Menu

Afghanistan: i signori della guerra vogliono sciogliere l’unico partito progressista

L’Afghanistan antitalebano occupato dagli Stati Uniti – e dall’Italia – somiglia sempre di più a quello dominato dagli studenti coranici, fino a quando l’attacco alle Torri Gemelle non consentì a Washington e alla Nato di invadere il paese. Soprattutto in Afghanistan diventa sempre più difficile, e pericoloso, pensare, avere un’idea diversa da quella dei signori della guerra che imperversano mascherati da leader politici democratici.

L’ultimo atto di una stretta autoritaria in via di accelerazione – man mano che il governo fantoccio di Karzai perde credibilità e autorevolezza tra la popolazione – è stata la sospensione del Partito della Solidarietà Hambastagi da parte del Ministero della Giustizia afghano che ha annunciato anche l’avvio di indagini da parte dei Servizi Segreti e del Ministero degli Interni per un’eventuale denuncia legale nei confronti dei suoi esponenti accusati di aver insultato la “Jehad”.

Lo scorso 30 aprile, nel ventesimo anniversario della presa del potere di Kabul da parte delle milizie fondamentaliste (tornate al potere dopo la cacciata dei talebani nella nuova veste ‘democratica’) l’unico partito laico e di sinistra presente in parlamento, Hambastagi, aveva organizzato una partecipata manifestazione per chiedere giustizia per le vittime civili e la deposizione dei capi tribali che si sono appropriati delle istituzioni del paese, forti della copertura e della protezione delle truppe della Nato.

In seguito a quella mobilitazione, Hambastagi aveva denunciato di aver subito forti pressioni e serie minacce da parte di deputati e senatori che proprio sulla base del corteo del 30 aprile hanno chiesto l’annullamento dello status giuridico del partito e la sua il legalizzazione di fatto.
“Nato nel 2004, Hambastagi è un partito laico e democratico che si oppone ai criminali di guerra al governo del paese e alla presenza della NATO, denunciandone la volontà di stabilire basi permanenti in Afghanistan una volta ultimato con successo il ritiro formale delle truppe” spiega in un comunicato il Cisda, il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane. Hambastagi vanta oltre 30.000 iscritti e ha costruito negli anni una presenza capillare nelle province e nelle zone rurali promuovendo l’educazione e il coinvolgimento attivo della cittadinanza alla ricostruzione del paese.
Nonostante le minacce e le aggressioni contro i suoi militanti e i suoi dirigenti, Hambastagi non ha rinunciato alla sua presenza nel paese e nella vita politica attiva, scatenando così le ire dei signori della guerra che con la sua sospensione provano a delegittimarlo e farlo tacere.

“La stigmatizzazione delle opposizioni politiche, rappresentata da questo grave episodio, si riflette anche sul rischio di marginalizzazione delle organizzazioni non governative locali che non sono perfettamente allineate con il governo afghano e la presenza delle truppe nel paese. Non a caso, gli USA hanno spostato la gestione diretta dei fondi per lo sviluppo dal Ministero degli Esteri, a quello della Difesa e poi ai PRT (Provincial Riconstruction Team)” denuncia il Cisda che poi aggiunge: “Invitiamo le associazioni e le istituzioni italiane a richiedere l’integrazione del partito d’opposizione afghano Hambastagi e a richiamare e condannare tale politica che arreca anche il rischio di indurre alla clandestinità e di estremizzare le opposizioni che, al contrario, dovrebbero convivere pacificamente all’interno di una democrazia reale”.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *