In sordina da un po’ di tempo, sulla stampa nostrana, le vicende del Donbass. Salvo qualche eccezione, ovviamente limitata a pubblicare interviste a chi è “pronto al dialogo” ma, purtroppo, non può far altro che bombardare i “banditi armati di kalashnikov” che “bloccano i nostri convogli umanitari”. Sono i miracoli della carta stampata.
Dopo l’attacco in grande stile del 3 giugno scorso da parte delle truppe ucraine sul fronte di Marynka e Krasnogorovka, con il riposizionamento delle artiglierie pesanti a ridosso della linea di demarcazione, la situazione sembra essersi stabilizzata, concedendo un pur breve periodo di tregua alla martoriata popolazione delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk. Le prospettive sembrano essere tutt’altro che pacifiche, stando ai rapporti pressoché quotidiani dell’intelligence militare delle due Repubbliche – quasi sempre confermati dagli osservatori dell’Osce – sugli spostamenti di mezzi pesanti e di uomini delle forze governative in varie zone del fronte. Anche per questo, probabilmente, quando manca qualsiasi appiglio per “informazioni super partes”, in cui sia possibile accusare le milizie di violare gli accordi di Minsk e, contemporaneamente, riconoscere a Kiev il “diritto di difendersi”, i media di casa nostra preferiscono soprassedere.
Sarebbero altrimenti costretti a capriole acrobatiche per trovare qualcosa di diverso da una manifesta volontà di pace da parte delle Repubbliche del Donbass, ad esempio, nella decisione unilaterale, annunciata oggi dal vice Presidente del Consiglio popolare della DNR, Denis Pušilin, di dichiarare zona demilitarizzata l’area attorno a Širokino, nella provincia meridionale di Novoazovsk. Le milizie della DNR hanno ricevuto l’ordine di non aprire nemmeno fuoco di risposta, in caso di attacchi da parte delle truppe di Kiev. Širokino, sulla costa del mar D’Azov, si trova da molti mesi al centro dei tentativi governativi di spostare a oriente la linea del fronte, per allontanarla quanto più possibile da Mariupol. “Come atto di buona volontà e a dimostrazione dei proponimenti di pace, la leadership della DNR ha preso la decisione unilaterale di considerare il villaggio di Širokino zona demilitarizzata” ha dichiarato Pušilin “e il controllo della situazione deve essere affidato agli osservatori della missione Osce, la quale sarà garante della pace”.
Dunque, meglio tacere sulle intenzioni tutt’altro che pacifiche di cui sta continuando quotidianamente a dar prova il governo golpista di Kiev; o, ancora meglio, rimescolare tutto a testa in giù dando la parola direttamente al “marciatore della dignità”, Je suis Charlie-Porošenko: questa pare essere la scelta editoriale di casa nostra. Perché, dopo la sfuriata di inizio giugno, la volontà bellica di Kiev non si è certo arrestata; semmai, è diretta a rinsaldare quei punti del fronte destinati probabilmente in un futuro non lontano a fare da perno a una vera e propria offensiva estiva. Ecco dunque i ripetuti spostamenti di mezzi corazzati e batterie di razzi, continuando nel contempo il martellamento terroristico, con mortai pesanti e lanciamine, di quartieri civili di varie città, a partire da Donetsk. La notte appena trascorsa ha visto ancora la volta colpito il quartiere Kujbyševskij del capoluogo regionale, con l’agglomerato urbano Oktjabrskij che, trovandosi nella parte nordoccidentale della città, non lontano dall’aeroporto, è uno dei più esposti ai tiri delle truppe governative.
E mentre anche Golovka, a nor-nordest di Donetsk, continua a essere presa di mira dalle artiglierie ucraine – colpiti nella notte alcuni quartieri civili e due miniere nei dintorni – si torna a parlare della possibilità che Kiev, proprio in vista di una nuova offensiva, faccia ricorso anche all’aviazione da combattimento, con l’impiego di aerei da bombardamento e da caccia. Nonostante gran parte dei velivoli ucraini, scrive oggi l’agenzia Novorossija, siano stati distrutti e abbattuti nel corso delle battaglie dell’estate 2014, l’intelligence militare della DNR rileva piani governativi per l’impiego dell’aviazione nella prossima offensiva. Una trentina di aerei tra Su-24M, Mig-29, Su-25 e Su-27 della 7° Brigata dell’aviazione tattica sarebbero pronti per essere riposizionati negli aeroporti avanzati di Čuguev, Dnepropetrovsk e Melitopol, ad appena 10-15 minuti di volo dalle zone di operazioni. Si pianificherebbe anche l’impiego dell’aviazione dell’esercito, con una ventina di elicotteri già pronti all’impiego, da destinarsi alle basi di Svatovo, Novoajdar, Starobelsk, Zelënoe Pole e Velikaja Novosëlka.
E per rendere ancora più visibile la propria umanitaria “volontà di pace”, Petro Porošenko la esplicita anche nel blocco delle forniture alla DNR di qualsiasi preparato o medicinale destinato all’infanzia. Dallo scorso 16 giugno, ha dichiarato la responsabile della DNR per i diritti del bambino, Jana Čepikova, Kiev ha imposto il blocco totale sulle forniture di medicinali; che, dunque, giungono nella Repubblica solo da parte della Russia e di alcune organizzazioni di beneficenza. Di fronte ai soldati russi nel Donbass, il cui numero Petro Porošenko continua a far progredire geometricamente, il blocco delle forniture mediche destinate ai bambini del Donbass sembra senz’altro una volontà ucraina di autodifesa e puericultura; anche se, si deve riconoscere, Erode era stato più spiccio!
Dunque, il numero di russi che, secondo Porošenko, “hanno invaso” l’Ucraina, avrebbe subito un’impennata equestre proprio nelle ultime ore: nel giro di poche settimane, i numeri del presidente ucraino sono volati dalle migliaia, alle decine di migliaia, per approdare (per ora) alle centinaia di migliaia. Lui personalmente, in un’intervista alla tedesca ZDF a metà maggio, aveva parlato di 11.000 uomini; poi, intervenendo alla Rada a inizio giugno, aveva calato a 9.000 soldati russi. L’8 giugno, il Ministro della difesa Stepan Poltorak aveva corretto a 42.500 russi e 558 carri armati. Ancora Porošenko aveva quindi aumentato a quasi 50.000 pochissimi giorni fa ed ecco che ora ha miracolosamente moltiplicato per quattro l’ultima cifra: salito sulla barca dei media occidentali e, in particolare, del Corsera e senza consultarsi coi suoi discepoli del Ministero della guerra, il vangelo secondo Petro parla ora di 200.000 soldati russi nel Donbass. RT nota semplicemente che, né Osce, né addirittura il Dipartimento di Stato USA hanno fatto menzione di tale armada russa che avrebbe attraversato i confini ucraini.
Anche il Cristo si era dimostrato più austero, essendosi limitato a moltiplicare solo per mille cinque pani e due pesci!
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