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Save the Children premia Tony Blair. Polemica sulla bancarotta morale delle Ong

E’ decisamente una vergogna il conferimento del «Global Legacy Award» all’ex Primo ministro britannico Tony Blair da parte della Ong “Save The Children”. Anzi, secondo quanto rivela “The Guardian”, è addirittura “moralmente riprovevole” secondo alcuni membri dell’organizzazione per la protezione dei diritti dell’infanzia.

Duecento dipendenti e volontari di Save the Children hanno scritto una lettera per contestare una decisione che secondo loro danneggia la credibilità dell’organizzazione. “Consideriamo questo premio inopportuno, nonché un tradimento dei principi fondanti e dei valori di Save The Children”, dicono nella nota diffusa anche alla stampa.

Il premio a Blair è stato conferito in una serata di gala la settimana scorsa a New York, alla quale hanno partecipato come special guest il l’attore Ben Affleck, la moglie e attrice Jennifer Garner e altri Vip. Una classica partita di giro tra “famosi” che si premiano tra loro e si aiutano come possono, ogni volta che possono. Blair ha ringraziato con un discorso che, recitato da lui appare come un inno all’ipocrisia “Brutalità, conflitto, intrigo, ossessione distruttiva a perseguire il proprio interesse esistono da quando esiste il genere umano. Ma nella la storia dell’uomo il desiderio implacabile di fare del bene non si è mai spento”, ha detto Blair.

Il deputato laburista George Galloway, ha sparato contro l’assegnazione del premio a Blair come di “premio grottesco ad un infanticida”. Severo anche il direttore esecutivo di Human Rights Watch, Kenneth Roth, che ha definito Blair “un uomo che difende qualunque dittatore lo paghi”. E partita anche una petizione online, già firmata da 85.000 persone, per chiedere la revoca dell’onorificenza.

Ma dentro l’organizzazione di Save The Children, Tony Blair può contare su solide amicizie. Ad esempio c’è Justin Forsyth, che di Blair è stato consigliere, o Jonathan Powell, che è stato il suo ex capo di gabinetto. Save the Chlidren si difende affermando che la decisione di premiare Blair è stata presa dalla branca americana dell’organizzazione in assoluta indipendenza. Secondo una difesa che perde colpi ovunque si guardi, il riconoscimento è dovuto al lavoro di Blair quando era Primo Ministro, in particolare per quando si è impegnato ad alleviare il debito dei paesi africani al G8 di Gleneagles nel 2005.

Save the Children sembra ritenere trascurabile l’attiva partecipazione di Blair all’aggressione contro l’Iraq nel 2003 con la relativa campagna di menzogne tese a legittimare l’intervento militare che portarono anche alla misteriosa morte di un consigliere di Blair che ne rivelò i retroscena. Oppure al suo silenzio, complice e ripetuto in qualità di coordinatore del “Quartetto” sul Medio Oriente,  di fronte ai massacri dei palestinesi di Gaza da parte dei bombardamenti israeliani nel 209, nel 2012 e nel 2013 (con migliaia di bambini uccisi dalle bombe).

Ma il premio a Blair da parte di una multinazionale no profit come Save the Children – in questo del tutto simile ad altre organizzazioni analoghe del mondo anglosassone – pone con forza la questione della loro credibilità e delle loro ambiguità. Difficile dimenticare le parole di un ex direttore di Save The Children, Mark Bowden, a proposito dell’universo delle Ong: “Le Ong sono in competizione per le poche risorse disponibili, in competizione per i contratti con gli organismi internazionali, in competizione per apparire sui media. Filosoficamente, siamo alla bancarotta”. Occultare questa bancarotta morale dietro i volti dei bambini africani che si dichiara di voler aiutare a crescere ma dedicare gran parte delle attività al “fund raising”, diventa molto ma molto difficile da digerire, specie se poi premiano personaggi come Tony Blair.

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