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Il Vivir Bien di Morales: paradigma teorico per un benessere sociale concreto

I Paesi dell’ALBA stanno dimostrando che si può cambiare il mondo offrendo un’alternativa concreta al capitalismo e all’imperialismo.

Se fino a poco tempo fa le scelte economico-politiche degli Stati Uniti e dell’Europa venivano considerate fari da seguire, ora invece la tendenza si è invertita. Oggi il capitalismo e l’imperialismo vivono una crisi evidente che è stata definita “crisi di civiltà” perché mette in pericolo la vita stessa della Terra e del genere umano, avendo impatti drammatici sulle sfere ambientali, energetiche e sociali con guerre militari ed economico-finanziarie.
Il cambiamento di rotta arriva dall’America Latina: i Paesi dell’ALBA stanno dimostrando che si può cambiare il mondo offrendo un’alternativa concreta al capitalismo e all’imperialismo, mettendo fine alle politiche neoliberiste e al massacro sociale; stanno dimostrando che è possibile che i governi si autodetermino liberandosi dalla schiavitù imposta dagli Stati Uniti e dal Fondo Monetario Internazionale.
L’ALBA nasce infatti proprio in contrapposizione all’ALCA, organizzazione economica che persegue la liberalizzazione assoluta del commercio dei beni e dei servizi e in cui l’America latina e caraibica continua ad essere trattata come una colonia.

La Bolivia, con il Presidente Evo Morales, teorizza il paradigma del Vivir Bien come processo universale di alternativa sociale. Vivir Bien non vuol dire vivere meglio ma significa utilizzare la solidarietà, la compartecipazione, l’uguaglianza e la riappropriazione popolare dei beni collettivi. Anche in Italia, in occasione dei referendum, alcuni partiti politici – come il Pd – si sono appropriati di tali concetti per farne però un utilizzo solamente strumentale visto che nei loro programmi non ci sono proposte concrete in tal senso.
Le scelte economiche messe in atto dal Presidente Morales dimostrano invece come parole quali uguaglianza e beni collettivi possano concretizzarsi in azioni politiche funzionali al raggiungimento del benessere sociale.

Un programma centrale del Governo del Presidente Morales è la nazionalizzazione degli idrocarburi e delle risorse naturali. Prima dell’arrivo di Morales, le imprese petrolifere trattenevano l’82% degli utili derivanti dall’estrazione delle risorse naturali, mentre solo il 18% era destinato allo Stato della Bolivia. Con Decreto Supremo del 1 maggio del 2006 il Presidente sancisce che il gas appartiene al popolo boliviano che deve ricavarne il 70% degli utili. In seguito a consulenze di specialisti cubani, venezuelani ed anche europei, da discussioni e analisi, risulta che anche con solo il 18% le imprese che prestano servizi riescono a recuperare gli investimenti e a fare utili, per tale motivo, attualmente, le imprese che vogliono investire in Bolivia devono dare al popolo boliviano l’82% dei profitti.

Dal 1940 al 2005 la Bolivia ha sempre registrato un debito altissimo che spingeva i capi di governo a chiedere aiuti al FMI: con l’illusione di colmare il debito andavano invece indebitandosi sempre di più.

Nel 2006, per la prima volta la Bolivia non era in debito, anzi registrava addirittura un surplus che servì a creare il “Bonus Jacinto Pinto” per evitare l’evasione scolastica che, prima del 2005, era del 6% mentre oggi è scesa all’1%.

A leggere i dati economici si notano risultati interessanti:

  • nel 2005 la riserva internazionale della Bolivia era di 1.700 milioni di dollari, mentre nel 2012 si sta avvicinando ai 13.000 milioni di dollari.
  • l’investimento pubblico nel 2005 era di 600 milioni di dollari, mentre nel 2012 è programmato a 5.000 milioni di dollari.

La nazionalizzazione in Bolivia non ha interessato soltanto gli idrocarburi ma anche le energie e le comunicazioni. Un esempio è il passaggio ad azienda pubblica della Telecom: la telefonia mobile è ora presente in tutti i 337 comuni del Paese rispetto ai 90 che riusciva a raggiungere prima.

Gli utili ricavati dalla nazionalizzazione sono reinvestiti nelle infrastrutture e nelle priorità sociali, con risultati impensabili che hanno ridato dignità al suo popolo che fino al 2005 era sfruttato e schiavizzato e non aveva diritto allo studio, alla sanità, al lavoro.

La differenza sostanziale tra i continenti è ben evidenziata nel contrasto tra un’ Europa con gravi problemi economici che sta abbattendo quello che restava dello stato sociale e colpendo duramente il potere d’acquisto dei salari, e la Bolivia dove il salario minimo nazionale è aumentato negli ultimi anni del 21%.

Un forte invito alla nazionalizzazione delle proprie risorse è stato fatto dal Presidente Morales alla 42esima Assemblea Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA), ribadendone fortemente l’importanza al fine di liberarsi dalla schiavitù e dalle politiche egemoniche degli USA contro i popoli dell’America Latina e caraibici. Nella stessa occasione il presidente boliviano, assieme al presidente dell’Ecuador Rafael Correa, ha dichiarato che la partecipazione all’OEA è finalizzata esclusivamente a criticare il ruolo anacronistico della stessa che, per volontà degli USA e del Canada che sino ad oggi hanno dominato questa istanza, continua a ignorare l’esclusione di Cuba, l’embargo verso il Paese e la reclusione dei 5 cubani condannati ingiustamente per aver difeso il proprio Paese dai pericoli del terrorismo.

La grande risposta di dignità del popolo della Bolivia, che non intende più essere colonia degli Stati Uniti, si evidenzia anche nel rifiuto culturale e sociale nei confronti del fast-food McDonald e della Coca Cola, bibita globalizzata che contiene diverse sostanze dannose per la salute e il cui consumo abituale è associato anche ad attacchi cardiaci e ictus.

Che esista un processo di consapevolezza maturo nel porsi come alternativa al capitalismo si evince anche dall’intervento del Presidente Morales al Vertice della Terra, Rio+20, in Brasile , dove dinanzi a rappresentati di oltre 190 Paesi, Evo Morales ha fatto conoscere il progetto di legge dello Stato Plurinazionale di Bolivia per la cura della Madre Terra come alternativa alla Green Economy promossa dagli stati capitalisti. L’ambientalismo che non intende uscire dalle logiche del capitalismo è solo una nuova forma di colonialismo sia verso la natura, rendendo merce le fonti naturali di vita, sia verso i Paesi del Sud che devono caricarsi sulle loro spalle la responsabilità di proteggere l’ambiente distrutto dall’economia capitalista industriale del Nord. “La dittatura del mercato privatizza la ricchezza e socializza la povertà” dice Morales.

E’ degli ultimi giorni la notizia di un possibile ingresso a pieno titolo della Bolivia nel Mercosur, mercato comune del Sud, notizia che rivela la stabilità economica che il Paese ha raggiunto.

Fonti:

* commissione internazionale della Rete dei Comunisti

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