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“Non sono razzista ma…”. La via cattolica all’antisemitismo

“La Chiesa ha condannato quel razzismo esagerato germanico, che pretende erigersi dottrinalmente sulla base di un sistema filosofico religioso, negatore della fede cattolica e della civiltà cristiana…

..Non voglio aggiungere afflizioni all’afflitto ma..è evidente la mano di Dio nella storia umana, in modo luminoso nelle tragiche vicende del popolo ebreo. La Chiesa ha sempre giudicato pericolosa la convivenza degli ebrei, fin che rimangono ebrei, alla fede e alla tranquillità dei popoli cristiani..”

Queste parole erano nella omelia del vescovo di Cremona e furono pubblicate con grande enfasi su l’Osservatore Romano nel gennaio del 1939 e le riporta Marino Ruzzenenti nel suo bellissimo libro : “Preghiamo anche per i perfidi Giudei”L’antisemitismo cattolico e la Shoah. Edizioni Derive Approdi.

Ruzzenenti è stato un dirigente della Cgil di Brescia e militante della sinistra sindacale fino agli anni 90, poi ha scelto di dedicarsi con passione alla ricerca storica ed all’impegno ambientalista. Suoi sono i lavori più completi di documentazione e denuncia sull’avvelenamento da PCB nel bresciano. Come storico ha scritto sul movimento operaio bresciano e poi sullo sterminio degli ebrei e sulle complicità con esso in Italia. 

Ora con questo suo lavoro Ruzzenenti affronta un  nodo centrale per l’Italia e l’Europa: le radici cattoliche dell’antisemitismo e la forma specifica di razzismo, culturale quanto popolare, che da esso deriva. Ricerca importante sul piano storico, ma anche su quello dell’attualità politica. Oggi che sembrano nascere dal nulla sentimenti razzisti di massa nel nostro continente, è utile indagare sulle radici profonde che invece essi hanno nella storia europea e Ruzzenenti lo fa con un testo rigorosamente documentato e difficilmente contestabile. 

Le parole del 1939 del vescovo di Cremona sopra  citate definiscono la posizione della Chiesa nei confronti del nazismo che avviava lo sterminio degli ebrei. Quel razzismo veniva considerato “esagerato”, troppo violento e soprattutto pagano, privo di ispirazioni religiose.  La  Chiesa condannava le “esagerazioni” naziste, ma  si guardava bene dal condannare la discriminazione verso gli ebrei, anzi l’approvava. Le leggi razziali del fascismo furono sostanzialmente concordate tra il regime e la Chiesa, che mai le condannò, rivendicando solo un dissenso sui matrimoni misti. Un dissenso esclusivamente di potere, che riguardava chi dovesse decidere, lo stato o la Chiesa,  su quali matrimoni ammettere e quali proibire. Ruzzenenti documenta il consenso reale della Chiesa alle leggi razziali,  costruite dal fascismo con una minuziosa trattativa con le autorità ecclesiastiche, pertanto senza ricorrere all’armamentario nibelungico del razzismo tedesco. “Discriminare e non perseguitare” affermò Mussolini ed era quanto la Chiesa gli chiedeva di dire. Una Chiesa la cui posizione potrebbe essere così brutalmente sintetizzata: no allo sterminio, sì all’apartheid. Un razzismo di altro segno, ma certo non meno feroce. Ruzzenenti sottolinea la gravità delle misure razziali del fascismo, la loro ferocia per migliaia di persone, altro che il razzismo all’acqua di rose di cui scrive Renzo De Felice. Gli ebrei non erano più cittadini, non avevano più diritti umani, erano cacciati al di fuori della comunità. Questa loro condizione di senza diritti li abbandonava come pecore in mezzo ai lupi e quindi era la premessa per il loro sterminio. 

Ruzzenenti dimostra anche che le leggi razziali del fascismo non erano particolarmente diverse da quelle naziste, ed entrambe avevano molto in comune con la precedente  discriminazione cattolica verso gli ebrei, quella che per secoli li aveva rinchiusi nei ghetti. 

E qui giungiamo alla tesi di fondo del libro. La Chiesa Cattolica non si accostò al razzismo fascista  per opportunismo, cercando di evitarne l’unione , che poi puntualmente avvenne, con il nazismo. Questa tesi giustificazionista costruita  a posteriori non sta in piedi e Ruzzenenti la dimostra carte alla mano. La Chiesa non subì l’antisemitismo, cercando a modo suo di mitigarlo, ma era titolare di un proprio antisemitismo, che rivendicò a lungo e che ha messo in discussione, con molta ambiguità, solo dopo il Concilio Vaticano II. E questo antisemitismo non era solo il prodotto del cosiddetto antigiudaismo popolare, che affondava nella notte dei tempi e che era  alimentato da tutti poteri per costruire consenso sulla guerra tra i poveri e la caccia alla streghe. 

No, la Chiesa ha assunto l’antisemitismo come dottrina sociale e politica in epoca moderna. Innanzitutto nella Spagna all’apice della sua potenza mondiale, nel 1500 e nel 1600. Gli “Estatutos de limpieza de sangre” in Spagna e nei paesi da essa dominati erano un vero e proprio antenato delle leggi razziali naziste. Infatti con essi gli ebrei venivano perseguitati non solo per la religione che professavano, ma come  popolo, come “razza”, anche se convertiti. Non era più solo la purezza della religione professata, ma quella del sangue,  ad essere giudicata. Lì nasceva il razzismo europeo. 

Successivamente fu alla fine del 1800, nella società sconvolta dal capitalismo, ma anche dalle ideologie opposte, ma che la Chiesa considerava ugualmente nemiche, del liberalismo e del socialismo,  fu allora che la Chiesa ricostruì e rafforzò il proprio antisemitesmo. Antisemita fu il papato di Leone XIII, il pontefice della Rerum Novarum, del rientro della Chiesa nella vita sociale  e politica nell’Europa alla fine del dicianovesimo secolo. 

I partiti democratici cristiani che allora nacquero in Francia e In Austria, il cattolicesimo sociale che cominciava a  svilupparsi in Italia, consideravano la lotta contro gli ebrei strettamente legata alla idea di società  che volevano affermare. Una idea di società organica, che superasse le asprezze del capitalismo con un restaurato ordine medioevale, con Dio Patria e Famiglia alla guida. Gli ebrei erano quindi accusati di essere portatori di entrambi i convergenti attacchi agli equilibri della società cristiana. Dall’alto con il cosmopolitismo finanziario  e il dominio del capitalismo senza patria, dal basso con la sovversione socialista senza Dio. E la Rivoluzione Francese, che aveva liberato gli ebrei dai ghetti, era posta sotto accusa anche per aver liberato le forze che avevano sconvolto i sani e cristiani equilibri della società medioevale.

La rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica per decenni sviluppò e propose questa forma di antisemitismo.

La vittoria della rivoluzione sovietica da un lato, il trionfo del capitalismo americano dall’altro rappresentarono per la Chiesa cattolica una sorta di realizzazione dell’incubo tanto temuto. Il bolscevismo era guidati da ebrei come gran parte delle multinazionali americane e tutti erano erano anticristiani, questo sostenevano prelati ed eminenti intellettuali cattolici, da Toniolo a Olivelli, non solo Hitler nel mein Kampf. 

La Chiesa cattolica quindi si accostò al fascismo con una propria dottrina antisemita e con una propria idea della difesa della nazionalità cristiana del popolo, fu un incontro tra due concezioni reazionarie, non una sottomissione dell’una all’altra. 

Certo, poi settori del mondo cattolico e cristiano si sono battuti contro la ferocia fascista e  nazista. Telesio Olivelli, uno dei più brillanti teorici della via italiana e cattolica al razzismo, divenne partigiano e morì in un lager. Ma i riscatti individuali non cancellano le responsabilità della istituzione e di chi la guidava. 

Anzi, sottolinea Ruzzenenti, fu proprio la dottrina cattolica di allora ad avvicinare al razzismo un popolo che di suo non coltivava i sentimenti antisemiti dei tedeschi o dei polacchi. “..Se un certo  consenso popolare alla svolta antisemita del regime si realizzò in Italia, lo si deve, probabilmente soprattutto al ruolo svolto dai fautori della via nazionale fascista e cattolica all’antisemitismo..” 

E qui il libro di Ruzzenenti entra nell’attualità e ci costringe a riflettere sui meccanismi che oggi  stanno di nuovo diffondendo  razzismo a livello di massa. Un razzismo che viene negato nel momento stesso in cui viene diffuso, che sostituisce i migranti alla minaccia bolscevica, che attacca la globalizzazione, ma solo per colpire l’ebreo Soros . Non sono razzista, ma.. e i mostri ritornano da dove pensavamo di averli seppelliti. 

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