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Il “duro lavoro” degli agenti della Cia

Ha fatto causa alla Cia per non aver usufruito dell’immunità diplomatica e dice di non sentirsi tutelata. Negli Usa rischia per questo una condanna, in Italia e nel resto del mondo potrebbe essere arrestata.
Sabrina de Sousa, una degli agenti Cia coinvolti nel caso Abu Omar, è ancora arrabbiata con i suoi “datori di lavoro”. Lo ribadisce oggi in una intervista rilasciata al corrispondente de La Stampa negli Usa. Era già stata intervistata a luglio dal Washington Post alla vigilia dell’apertura della revisione del processo davanti alla Corte di Cassazione a Roma che ieri l’altro ha condannato in contiumacia i 23 agenti della Cia e del Dipartimento di Stato Usa a pene tra i 7 e i 9 anni di carcere.
Alle accuse dei giudici italiani la De Sousa ha sempre risposto (dagli Usa e non certo in tribunale) di non aver svolto alcun ruolo nel sequestro del Imam Abu Omar avvenuto a Milano il 17 febbraio del 2003.

Secondo la sua versione – ribadita nell’intervista su La Stampa – il giorno del sequestro di Abu Omar si trovava addirittura a sciare con il figlio a a Madonna di Campiglio, ignorando che in quel momento fosse in corso il sequestro. Ma i giudici non le hanno creduto e la De Sousa è stata condannata per sequestro in contumacia assieme ad altri 22 agenti della Cia. Secondo l’accusa avrebbe partecipato all’organizzazione del sequestro pur senza parteciparvi in prima persona. Anche perchè per portare Abu Omar bendato e legato da Milano alla base militare Usa di Aviano, ha usato il telepass della sua macchina e la sua carta di credito in vari alberghi lasciando tracce indelebili e verificabili come ci insegnano tutti i film e le spy story che si rispettano.
Tre degli agenti Cia condannati dalla Corte di Cassazione, fra cui Jeffrey Castelli, accusato di essere la mente dell’operazione, hanno però ricevuto l’immunità diplomatica mentre alla De Sousa questa copertura non è stata concessa, malgrado figurasse fra i funzionari del Dipartimento di Stato presso l’ambasciata di Roma, prima di essere trasferita al consolato di Milano.
Nel 2009 De Sousa ha fatto causa alla Cia e al Dipartimento di Stato per la mancata concessione dell’immunità diplomatica ma ha perso ed ora è in attesa dell’appello. E intanto si è dimessa dalla Central Intelligence Agency perché, dopo la condanna, le era fatto divieto di viaggiare all’estero.
Ora che la sua condanna è stata confermata in Cassazione rischia un mandato di cattura internazionale.

 

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