Mentre ufficialmente tutti fanno dichiarazioni sdegnate e minacciano interventi contro i miliziani dell’Isis che scorazzano in Siria e Iraq, il governo di Ankara riferisce che Stati Uniti e Turchia hanno concordato “in linea di principio” di offrire supporto aereo ad alcune delle forze siriane che combattono contro il governo di Bashar al Assad. Secondo quanto ha affermato il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu, al quotidiano filogovernativo Sabah, “c’è un accordo di principio nel fornire supporto aereo. Come verrà fornito sarà responsabilità dell’esercito”, aggiungendo di escludere che si tratterà di una no fly zone.
Ai primi di maggio su questo obiettivo c’era stato anche un accordo tra le due potenze “rivali” nello scenario mediorientale: Arabia Saudita e Turchia. E allora l’Isis che tutti deprecano e affermano di voler fermare e combattere?
“L’Isis è sostenuta finanziariamente dalla Turchia” sostiene l’analista strategico libanese Ghaleb Khandil. “Come accade? Lo Stato Islamico ruba il petrolio siriano e iracheno, lo trasporta tramite camion verso la Turchia, lo vende dai porti turchi a clienti americani e israeliani. So quello che dico. I denaro viene pagato attraverso società turche, alcune delle quali riconducibili a parenti di Erdogan. Il gruppo che è al potere in Turchia prende la sua tangente e il resto di quei soldi finisce nelle casse dell’Isis. Questa operazione è in corso sotto gli occhi degli Stati Uniti e dell’Onu” spiega Ghandil in una intervista ad un quotidiano online italiano. “E accade ogni ora di ogni giorno. Dal Qatar e dall’Arabia Saudita poi un flusso di finanziamenti arriva all’Is ma anche ad al-Nusra e ai Fratelli Musulmani, che insieme hanno costituito Jaish al Fath (L’esercito della conquista). Dopo la riconciliazione, sotto la supervisione Usa, fra Arabia Saudita e Turchia, quest’estate hanno radunato le loro forze per organizzare una nuova escalation di attacchi contro la Siria”.
Un documento del 2012 della Defense Intelligence Agency degli Stati Uniti, pubblicato da ‘Judicial Watch‘ conferma come, in coordinamento con gli Stati del Golfo e la Turchia, gli Usa e le potenze europee abbiano intenzionalmente sostenuto i gruppi armati islamisti per destabilizzare Bashar al Assad.
Secondo questi documenti, il Pentagono ha previsto il probabile sviluppo dello Stato Islamico come risultato diretto della strategia, ma ha descritto questo risultato come una “opportunità strategica” per “isolare il regime siriano” e bloccare l’espansione dell’influenza dell’Iran nell’area mediorientale.
Dal canto suo l’aviazione siriana ha intensificato gli attacchi aerei sulla città di Palmira e le località di ‘Arak e Al-Sikhanah nella parte orientale del Governatorato di Homs. L’obiettivo è scongiurare la minaccia rappresentata dalla possibile interruzione delle reti elettriche che si trovano nelle vicinanze delle colline Theal-Sha’ar Monti, che si trovano a nord di Palmira. Qualora venissero conquistate dall’Isis, – segnala la televisione siriana Al-Masdar News – per il governo di Damasco sarebbe un colpo gravissimo, forse il più duro dall’inizio della guerra.
Fonti della resistenza curda riferiscono invece che sul versante del Rojava la campagna militare, denominata “Operazione Comandante Rubar Qamishlo”, avviata il 6 maggio, con l’obiettivo di liberare le aree rurali occidentali del Cantone di Cizîre dalle minacce dell’ISIS, sta ottenendo significativi successi. Le fonti curde (rilanciate in Italia da Uiki) riferiscono che le YPG/YPJ (Unità di Difesa del Popolo/delle Donne) hanno inflitto pesanti colpi ai gruppi ISIS dopo averli circondati. Scontri feroci hanno avuto luogo quando le Unità di Difesa sono avanzate da due lati settentrionali del Monte Evdilezîz. Dopo la liberazione del villaggio di Xerra sui pendii, i combattenti YPG/YPJ hanno iniziato avanzando verso la cima della montagna. A seguito dei combattimenti, andati avanti per tutta la notte, la stazione radio strategica è stata presa sotto controllo nelle prime ore del mattino. La dichiarazione afferma che i villaggi di Tal’a, Meraqib e Medine sono stati ripuliti dalle bande jihadiste e liberati da un altro gruppo di combattenti che avanzavano verso la montagna.
Si conferma così che le uniche forze che combattono seriamente contro i macellai dell’Isis sono il governo siriano, il movimento libanese Hezbollah, l’Iran e le organizzazioni della resistenza curda.
Diventa decisiva allora la questione posta oggi da Alberto Negri sul Il Sole 24 Ore: “Cosa ci aspetta allora? Probabilmente non avremo mai più la stessa Siria, lo stesso Iraq, una penisola arabica e un Nordafrica come vengono ancora rappresentati su una carta geografica scaduta da un pezzo, ingiallita dalle guerre, dall’avanzata dello Stato Islamico in Mesopotamia, dai conflitti in Yemen e in Libia. Mentre da una parte l’Isis ha dimostrato in Iraq e in Siria di avere risorse e capacità inattese e l’Arabia Saudita è sempre più coinvolta nel tentativo di schiacciare la ribellione yemenita degli Houthi sciiti, dall’altra l’Iran scalpita per mettere le truppe a terra in Iraq”. Destabilizzazione “creativa” nel Medio Oriente dunque, per impedire che emerga una potenza regionale più forte delle altre in grado di minacciare gli interessi strategici degli Usa e infastidire Israele.
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