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Lo spartiacque delle “Giornate di Aprile”. Quattro compagni uccisi in tre giorni

Il 16 aprile 1975 a Milano, al termine di un corteo per il diritto alla casa alcuni militanti del Movimento Studentesco presso piazza Cavour incrociarono alcuni fascisti del Fronte Universitario d’Azione Nazionale.

I fascisti sono in inferiorità numerica e fuggono. Uno di loro Antonio Braggion, si rifugia nella propria macchina. I militanti del MS circondarono la vettura e cominciarono a colpirla con oggetti contundenti mandandone in frantumi i vetri. Braggion dall’interno della vettura esplode tre colpi di pistola di cui uno ferì a morte il militante del Movimento Studentesco Claudio Varalli.

Già la sera stessa a Milano e poi in tutta Italia, la risposta antifascista all’omicidio di Claudio Varalli è dura. Nelle città si svolgono durissime manifestazioni di protesta con assalti alle sedi fasciste e scontri con la polizia.

Il giorno successivo, il 17 aprile, a Milano un enorme corteo prende d’assalto la federazione centrale del MSI di via Mancini. I carabinieri posti a difesa della sede dei fascisti rispondono con lancio di candelotti ed anche con colpi d’arma da fuoco. Il corteo risponde a sua volta e una decina di automezzi dei carabinieri vengono bruciati. A un certo punto le forze dell’ordine scappano disordinatamente, mentre gli scontri si estendono.

Alle 12,40 arrivano di rinforzo altri carabinieri che uccideranno Giannino Zibecchi militante dei Comitati di Vigilanza Antifascista. Un camion dei carabinieri dopo numerosi caroselli in via XXII Marzo sale sul marciapiede contro i manifestanti che stanno fuggendo, e, sterzando, passa sopra Giannino Zibecchi.

Zibecchi rimane a terra, schiacciato e privo di vita, con il viso orrendamente sfigurato e il cervello che giace a poca distanza dal cadavere. Intanto fischiano i colpi d’arma da fuoco sparati da carabinieri.

Nello stesso giorno, 17 aprile 1975, a Torino, nel quartiere operaio della Falchera alla periferia nord, un gruppo di compagni e compagne di Lotta Continua stava allestendo un locale occupato per farne una sede.

Tra loro c’è Tonino Micciché, 25 anni, emigrato siciliano, ex operaio Fiat licenziato per motivi politici. Un uomo si avvicina al gruppo e quando si trova a un metro da Tonino estrae una calibro 7.65, di quelle in dotazione alle guardie giurate e gli spara in testa. Tonino Miccichè muore all’istante.

Siamo al 18 aprile, a Firenze, durante una manifestazione per i compagni uccisi a Milano, la polizia spara e ammazza un altro compagno, Rodolfo Boschi un militante del PCI e ne ferisce un altro, Francesco Panichi, militante dell’Autonomia Operaia; 

La manifestazione di Firenze era stata indetta dall’ANPI non lontano dalla Federazione del MSI. Ma prima che il corteo si formi la polizia, presente in gran numero a proteggere la sede fascista, carica i gruppi di compagni che si trovano sparsi tra il luogo del concentramento e la sede del MSI. L’ANPI sposta il concentramento in Piazza S. Marco per tenere il comizio previsto al termine del quale però gli scontri con la polizia non cessano ma si protraggono fino a tarda sera in tutta la zona.

Rodolfo Boschi, impiegato dell’ENEL, fa parte da tempo del servizio d’ordine del PCI e durante il concentramento per la manifestazione dell’ANPI partecipava al presidio delle strade che conducono alla sede del MSI.

In via Nazionale, una squadra di «picchiatori» composta da 9 individui in borghese, sta pestando un compagno della sinistra extraparlamentare. Boschi insieme ad altri compagni, è nelle vicinanze e di fronte al brutale pestaggio fa per intervenire così come Panichi. Ma i picchiatori erano agenti di polizia che sparano sia su Boschi che Panichi, il primo è colpito al capo e muore, il secondo viene ferito all’ascella.

L’omicidio di Claudio Varalli avvenuto il 16 aprile 1975 innesca quelle che passeranno alla storia come “le giornate di aprile”, che si configurano quasi come un’ondata insurrezionale di fronte al fatto che nel giro di 3 giorni ben 4 compagni vengono ammazzati dai fascisti (Varalli a Milano e Miccichè a Torino) e dalle forze dell’ordine (Zibecchi a Milano e Boschi a Firenze).

Per molti militanti della sinistra, extraparlamentare e non solo, le Giornate di Aprile 1975 furono uno spartiacque sulla decisione di ricorrere anche all’uso della forza nella militanza, nella difesa dell’agibilità politica e della stessa vita dei militanti. Un passaggio sul quale la narrazione tossica sulla violenza politica negli anni Settanta opera una sistematica omissione.

Alle spalle delle sanguinose Giornate di Aprile c’erano già i morti ammazzati nelle stragi di Stato a Piazza Fontana (1969), di Brescia e dell’Italicus (1974) e dei compagni uccisi nelle piazze negli anni appena precedenti (Saverio Saltarelli, Franco Serantini, Roberto Franceschi, Mariano Lupo, Fabrizio Ceruso).

Gli apparati dello Stato e i fascisti avevano più volte dimostrato di non aver scrupoli nell’uccidere i militanti della sinistra con un livello di impunità che non poteva più essere accettato.

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