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Cina, les jeux sont faits

In Cina la scorsa settimana si è concluso il processo di elezione dei delegati al diciottesimo congresso nazionale del Partito che si terrà il prossimo ottobre, cinque anni dopo quello del 2007 e dieci dopo quello del 2002.
Il processo di elezione dei delegati che rappresenteranno gli oltre 82 milioni di iscritti al Partito, su cui il presidente Hu è intervenuto in varie occasioni in questo periodo per dare istruzioni procedurali, è durato più di un anno.
La composizione dei 2270 nomi(50 in più del 2007) dei delegati, pubblicata in una lista di cui si è dato notizia nella prima conferenza stampa dedicata a questo tema nella storia del Paese, presenta una composizione interessante.
Il primo elemento che si registra è quello di un ridotto ma significativo aumento dei delegati nazionali provenienti dalle organizzazioni di base(iscritti di base alle sezioni e comitati di villaggio), del 2.1% rispetto al congresso del 2007. La percentuale dei delegati al congresso nazionale provenienti dalla base del Partito sale così al 30.5 percento del totale, e quella degli ufficiali/funzionari, dai livelli più bassi a quelli più alti, è scesa sotto la soglia del 70% portandosi al 69,5%.
L’obiettivo che il Partito si era dato, ovvero 68 % di funzionari e 32% di iscritti di base, è stato quasi raggiunto. Il 10% dei delegati invece doveva provenire dai lavoratori del settore secondario(industria) e dai servizi, di aziende pubbliche e private, ma in questo caso, incrociando i dati, pare che siamo un po’ sotto la percentuale(169 su 227 previsti).
Infatti tra tutti i delegati, la categoria che ha visto l’aumento più alto è stata quella dei lavoratori dell’industria e dei servizi, che è passata dai 51 delegati del congresso del 2007 ai 169 di quello di quest’anno(più del 300% di aumento), dei quali 26 espressione dei lavoratori migranti. Percentuali ancora basse ma in via di miglioramento. Tali percentuali dei delegati nazionali peraltro non devono stupire, in un Partito di 82 milioni di membri composto in gran parte da operai, contadini e studenti, dati gli strettissimi criteri di selezione dei delegati nazionali. In questo senso le percentuali dei delegati al congresso non rispettano le percentuali della composizione sociale del complesso degli iscritti al Partito, e tuttavia tale composizione sociale non è immediatamente indicativa delle posizioni politiche, quanto solo in maniera deduttiva. Le percentuali più importanti, ovvero quelle sulla nebula delle posizioni politiche, non vengono ovviamente rilasciate per ragioni di riservatezza interna né sarebbero facilmente quantificabili di per sé, eppure saranno quelle che conteranno al congresso. D’altronde, come dicevamo, gli stretti criteri di selezione per i delegati nazionali e la particolare funzione del Pcc in cui gli iscritti di base occupano spesso posizioni ufficiali in un intreccio in cui l’apparato del Partito si fonde con lo quello dello Stato a tutti i livelli, il fatto che iscritti con requisiti tali da accedere all’élite dei delegati nazionali mantengano un ruolo di lavoratori di base o di lavoratori migranti, appare facilmente come l’eccezione più che la regola.
Inoltre il congresso vedrà una percentuale maggiore di delegati più giovani. Secondo Wang Jingqing, vice capo del dipartimento Organizzazione del Partito, dei 2270 delegati totali ben 1640 si sono iscritti al Partito dopo il 1976, il 20.5% in più rispetto al congresso del 2007 . In questo alcuni commentatori hanno voluto vedere l’affermazione di un’area che è entrata nel Partito nel periodo del lancio della politica di Riforma e Apertura, e quindi su posizioni più liberiste. Tale analisi tuttavia non tiene conto del fatto che dal 2002, anno dell’entrata alla presidenza di Hu ma anche in precedenza, il numero degli iscritti al Partito ha avuto un’esplosione, passando dai precedenti 65 milioni fino agli attuali 82 milioni, con un boom di iscrizioni di giovani studenti e lavoratori. Questo spiega l’aumento della percentuale di delegati nazionali di iscritti successivamente al 1976, più che essere riconducibile a posizioni politiche specifiche. Anzi, se volessimo formulare delle ipotesi, l’età più giovane dei delegati in questione potrebbe più logicamente ricondursi ad una maggiore provenienza dai ranghi dei tuanpai, ossia dalla lega della gioventù comunista che è una delle forti basi del consenso del presidente Hu, e quindi più lontana da posizioni “liberiste”. Ma qui, ripetiamo, si entrerebbe nel campo della speculazione.
Quello che invece ci sentiamo di affermare con maggiore sicurezza è che partendo dagli attuali dati, non sembrano essere intervenute modifiche di rilievo rispetto ai rapporti di forza interni registrati nel congresso del 2007, anzi la composizione sociale pare aver avuto un leggero miglioramento.
In questo senso la “cavalcata liberista”, ovvero lo sfondamento di posizione interno di posizioni volte allo smantellamento dell’attuale sistema, cui avevamo accennato anche in un precedente articolo, pare, allo stato attuale, essere stata effettivamente stoppata, in linea, a meno di improbabili colpi di scena, con le previsioni che avevamo formulato in quella sede.
Un altro aspetto che invece salta subito agli occhi riguarda il trattamento del caso Bo Xilai da parte della stampa estera. Dato infatti che il periodo appena trascorso, ovvero quello dell’elezione dei delegati nazionali, era quello più delicato perché comprendeva tutti i congressi, locali, di distretto, contea, provinciale, ecc… e di fatto costituiva il grosso del congresso stesso, quello in cui sono stati stabiliti o confermati i rapporti di forza nazionali, il concentrarsi della stampa estera sul caso Bo proprio in questo periodo ha rappresentato un chiaro caso di ingerenza in una fase chiave del processo politico del paese. Non a caso l’attenzione sul congresso da parte della stampa estera pare essere calata con la notifica della sentenza capitale con sospensiva biennale alla moglie di Bo, Gu Kailai, e probabilmente si ridesterà flebilmente solo in Ottobre. É interessante notare come anche molti commentatori occidentali riconoscano che la vicenda non sia stata in realtà utilizzata come base per un regolamento di conti politico interno al Partito, in questo modo smentendo le speculazioni precedenti della stessa stampa che invece andavano in tal senso. La vicenda ha mantenuto i toni dell’inchiesta giudiziaria e non è stata politicizzata più di tanto(a parte la chiusura dei siti più estremisti che inneggiavano a Bo anche dopo la sua destituzione, per esternazione pubblica di posizioni divergenti da quelle complessive del Partito e il repulisti del comitato cittadino di Chongqing contro gli ufficiali ad egli più legati).
E’ invece interessante la notizia, lanciata da un’agenzia di informazione e da un giornale giapponese, secondo la quale 1600 membri del Partito, tra cui l’ex responsabile dell’Ufficio nazionale di Statistica, avrebbero sottoscritto un appello contro l’attuale presidente Wen Jiabao accusandolo di voler gradualmente aumentare la percentuale di industria privata nel pil nazionale e di aprire i canali del credito ai privati, con l’obiettivo di un graduale smantellamento della funzione dominante della parte statale dei mezzi di produzione che è la base dell’attuale politica economica cinese, in questo allineandosi ai diktat della banca mondiale contenute nel rapporto China 2030.
Data l’attuale mancanza di conferma da parte di fonti attendibili da parte cinese su tale vicenda, pur non essendo nuove, per tradizione politica, iniziative del genere(ricordiamo la simile notizia di qualche tempo fa ma da parte di un’area intera più liberista che chiedeva l’applicazione di riforme su modello charta 08), e vista la cautela financo della stampa occidentale sulla veridicità della notizia, qui ci sentiamo di formuare solo varie ipotesi nel caso si tratti di verità o di campagna propagandistica estera.
Nel primo caso rimane il dubbio se tale lettera esprima un attacco per interposta persona tra i vertici del Partito e le posizioni di riforma politica di Wen in modo da fargli “perdere la faccia”, per via dell’attacco frontale pubblico, e quindi a ridimensionarne il peso politico esprimendo quel “colpo alla botte” che avevamo preconizzato in un articolo che aveva preceduto di pochi giorni la pubblicazione della notizia stessa da parte dell’agenzia giapponese, dopo il “colpo al cerchio”dato alle posizioni di estrema sinistra con la destituzione di Bo, o al contrario un elemento di debolezza delle posizioni interne più di sinistra costrette a ricorrere ad un appello. Quanto invece nel secondo caso, ovvero di bufala orchestrata dall’esterno, sorge un altro dubbio relativo al fatto che indicare in Wen il propugnatore di uno smantellamento totale degli elementi di socialismo in Cina potrebbe significare o un tentativo di caricare dall’esterno tale personalità politica di tali valori in modo da essere più facilmente riconosciuto da quei settori della società cinese che spingono per riformare il sistema in questo senso, o un goffo tentativo di estremizzare le posizioni in modo da tentare di destabilizzare il quadro politico dall’esterno, nell’ambito del progetto statunitense di ridimensionamento del ruolo della Cina e del suo progressivo contenimento.
I recenti elementi di tensione con il Giappone riguardo il caso delle isole Diaoyu/Senkaku, che anche essi qui su Contropiano avevamo previsto, in un articolo ad aprile di quest’anno relativo alle prime esercitazioni navali sino-russe, e poi in un articolo del 14 maggio di quest’anno sulla crisi tra Pechino e Manila, come nervi scoperti nell’area e probabili fonti di tensione politico, diplomatica, e militare, come poi si sta attualmente verificando, arricchiscono il tema qui più volte affrontato del tentativo di accerchiamento statunitense, anche tramite i suoi alleati come il Giappone, del gigante asiatico. La diversità rispetto al caso delle Filippine, in cui manu militari il controllo dei territori contesi è attualmente in mani cinesi a differenza delle isole in questione, controllate dal Giappone anche militarmente, rappresenta di per sé una sorta di rivincita diplomatica sulla Cina rispetto a come è stata gestita la crisi con Manila. Fonti interne cinesi che suonano l’allarme rispetto all’acquisto di mezzi navali da guerra da parte giapponese proprio in questi giorni, non fanno che confermare tali preoccupanti linee di tendenza rispetto alla militarizzazione dei rapporti di forza in Asia e alla possibilità di scivolamento verso scenari di guerra aperta.
http://english.cpc.people.com.cn/66102/7914075.html
http://english.cpc.people.com.cn/66102/7914080.html
http://english.cpc.people.com.cn/66102/7914081.html
http://english.cpc.people.com.cn/66102/7914082.html
http://english.peopledaily.com.cn/90785/7913619.html
http://english.cpc.people.com.cn/66102/7909417.html
http://www.worldbank.org/en/news/2012/02/27/china-2030-executive-summary
http://cinapopolare.blogspot.it/2012/08/il-pcc-verso-il-congresso-non-solo.html

 

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