La lotta contro l’aumento del prezzo del trasporto pubblico era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso dello scontento e dell’insoddisfazione sociale alcuni mesi fa, quando le città brasiliane si erano riempite di gente che manifestava rispondendo agli appelli dei coordinamenti nati ad hoc, dei sindacati e dei partiti di sinistra che chiedevano ai governi locali di ritirare i provvedimenti e anzi di investire maggiori risorse nello stato sociale, nell’istruzione e nel welfare, a partire dalla garanzia di un trasporto pubblico di qualità e accessibile a tutti. La maggior parte dei governi dei vari stati brasiliani avevano, di fronte alle centinaia di migliaia di persone scese in piazza, dovuto ritirare gli aumenti ma le contestazioni erano continuate con l’ingresso sulla scena dei partiti di destra e di una media borghesia che puntava il dito contro il governo centrale del Pt. Poi man mano che la pressione sociale diminuiva sulla scena hanno fatto il loro ingresso piccoli gruppi di militanti delle organizzazioni di estrema sinistra, in particolare di area anarchica e libertaria, che si sono spesso scontrate con la polizia durante le mobilitazioni contro la corruzione o contro lo sperpero di denaro pubblico da parte del governo centrale brasiliano che ha investito miliardi di dollari nella costruzione di stadi e infrastrutture.
Negli ultimi mesi però sembrava che in qualche modo la crisi fosse rientrata, e che la contestazione fosse diventata una routine appannaggio esclusivamente dei gruppi più radicali.
Ma ciò che è accaduto ieri a Rio de Janeiro sembra dare un segnale di controtendenza, seppur parziale con il ritorno della protesta ai suoi obiettivi originari ed a dimensioni di massa. Ieri infatti circa 2000 persone si sono date appuntamento nella Piazza della Candelaria per protestare contro l’aumento di 25 centesimi – da 2,75 a 3 real (quasi un euro) – del prezzo del biglietto dell’autobus urbano nella grande metropoli, decisione annunciata dal sindaco Eduardo Paes nonostante fosse prevedibile una reazione determinata da parte di alcune organizzazioni sociali. Al centro della protesta ancora le critiche contro l’organizzazione dei mondiali di calcio e la richiesta di servizi pubblici efficienti, di qualità e a prezzi accessibili.
Dopo che il corteo aveva marciato lungo l’Avenida Presidente Vargas buona parte dei manifestanti – aderenti in gran numero a forze politiche e collettivi di estrema sinistra – sono entrati all’interno della Stazione Centrale di Rio de Janeiro intorno alle sette di sera, l’ora di punta per i pendolari che tornano a casa nella sconfinata periferia della metropoli brasiliana e nei comuni limitrofi.
A quel punto il durissimo intervento della Polizia in assetto antisommossa ha trasformato la protesta in una vera e propria battaglia campale con gli agenti che hanno caricato e inseguito i dimostranti dentro e fuori la stazione, invasa dai gas lacrimogeni sparati dai reparti antisommossa della Polizia Militare. Molti manifestanti ma anche molti ignari pendolari hanno cominciato a soffocare e alcuni sono svenuti, mentre altri hanno riportato ferite a causa dei colpi inferti dagli agenti con i manganelli. Gli scontri – con banche e negozi distrutti – si sono estesi all’esterno dello scalo ferroviario, nel centro di Rio, dove i dimostranti hanno eretto barricate e lanciato pietre contro i celerini mentre le autorità chiudevano sia la stazione dei treni che la locale fermata della metropolitana. Alla fine sono stati una trentina i dimostranti arrestati al termine degli scontri e sette i feriti in modo serio, di cui uno in maniera grave.
Una nuova manifestazione, che si annuncia più partecipata, è stata convocata a Rio il prossimo 10 febbraio, due giorni dopo l’entrata in vigore del provvedimento che aumenta il prezzo del biglietto dell’autobus.
In queste ore c’è molta preoccupazione per un giovane cineoperatore colpito alla testa dalla spoletta di un gas lacrimogeno sparato dalla polizia e che ora versa in gravi condizioni. Il ragazzo, in coma, in un primo tempo era stato definito ‘vittima della violenza dei manifestanti’ da parte delle autorità e di alcuni media, ma poi alcune testimonianze di colleghi giornalisti e alcuni video diffusi in rete hanno smentito la versione ufficiale.
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