Perciò ti chiedo scusa, amica mia, semi-sconosciuta incrociata a una festa, che mi sei capitata a portata d’orecchio mentre ribadivi che tu, uneuroeccinquanta di biglietto, ma corcazzo che glieli davi, all’ATAC. Già pagare un euro per una sola corsa in metro era scandaloso, affermavi. E mo’ pure stocazzo di aumento, cinquanta centesimi, e per cosa? Spiegatemi per cosa, enumeravi: per morire di caldo, freddo, fame, inedia, entropia e naturale decomposizione organica alla fermata dell’ennesimo autobus che ancora non si vede? Per aspettare l’esatta congiunzione astrale, la corrente ascensionale favorevole, la mera botta di culo che sembra regolare il meccanismo di arrivo e partenza dei notturni? Per finire asfissiata nei vagoni merci di un viaggio a proprio rischio e pericolo, Battistini-Anagnina, sola andata? UNA SOLA CORSA IN METRO!, ribadivi, uneuroeccinquanta per una sola corsa in metro, ditemi se vi sembra una cosa normale, e fu chiaro a tutti quale sarebbe stato il tuo manifesto d’intenti, la tua naturale risoluzione, la tua modesta proposta: annassero affanculo, io d’oggi in poi corcazzo che lo pago, il biglietto. Devono mori’ tutti male.

Ripenso con vergogna alle parole pesanti con cui ti ho apostrofato, amica mia. Devi capirmi: è difficile, per quelli come me, ogni giorno, due volte al giorno, restare indifferenti allo slancio, al gesto atletico di quanti allegramente saltano i tornelli. O che ti s’infilano in scia, approfittando della tua corretta e civica vidimazione, strusciandosi addosso, tamponandoti nelle parta più sacra, quanti preliminari mai conclusi ho avuto con questi piccoli, intriganti, paraculi evasori, che si sono approfittati di me e del mio euroeccinquanta, nell’angusto spazio di un tornello, per un attimo, ho pensato fosse vero amore, e invece era solo un bip e via. Il biglietto si paga: dietro questo monito, dietro la correttezza etica e formale di questa perifrasi, da questa trincea inespugnabile del buon comportamento sono partite le mie critiche, ci ripenso con dolore: come puoi esigere dagli altri il rispetto delle leggi se sei la prima a infrangerle? Non pensi di essere, proprio in questo modo, la causa dei disservizi di cui ti stai lamentando? Non pensi che questo sia un comportamento immaturo, superficiale, sbagliato, anzi peggio ancora – quanto dispiacere aver usato quella parola, amica mia, spero potrai perdonarmi: non pensi che il tuo sia un atteggiamento berlusconiano?

Ti chiedo scusa, perché ti ho immaginata saltare allegramente di tornello in tornello, ogni giorno, due volte al giorno, o tamponare uno sconosciuto, facilitata anche in virtù delle tue femminee forme, approfittare insomma degli euroeccinquanta altrui e in sostanza di tutti quei fessi come me, né più né meno, degli oboli versati per garantire un servizio migliore anche alle stronzette saccenti come te, per far arrivare prima un autobus, per aumentare il numero dei notturni, per sanare, un giorno, magari, tutte quelle pozzanghere che si moltiplicano inspiegabilmente, come fonti miracolose, in ogni stazione della metro. E devi perciò sapere che in questa raffigurazione eri il male, eri il torto, stavi dalla parte sbagliata in modo epico, ti portavi appresso una colpa che manco gli orchi nel Signore degli Anelli. Quanta ingenuità, nelle mie parole, quanta supponenza, quanto orrore: ti chiedo scusa, puoi perdonarmi?

Perché oggi ho letto che dal 2008, in un bunker segreto, è stata avviata la redditizia stampa di milioni di titoli di viaggio falsi, non fatturati, immessi clandestinamente sul mercato, che hanno generato introiti per 70 milioni di euro l’anno, in nero, da spartire, grazie a un equo e generoso patto bipartisan, tra i partiti di destra e sinistra, gli stessi che tanta gioia e tanta soddisfazione hanno regalato all’amministrazione della città di Roma. Ho visualizzato tutti i miei euroeccinquanta, te lo confesso, nella speranza forse di impietosirti, ma è la verità, tutti i miei euro, soprattutto le monete da cinquanta le ho viste, materialmente, tintinnare nelle tasche di chissà quale politicante e appaltatore, e poi in colonne ordinate, schiere alte, stagliate contro il cielo nero e nuvoloso di Roma, milioni di fiches ammonticchiate come fosse il torneo finale, l’ultima mano delle World Series of Poker giocata nel Giorno del Giudizio, evento, quest’ultimo, che per portata apocalittica non si discosta poi molto dall’anonimo mercoledì sera del pendolare medio, che torna a casa, affrontando ritardi, disagi e scioperi, ma sempre pagando il suo biglietto. E finanziando, questa volta sì, a sua insaputa, l’ennesima corrente di partito, fondazione culturale, consulenza urbanistica, villa in campagna o chissà, anche più prosaicamente, il nuovo Suv, la crociera per il prossimo anno, la cena nel ristorante di lusso che è un modo come un altro per esibire la nuova escort o la nuova Maserati, sono tante le cose, che si possono fare, con 70 milioni di euro l’anno, che non voglio pensarci, non mi interessa più.

E per questo ti chiedo scusa, amica mia, mai più rivista, spero vorrai perdonare le mie parole. Ogni tanto ti immagino ancora saltare il tornello, risuonano ancora nella mia mente le tue parole. A distanza di mesi, solo ora lo capisco, era mio il torto, mia la colpa, mia l’ignoranza, mia l’arroganza di chi, credendo d fare il bene, si riduce a perpetrare il male. Non so se questa confessione basterà, ma sappi che ti penso, e ti penserò ancora, ogni giorno, due volte al giorno, mentre salterò il tornello e mi infilerò dietro il prossimo fesso, nel quale ormai non mi riconosco più, ogni giorno, due volte al giorno penserò che avevi, che hai ragione tu: annassero affanculo, io d’oggi in poi corcazzo che lo pago, il biglietto. 

Devono mori’ tutti male.

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