Michele Giorgio
INVIATO A GAZA
La notte tra il 14 e 15 aprile passò tra la speranza e l’angoscia. Vittorio Arrigoni, si era appreso nel pomeriggio, era stato rapito il giorno prima a Gaza da un gruppo che si definiva salafita e che in cambio della sua liberazione chiedeva la scarcerazione di un leader del gruppo qaedista alTawhid walJihad. Un pugno allo stomaco, di quelli che ti lasciano senza respiro. Non si riusciva a crederlo, eppure era vero. Da Gaza però arrivavano indiscrezioni rincuoranti, diffuse a mezza bocca da esponenti del governo di Hamas che in poche ore aveva arrestato due dei cinque sequestratori, uno dei quali aveva rivelato subito dove veni va tenuto ostaggio Vittorio. L’attivista e giornali sta italiano, assicurava il vice ministro degli esteri Ghazi Hamad, sarebbe stato liberato molto presto. Chi in Italia, a Gaza e in tanti altri posti del mondo seguiva e stimava Vittorio non riuscì a chiudere occhio quella notte, in attesa della buona notizia che non sarebbe mai arrivata. Infatti, all’01.57 ora italiana, un breve lancio dell’agenzia di stampa Reuters avrebbe annunciato che «Il corpo di Vittorio Arrigoni è stato trovato in una casa nella striscia di Gaza». Poche asciutte parole che spalancarono le porte dell’abisso, umano e politico, dell’assassinio di un uomo di 36 anni che di fronte a morte,di struzioni e la negazione del diritto, quando il cuore grida rabbia e vendetta, non si stancava di ripeterci: «Restiamo Umani». I pensieri di tanti corsero subito alla sua famiglia, per stringersi intorno a quei genitori che Vittorio stimava e amava e dei quali parlava spesso agli amici più stretti.
Oggi 15 maggio, ad un mese esatto dalla notte dell’incubo e dalla barbara uccisione di Vittorio mentre nella «sua» Gaza sono giunti per ricordarlo, assieme ai palestinesi, dozzine di amici e sostenitori italiani e di altri paesi del Convoglio «Restiamo Umani» (Co.R.Um) sappiamo poco o nulla dei motivi che spinsero i rapitori a compiere quell’atto infame. L’intelligence di Hamas ha ricostruito tutti i particolari del sequestro e ha subito individuato i cinque rapitori di Vittorio (due dei quali, Bilal Omari e il presunto «capo», il giordano Abdel Rahman Breizat, sono rimasti uccisi in un conflitto a fuoco con i reparti speciali della polizia), ma sino ad oggi non ha diffuso alcuna informazione sugli interrogatori dei tre arrestati: Farid Bahar, Tamer Hasasnah e Mohammed al Salfiti. Sono caduti nel vuoto tutti i tentativi, formali e informali, del manifesto di ottenere un colloquio con i responsabili della sicurezza e delle indagini, Salam Abu Sharakh e Hassan Seifi. La disponibilità mostrata dal viceministro degli esteri Ghazi Hamad, sin dal momento del ritrovamento del cavadere di Vittorio, di fare il possibile per arrivare entro pochi giorni all’accertamento di tutte le responsabilità, non ha prodotto alcun risul tato concreto per chi attende con impazienza di sapere perché è stato ucciso un uomo che aveva dedicato gli ultimi anni della sua vita interamente ai diritti dei palestinesi di Gaza.
A mani vuote è rimasto sino ad oggi anche il Centro di Gaza per i Diritti Umani (Cgdu), incaricato dalla famiglia Arrigoni di seguire le inda ginie di recuperare le cose appartenute a Vittorio. L’unità legale del Cgdu è riuscita soltanto a sapere dal procuratore generale che le indagini, nelle scorse settimane, sono state avocate dalla procura militare, visto che uno dei tre arrestati, Mohammed al Salfiti, è un membro dell’apparato di sicurezza di Hamas (gli altri due, Bahar e Hasasnah, sono fuoriusciti dal braccio armato del movimento islamico Ezzedin Qassam). Il centro per i diritti umani ha subito con tattato il procuratore militare che da parte sua ha riferito soltanto che l’intelligence militare ha condotto le indagini, ha interrogato i detenuti e, fatto rilevante, ha terminato le indagini. Oltre a ciò non ha né dato ulteriori dettagli o informazioni. Tuttavia fino a qualche giorno fa presso la corte militare non vi era alcun fascicolo depositato relativo a Vittorio, il che significa che la procura militare non ha ancora assunto alcuna determinazione. Non si sono fatti passi in avanti anche nella questione del recupero di otto oggetti appartenuti a Vittorio (tra i quali un computer). L’intelligence militare ha consigliato di inoltrare una richiesta specifica al ministero degli interni, cosa che il Cgdu ha immediatamente fatto senza però ottenere, sino ad oggi, una risposta.
Dall’intelligence si attendono peraltro informazioni più dettagliate su Abdel Rahman Breizat, 22 anni, «mente» del gruppo (presunto) salafita, che, secondo la versione ufficiale, è morto suicida dopo aver ucciso, lanciando una bomba a mano, il suo compagno Bilal al Omari nella casa dove erano stati individuati e circondati dalla polizia. La madre di Breizat, rapida nel difendere la reputazione del figlio dopo l’uccisione di Vittorio, adesso tace e di lei non si sa nulla mentre a Madaba, la cittadina giordana da dove proveniva la «mente», tutti tengono la bocca chiusa. Le autorità di Gaza inoltre non hanno ancora precisato per quale istituto di carità Breizat aveva lavorato come autista prima di essere, si dice, espulso e su come sarebbe rientrato poi nella Striscia (dai tunnel?). A Gaza circola insistente la voce che sarebbe stato proprio il giovane giordano a soffocare Vittorio, già nella tarda serata del 14 aprile, ma solo il governo di Hamas può chiarire i tanti interrogativi senza una risposta, rivelando il contenuto degli interrogatori di Bahar, Hasasnah e al Salfiti.
Lanciare ad Hamas una accusa di reticenza è prematuro, forse già oggi il premier islamico Ismail Haniyeh fornirà qualche informazione durante l’incontro che avrà con il Co.R.Um. Ma è doveroso sottolineare con forza che la famiglia Arrigoni e tutti coloro che seguivano e stimavano Vittorio hanno il diritto di conoscere la verità al più presto. Il governo di Hamas non può sottrarsi ancora a lungo a quest’obbligo.
Intanto questa mattina il Convoglio «Restiamo Umani» e i pescatori palestinesi terranno la commemorazione ufficiale di Vittorio al porto di Gaza city. Verranno ricordato le tante missioni da «scudo umano» che l’attivista italiano aveva svolto in mare, nel tentativo di proteggere i pescherecci palestinesi inseguiti dalla Marina militare israeliana. Già ieri la delegazione italiana ha incontrato i pescatori e visto la barca “Oliva” che il 20 aprile ha inaugurato la missione del Civil Peace Service per il monitoraggio delle violazione dei diritti umani nelle acque di Gaza. «Il nostro viaggio sulle orme di Vittorio sta andando bene – ha detto Alessandra Capone, amica di Arrigoni e decisa a portare avanti il suo impegno – ieri abbiamo incontrato un gruppo di giovani di Gaza con il quali abbiamo discusso di media e comunicazione. È forte l’intenzione di ritessere le fila dell’informazione da Gaza per continuare le testimonianze che Vittorio ci dava giorno dopo giorno attraverso il suo blog e la sua pagina in Facebook. L’idea è quella di allestire un sito ad hoc con aggiornamenti quotidiani e notizie in varie lingue, non solo sul l’assedio (israeliano di Gaza) ma anche sulla produzione culturale palestinese. Sarebbe un modo per dare la possibilità soprattutto ai più giovani di far sentire la loro voce».
da “il manifesto” del 15 maggio 2011
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