I sondaggi non ci capiscono più niente, alcuni sono totalmente falsi, altri chiaramente “pilotati”… La Grecia si avvia a votare per il referendum in un clima di grande incertezza, tra messaggi contrastanti che puntano a conquistare i voti degli incerti.
E così Alexis Tsipras cerca di essere rassicurante – “Il giorno dopo il referendum sarò a Bruxelles e un accordo sarà firmato” – per rispondere alla mission impossible che è stata conferita al suo governo (restare nell’Unione Europea, ma mettere fine all’austerità), mentre dalla Troika arriva il messaggio opposto (se i greci voteranno ‘no’ sarà incredibilmente difficile mettere in piedi un nuovo salvataggio, giura il superfalco olandese Jeroen Dijsselbloem).
Parlando all’emittente Ant1, Tsipras ha spiegato che con la vittoria del ‘no’ ci sarà una “soluzione sostenibile” per la Grecia. “Questo accordo può essere il cattivo accordo che ci propongono o uno migliore: più forte è il ‘no’, migliore sarà l’accordo”, ha detto. In caso contrario, se vincesse il ‘sì’ il premier greco ha spiegato che avvierà “le procedure previste dalla Costituzione” per fare in modo che la proposta della Troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) diventi legge. In questo caso, Tsipras ha detto che non metterà la sua “poltrona” al di sopra gli “interessi della nazione”, anticipando di fatto le sue dimissioni.
Ancora più esplicito il ministro delle finanze, Yanis Varoufakis, dalla cui finestra al ministero pende un enorme striscione a favore del “no” (oxi): “Rassegnerò le dimissioni se vince il si” al referendum. Yanis Varoufakis, in una intervista a Bloomberg TV.
Il Fondo Monetario Internazionale sta intant facendo i calcoli sugli eventuai costi di un terzo piano di salvataggiio, dopo il clamoroso fallimento dei primi due, che hanno prodotto il risultato esattamente opposto a quanto previsto (se ci fosse un dio dei tecnocrati li avrebbe già inceneriti…). Secondo le prime stime, la Grecia avrebbe bisogno di nuovi finanziamenti per 50 miliardi di euro (56 miliardi di dollari) fino al 2018 per far fronte all’insostenibilita’ del suo debito.
Senza paura del ridicolo, il rapporto elaborato dal Fmi spiega sussiegosamente che “le finanze della Grecia si sono ulteriormente deteriorate perché Atene è stata troppo lenta nel varare le riforme economiche necessarie”. Infatti lo stesso Fmi prevedeva un anno fa un calo del debito greco al 128% del pil, mentre invece è tornato a viaggiare verso il 150% entro il 2020. Ma si tratta di calcoli totalmente astratti, tanto è vero che non prendevano neanche in considerazione la rottura del negoziato che si è poi verificata.
Ma fin quando non ci sarà un accordo – alle condizioni poste dai creditori – “la Grecia è preclusa dall’ottenere nuovi aiuti fino a che non avrà pagato in pieno i suoi arretrati col Fondo”. Insomma, prospettano una folle partita di giro per cui ti indebiti di più per pagare i debiti con nuovi prestiti, mentre i massimo che i creditori sono disposti a concedere è tassi di interesse scontati e una estensione del periodo previsto per il rimborso dei prestiti. Come se la Grecia non fosse assolutamente insolvibile già da alcuni anni.
Ma non c’è solo il vlub criminale di Wasington ad esercitarsi in calcoli. L’agenzia di rating S&P, uno dei grandi manipolatori dei “mercati” a colp di “pagelline” affibbiate a questo o quel paese o società quotata in borsa, ha già stimato il prezzo per l’Italia in caso di Grexit: 11 miliardi in più di sola spesa per il pagamento degli interessi sul debito. Ma naturalmente il contafrottole Renzi, Padoan e il governatore di Bankitalia rassicurano che tutto è sotto controllo perché “noi abbiamo fatto le riforme” imposte dalla Troika. E stiamo continuando….
Per S&P, invece, sarebbe proprio l’Italia il paese più destabilizzato da unprobabile default ellenico, con buchi di bilancio che potrebbero arrivare fino a “30 miliardi nel periodo 2015-2016. L’agenzia di rating si attende infatti “un picco iniziale nei rendimenti” dei bond sovrani “specialmente per quelle economie percepite dai mercati come fiscalmente più vulnerabili”.
Sullo sfondo restano le tensioni geostrategiche. La crisi in Grecia “preoccupa” anche la Nato, che “segue molto da vicino la situazione” e “spera che sia possibile trovare” una soluzione. E’ trasparente infatti il “rischio” che la vittoria del “no” possa indurire il contenzioso con la Troika e dunque spingere Atene a siglare accordi economici rilevanti con i paesi che la Nato – anche secondo la nuova impostazione strategica decisa dal Pentagono – considera propri nemici: Russia e Cina sopra tutti.
E chiudiamo conun indicativo “incidente” nella manipolazione-invenzione di sondaggi per orientare gli incerti. Un presunto sondaggio della società GPO era stato infatti pubblicato dall’edizione online del quotidiano Kathimerini, che con grande enfasi spiegava com il 47% degli intervistati fosse propenso a votare ‘sì’. Mentre i favorevoli al ‘no’, ovvero la posizione del governo Syriza, sarebbero stati “soltanto” il 43%. Tutto falso. La stessa socità Gpo, poco dopo, ha smentito seccamente di aver mai fatto quel rilevamento. “Non abbiamo alcuna responsabilità per quelle cifre pubblicate dai media e useremo tutti i mezzi legali per tutelare i nostri interessi”. I sondaggi, si aggiunge, devono essere fatti in modo “responsabile”, in particolare “mentre si attende la critica decisione del popolo greco”.
La Grecia è un membr della Nato. Pensiamo che anche in altri ambiti, dunque, si stiano preparando scenari e “piani B”. In fondo a quel paese – per motivi simili – era stato imposto il regime dei “colonnelli”. Ossia qeui lungimiranti statisti che vararono una Costituzione che esclude dalla tassazione soltanto gli armatori navali. Ovvero l’unica vera industria greca.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa