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Nuovo assedio al Parlamento di Atene

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E’ atteso oggi a mezzanotte, come da tradizione, il voto definitivo del Parlamento greco sul Bilancio dello Stato per il 2013 che comprende la finanziaria 2013-2014 con i tagli e le nuove tasse voluti dalla troika (Ue, Bce e Fmi) come condizione indispensabile per concedere ad Atene ancora una tranche di aiuti da 31,5 miliardi. I deputati dovrebbero votare intorno a mezzanotte, come ormai accade ogni qualvolta il parlamento ellenico è chiamato a ratificare le decisioni prese a Bruxelles e Francoforte. Forse nella speranza che la rabbia dei lavoratori, dei giovani e dei disoccupati greci ad un certo punto della sera venga vinta, sconfitta dal sonno.

Ma anche questa volta nel centro di Atene, davanti all’enorme palazzo neoclassico blindato da centinaia di poliziotti in assetto antisommossa, si sono concentrate decine di migliaia di persone – 50 mila secondo le prime stime degli organizzatori – che non hanno voluto rinunciare a gridare il loro ‘oust’ (via, sciò, fuori) agli esecutori degli ordini della Merkel, dei poteri forti europei, delle istituzioni politiche e finanziarie comunitarie.

Mercoledì scorso a votare ‘si’ al pacchetto di austerity ‘lacrime e sangue’ e alla riforma del lavoro erano stati appena 153 dei 176 deputati eletti nei partiti che sostengono il governo fantoccio di Antonis Samaras, dopo l’espulsione di alcuni parlamentari dissidenti e la decisione degli eletti di Sinistra Democratica di astenersi. Stasera però Fotis Kouvelis e i suoi ‘compagni’ di Dimar dovrebbero votare a favore ‘per salvare il paese dal baratro’.

“Con il voto odierno del Parlamento sul Bilancio dello Stato mettiamo fine una volta per tutte alle voci circa un’uscita della Grecia dall’eurozona” ha dichiarato trionfalisticamente Simos Kedikoglou, portavoce del governo ellenico, alla Tv statale Ert. “Oggi dobbiamo chiedere (ai greci) sacrifici per fare in modo che ci sia speranza per le future generazioni. Ristabilire la credibilità del Paese – ha detto – è l’unico passaporto verso la ripresa” ha cianciato Yannis Stournaras, ministro delle Finanze di un governo che di credibilità ne ha sempre meno. I greci – i lavoratori dipendenti e i pensionati, non le classi agiate – di sacrifici ne hanno già fatti anche troppi, e i risultati sono stati disastrosi. E ora sul popolo greco si abbatte la nuova mannaia di 9 miliardi di euro di tagli, di cui 7,6 su salari e pensioni.

E così anche oggi decine di migliaia di persone stanno manifestando rispondendo all’appello dei sindacati e dei partiti di sinistra. Parecchie migliaia di loro sono già in Piazza Syntagma, insieme ai sindacati Adedy e Gsee e alla coalizione della sinistra radicale Syriza. Nella vicina piazza Omonia, invece, sono riuniti i lavoratori iscritti al sindacato comunista Pame. Altre grandi manifestazioni sono in corso in praticamente tutte le maggiori città elleniche, da Salonicco a Hiraklion, da Patrasso e Ioannina.

Già ieri sempre nella capitale centinaia di dipendenti delle amministrazioni locali, i più colpiti dalla legge sulla riduzione dei funzionari pubblici in Grecia, hanno manifestato davanti al Parlamento. “No ai licenziamenti, no alla cancellazione delle amministrazioni locali, le misure non saranno applicate”, recitava il più vistoso degli striscioni esposti dai manifestanti in piazza Syntagma. Tra loro anche i dipendenti comunali dei dipartimenti del Peloponneso che sui loro cartelli affermavano “No ai tagli allo stipendio, no ai contratti di solidarietà”, mentre i lavoratori pubblici di Patrasso chiedevano le “dimissioni del governo e della troika”. 

Quella troika che proprio ieri aveva fatto sapere a Samaras di voler conoscere i nomi dei 2000 dipendenti pubblici da licenziare entro la fine dell’anno, in attesa degli altri 20 mila da licenziare nei prossimi 12 mesi.

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