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Grande Guerra. Il lamento lungo cent’anni degli Einsturzende Neubauten

A cent’anni dall’inizio della Prima Guerra Mondiale, la commemorazione anti-retorica dei “Nuovi palazzi che crollano”

 

Intro

Gli Einsturzende Neubauten sono di nuovo in giro. La band berlinese (dell’ovest), che negli anni ’80 ha dato forza al genere musicale industrial, sono in Italia con un doppio tour: un Greatest Hits in cui suonano i loro vecchi successi, e lo spettacolo (molto più che un concerto) Lament.

Lament prende vita nel novembre 2014 su commissione della città fiamminga Diksmuide per la commemorazione dell’inizio della prima Guerra Mondiale. Ed è una commemorazione ben diversa da quelle istituzionali cui abbiamo assistito negli ultimi mesi.

Se la retorica europeista ha voluto celebrare la Grande Guerra come il primo passo verso la pacificazione e l’unione continentale (se non credete che sia stata effettuata questa acrobazia logica andate a vedere un po’ di spot rai), l’operazione degli EN è di segno totalmente opposto: immergere lo spettatore-uditore nell’orrore di quella carneficina senza anticipare futuri consolatori, in quanto non c’è consolazione in una guerra. Anche perché nella visione del cantante-autore (e qui anche ideologo) Blixa Bargeld “la prima Guerra Mondiale non è mai finita: i periodi intra e post bellici sono essenzialmente pause per respirare mentre le grandi potenze militari portano avanti il loro conflitto con qualche rimozione in guerre lontane combattute per procura”.

Al concerto di Firenze del 7 luglio l’organizzazione ha ridotto la platea rispetto quanto previsto in fase di vendita biglietti, dimostrando che per quanto “gli EN siano diventati più user-friendly di quanto fossero 30 anni fa” (Alexis Petridis sul Guardian) raccolgono a sé solo un manipolo di storici fedelissimi.

 

Tracklist

L’esibizione è totale. La traccia di apertura “Kriegsmachinerie” (Macchinario di guerra) prepara lo scontro e i partecipanti: su un tavolo metallico amplificato vengono trascinate catene e lastre di ferro e si viene a costruire il macchinario del titolo, a rappresentare “le spese di guerra delle nazioni europee che crescono appena prima della guerra, stranamente, proprio come sta accadendo ora”. Gli strumenti inventati dal membro degli EN Andrew Unruh e che sono il loro storico marchio di fabbrica, evocano direttamente e senza incertezze gli orrori della guerra: le catene, le stampelle dei mutilati che diventano violini, i proiettili di artiglieria percussioni, il filo spinato un’arpa, un compressore suona come il gas che invadeva le trincee.

Il secondo pezzo è pura iconoclastia antinazionalista. “Hymnen”, inni, in cui si “svela” la stessa melodia presente negli inni inglese, tedesco, canadese, che vengono mischiati in una grottesca parodia dei simboli dell’orgoglio nazionalista. Questa carica satirica continua in “The Willy-Nicky Telegrams” dove si musicano i telegrammi del Kaiser Gugliemo e dello zar Nicholas in un goffo epistolario distorto dall’auto-tuned a rendere ulteriormente surreale gli attestati di reciproca stima e volontà di pace che i due cugini acquisiti si scambiavano mentre iniziavano a schierare le truppe.

“In de loopgraf” (nelle trincee) è una delle due canzoni (insieme a “Achterland”, entroterra) scritte dal dadaista fiammingo Paul van den Broeck, dove Unruh suona la sua “arpa di filo spinato”.

Uno dei pezzi più affascinanti sia per concetto che per esecuzione è “Der 1. Weltkrieg (Percussion Version)”; Bargeld: “questo è l’esempio di una composizione sostenuta da Wikipedia. Ho fatto un calcolo matematico, diciamo che ogni battito è un giorno di guerra, e noi lo suoniamo in 4/4 a 120 battiti per minuto. Abbiamo 20 tubi che rappresentano le diverse nazioni e la durata del loro coinvolgimento. Inizia dalla battuta 1, Serbia, Austria, Germania e tac tac tac chiunque entri a fare parte di questa festa della prima Guerra Mondiale, continuando fino all’armistizio. È un brano musicale statistico”. “On patrol in no man’s land” (di pattuglia nella terra di nessuno) è uno dei due brani (insieme a “All of no man’s land is ours”, tutta la terra di nessuno è nostra”) riadattati dalla banda degli Harlem Hellfighters, il primo reggimento afro-americano a combattere una guerra, anche se sotto il comando francese per le questioni razziste non ancora risolte nella grande democrazia oltreoceano. La title-track Lament è divisa in tre parti: “Lament”, che si conclude con solo due parole ripetute Macht e Krieg (potere e guerra, ma anche “fare la guerra”; “Abwaerstsspirale” (spirale discendente) basata su un pattern che parte dai numeri 1-9-1-8; “Pater Peccavi”, tratto dalla composizione rinascimentale di Jacobus Clemens non Papa sul figliol prodigo, unito a delle registrazioni trovate nell’archivio della Humboldt Universitaet di prigionieri di guerra a cui i linguisti tedeschi fecero recitare proprio quel passo biblico.

“How did I die?” (come sono morto?) è una canzone di Kurt Tucholsky “dedicata” al comandante Ludendorff, non in maniera affettuosa. “Sag mir wo die Blumen sind” (dimmi dove sono i fiori) è una canzone popolare di Peter Seeger resa celebre in Germania da una commovente Marlene Dietrich che chiede dove sono finiti tutti i fiori, raccolti dalle ragazze, andate via con gli uomini, diventati soldati, finiti nelle bare, sepolte sotto i fiori. Dimmi dove sono i fiori. “Der Beginn des Weltkrieges 1914 (Dargestellt unter Zuhilfenahme eines Tierstimmenimitators) (L’inizio della prima guerra mondiale 1914 presentato da un imitatore con voce animale) è tratto da uno spettacolo di cabaret di fine guerra di Joseph Plaut, e il solo titolo indica ancora una volta il tono dissacratore degli EN.

 

Outro

Non è un concept-album, in quanto viene pensato e costruito per la sua esibizione dal vivo, e la scena degli strumenti costruiti e dei musicisti sul palco non possono essere immaginati dalla versione in studio. Però c’è tanto concetto, ma senza scadere nel concettualismo. Blixa non ha paura di interrompere il flusso di sensazioni per introdurre e spiegare i brani in modo che gli spettatori possano comprendere, oltre che intuire, il profondo lavoro di ricerca storico e artistico. L’arte si mette al servizio, non ricerca primati che in un argomento come quello della Grande Guerra non le spettano, ma si fa strumento di memoria del passato e quindi di analisi del presente, veicola emozioni e messaggi, lontana dall’autocelebrazione.

Concludiamo con un’altra riflessione di Bargeld sull’arte: “ho un problema con le avanguardie, perché è un termine militare. Significa la guardia che corre davanti al resto dei soldati, e se voglio vedermi rappresentato in termini militari non voglio esserne parte. Voglio essere uno dei disertori”.

Ci piacerebbe sperare che in questi tempi belligeranti e conformisti l’arte e la musica sappiano ricacciare le avanguardie sterili, e donarci nuovi e validi disertori.

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