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L’Egitto grida libertà nella piazze


Tornano le tende bianche a Tahrir e le immagini della manifestazione antiMursi (gli organizzatori parlano di 100mila presenze) girano accanto a quelle Ahmed Gomaa, fotogiornalista d’un quotidiano privato e di Mohamed Qamash, cronista del periodico Al-Siyasi, ferocemente picchiati nei giorni scorsi perché raccontavano, chi con gli scatti chi a parole, gli scontri di venerdì 23. Ad altri è andato molto peggio. Gaber Salah del movimento 6 Aprile è morto domenica per le ferite riportate durante la battaglia delle pietre avvenuta in occasione della due giorni di protesta che era montata per l’anniversario delle vittime di Mohamed Mahmoud Street del 2011. Lunedì s’è svolto il suo partecipatissimo funerale. Lutto anche in una località prossima ad Alessandria che ha pianto il quindicenne, simpatizzante della Fratellanza Musulmana, coinvolto nei tafferugli fra chi protestava contro la Dichiarazione Costituzionale e i supporter del Presidente. Lui è finito ammazzato. Per evitare nuove contrapposizioni fra fazioni ieri il Partito della Giustizia e dello Sviluppo aveva annullato il proprio corteo a sostegno del Capo dello Stato. Così al Cairo c’è stato solo il raduno laico copioso e pacifico, mentre ad Alessandria e Mansoura in serata sono riapparse le devastazioni contro sedi della Fratellanza dopo che una folla minacciosa sfilava gridando un “vattene” corale rivolto a Mursi. A Mahalla i tafferugli hanno contrapposto ultrà del locale club di calcio e islamisti.

Testimoni sostengono che le Forze dell’Ordine hanno evitato d’intervenire anche quando gruppi di manifestanti appiccavano incendi. La polizia ha invece sparato lacrimogeni a Damanhour nella zona del Delta del Nilo disperdendo la folla. La tivù di Stato sostiene che l’Intelligence sta studiando strategie per evitare uno spostamento dei contrasti sul terreno d’una violenza aperta che il Paese aveva accantonato da un anno. Secondo l’ex deputato Hossam Khairallah, esperto in questioni di sicurezza, intervistato da Al-Ahram “La fase è delicatissima, il Presidente e i suoi aiutanti devono comprendere quale via percorrere. Non è il momento per praticare forzature e men che meno spaccature. Invece certe puntualizzazioni presidenziali lasciano seri dubbi”. Si riferisce alla volontà di non ritirare la Dichiarazione, per quanto il vicepresidente della Confraternita El-Erian dichiari che questa mossa sarà a breve superata dalla presentazione della Carta Costituzionale. Ma il passaggio appare un circolo vizioso perché quella Carta il fronte laico non vuole riconoscerla. I vertici militari auspicano un superamento della crisi e desiderano tenersi fuori da qualsiasi coinvolgimento, anche per non essere accusati di sostenere il governo come ai tempi di Mubarak. Certe voci sottolineano che il disimpegno sia tutt’altro che disinteressato: diventa una vendetta postuma per le purghe ricevute nell’estate.

In questo clima questioni tuttora irrisolte riaffiorano come un fardello pesantissimo che rientra nell’elenco delle rivendicazioni. Problemi accennati nei mesi scorsi: soluzioni sociali da apportare al disastrato sistema dei servizi (acqua, inquinamento, traffico, sanità) e naturalmente la diffusissima disoccupazione. Quindi i diritti delle donne, messi in pericolo da un’applicazione rigida della Sha’ria sostenuta dall’ala dura del salafismo politico. E i copti che reclamano tutele. Un pezzo di queste tematiche sta proprio dentro la Costituzione che non si riesce a varare perché il conflitto col fronte laico – progressista e conservatore – prima che sull’accentramento dei poteri passa su questo pilastro dello Stato che ognuno vuole costruire con criteri che definisce rivoluzionari secondo un personale parametro di rivoluzione. Lo scoglio resta, Mursi l’ha constatato ma ha spostato su una questione addirittura più ostica la sfida agli oppositori. Eppure i politici di rango dell’area islamica che ritengono un grave errore tattico ostinarsi a difendere la Dichiarazione Costituzionale sono moltissimi: Abol Foutuh, il giurista El-Bishri, l’esponente del sindacato dei giornalisti Abdel Qodous, l’attivista El-Hodeibi. Lanciano l’ennesimo monito amichevole. Forse l’ultimo.

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