“Una parte della popolazione civile si sta spostando dalle zone colpite dai combattimenti e dai bombardamenti nel Nord del Mali verso luoghi più sicuri, fuori e dentro il Paese”, racconta Code Cisse, responsabile della missione in Mali dell’organizzazione umanitaria INTERSOS.
“Siamo preoccupati per le conseguenze della guerra: nell’area di Mopti dove c’è la nostra base abbiamo messo a punto un piano d’emergenza per accogliere nuovi sfollati in fuga dalle violenze”. Le operazioni congiunte dell’esercito maliano e di quello francese nelle zone di Gao, Lerè e Konna contro i gruppi ribelli delineano un quadro molto incerto e pericoloso. Dalla capitale Bamako, Cisse spiega come il nostro personale sia in sicurezza a Mopti lontano dagli scontri armati, pronto a riprendere le attività logistiche per preparare distribuzioni di kit di prima necessità per gli sfollati in arrivo.
Nelle cinque province dell’area di Mopti, INTERSOS interviene dall’inizio del conflitto nella regione Nord dell’Azawad verificando le condizioni dei circa 41,000 sfollati stimati, raccogliendo i dati dei nuclei familiari, della loro composizione e dei loro bisogni umanitari (educazione, salute e igiene, sicurezza alimentare). Con il profiling già portato a termine, gli operatori umanitari devono riavviare l’impegno di monitoraggio e d’intervento sui casi di abusi e di violenza di genere con esperti di protezione dei diritti umani. Nei conflitti armati le prime vittime infatti sono le donne, minacciate dalle violenze sessuali, usate come strumenti di guerra.
“Oggi vediamo l’intervento militare nel Nord del Mali ma, per chi come noi lavora da anni nei Paesi del Sahel sull’emergenze nate dai conflitti sulle risorse naturali, le minacce concrete di una destabilizzazione dell’intera regione erano evidenti”, spiega Federica Biondi, responsabile Mauritania di INTERSOS. “Si sono trascurati allarmi e richiami anche dopo la fine del conflitto in Libia, che ha fatto precipitare la crisi nel Sahel con il ritorno di migliaia di combattenti armati nella regione del Nord Mali. Oggi è difficile prevedere cosa accadrà, sappiamo però che decine di migliaia di civili pagano già il prezzo più alto”.
È alto l’allarme per la difesa e protezione dei diritti umani: nella città appena liberata di Dire, infatti, si sono registrati casi di vendetta su collaborazionisti dei gruppi ribelli islamisti con lapidazioni nelle strade, ritorsioni e nuove escalation di violenza.
È in marcia anche un flusso ancora indefinito di persone verso il confine con la Mauritania, dove dall’inizio della crisi nel 2012 assistiamo i rifugiati dal Mali nel campo profughi di Mberra. Oggi oltre 50.000 persone scappate dal Nord del Paese trovano accoglienza e riparo in condizioni difficili dovute alla povertà, alla malnutrizione e al clima estremo del deserto saheliano. Anche nel campo si intensificano le operazioni logistiche per ampliare i servizi e far fronte ai nuovi bisogni dei rifugiati.
da Nena News
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