In varie regioni dello stato spagnolo il clima è più che incandescente, e dal nord arriva una notizia interessante. Molto interessante.
Mentre migliaia di minatori sono impegnati in un durissimo braccio di ferro con le aziende e il governo – nei giorni scorsi hanno marciato, occupato i pozzi ed eretto barricate di fuoco su numerose strade della regione – nel principato che è stata la culla del movimento operaio iberico sta andando in scena la rivolta della base di Izquierda Unida, il partito maggioritario della sinistra spagnola. Nonostante in questi ultimi anni numerosi militanti e attivisti radicali e quadri operai siano stati già espulsi o allontanati dal partito con varie motivazioni, la base non ci sta a fare da ruota di scorta, da serbatoio di voti per un governo con gli odiati socialisti del Psoe. Soprattutto se le loro politiche non si discostano né da quelle dei governi socialisti del passato, e neanche troppo dal massacro sociale senza precedenti che il governo di destra di Rajoy sta imponendo ovunque su input della troika.
E allora, quando la direzione della federazione delle Asturie di Izquierda Unida ha deciso di varare un governo di coalizione per sostenere il socialista Javier Fernandez, rieditando la formula già adottata nel 2003 e nel 2007, i militanti hanno protestato e la direzione è stata obbligata ad organizzare un referendum. Gli iscritti sono stati chiamati a partecipare a delle assemblee in tutte e 22 le sezioni del partito nella regione e poi a votare. I no all’inciucio sono stati ovunque maggioritari, ma soprattutto nelle zone operaie e minerarie in lotta permanente negli ultimi anni contro uno smantellamento industriale che ha messo in ginocchio i lavoratori del ‘Principato’. Dai militanti del partito è venuto un ‘no’ secco ad un accordo senza garanzie e al ribasso, che concederebbe a IU solo due assessorati e che non influirebbe per nulla sulle politiche liberiste e di austerity promosse ovunque dai socialisti. Con la conseguenza che Jesús Iglesias, il segretario di IU nelle Asturie, difensore dell’inciucio, si dovrà dimettere. Un terremoto anche per il partito a livello statale che, reduce da un ottimo risultato alle ultime elezioni generali, non ha saputo sfuggire in molti casi al richiamo della foresta del governismo. Ma nel partito i malumori e a volte una vera e propria rivolta sta mettendo in discussione il dogma dell’alleanza con il Psoe, che da tempo ha ridotto la Sinistra Unita ad una appendice dei governo liberisti. La strada, invocano militanti e attivisti, è quella greca: una sinistra plurale ma radicale, indipendente e capace di stare nelle lotte e di non svendersi.
E proprio in questi giorni sono molto agitate le acque anche dentro la sezione andalusa di IU, che qui si chiama IULV-CA (Izquierda Unida Los Verdes – Convocatoria por Andalusia). Dopo numerose proteste, espulsioni e dimissioni mesi fa il partito decise di appoggiare un governo di coalizione con i socialisti. La direzione riuscì a convincere i militanti a votare a favore dell’ingresso nel governo regionale durante una consultazione interna, in nome di un programma di rottura con le politiche precedenti degli uomini di Zapatero e Rubalcaba. E il governo fu. Ma ora i primi provvedimenti del Presidente della Regione sono in linea con quelli dei governatori del Partido Popular, altro che rottura o discontinuità. Il 15 maggio scorso il governo dell’Andalusia ha deciso il taglio di 2,5 miliardi di euro al bilancio della regione, un massacro. Che senso ha, si chiedono i militanti delle organizzazioni sindacali e politiche della sinistra, dentro e fuori IU, chiedere i voti dei lavoratori , dei disoccupati e dei giovani contro le politiche di ‘austerity’ e poi votarle nei parlamenti regionali o municipali? Oltretutto i tagli, fanno notare i lavoratori organizzati nel battagliero sindacato andaluso Cut, sono tutt’altro che egualmente ripartiti. “E’ scandaloso che un assessore si riduca il compenso solo del 5% mentre un lavoratore precario della sanità vedrà diminuire il suo salario del 15%, pur guadagnando cinque volte di meno” denuncia in un comunicato il sindacato che è sul piede di guerra.
In attesa delle decisioni e di un auspicabile cambio di rotta da parte della direzione di Izquierda Unida, la situazione sociale ed economica dello Stato Spagnolo si fa sempre più grave. La disoccupazione viaggia verso quota 25%, e pare che il governo Rajoy voglia appesantire e aumentare i già draconiani 28 miliardi di tagli approvati nelle ultime settimane. E il bastone dei poliziotti continua ad essere l’unico strumento di contatto tra il governo e i settori sociali che si mobilitano. Ieri centinaia di lavoratori hanno manifestavano di fronte al Congresso dei Deputati di Madrid per denunciare che gli emendamenti alla famigerata riforma del lavoro peggiorano ancora di più l’impatto della norma già approvata l’11 febbraio dal Consiglio dei Ministri. Ad un certo punto alcuni lavoratori hanno cominciato a premere sui cordoni di Polizia e gli agenti sono passati alle maniere forti. E non solo contro i lavoratori, ma anche contro i giornalisti che stavano documentando quanto accadeva, cercando di bloccare chi stava realizzando delle riprese.
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