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Tsipras capitola coi voti della destra e sfascia Syriza

Il ‘si’ scontato del parlamento di Atene è arrivato alle due di notte, con due ore di ritardo rispetto all’ultimatum imposto dall’Eurogruppo domenica notte, quando il capo del governo ellenico ha deciso di accettare tutto il pacchetto di austerity, controriforme e commissariamento pur di non intraprendere la strada, irta di ostacoli e di incognite ma sicuramente più dignitosa e feconda, del rispetto della volontà popolare. Non era in forse l’approvazione da parte di un’ampia maggioranza dei parlamentari, visto che in soccorso del leader di Syriza erano stati annunciati i voti di tutti e tre i partiti della Troika. Alla fine la conta è finita 229 a 64, mentre sei deputati si sono astenuti ed uno non ha partecipato al voto.
Se il quarantenne Alexis ha guadagnato il consenso interessato delle marionette dell’oligarchia e di Bruxelles, che aveva promesso di cacciare vincendo le elezioni del 25 gennaio – Nuova Democrazia, Pasok, To Potami – ha sancito però la spaccatura, la frantumazione del suo partito. Contro di lui i no da parte dei suoi (ex?) parlamentari sono stati molti, ben 32 hanno detto ‘oxi’ rappresentando degnamente quel 61% di no che domenica 5 luglio avevano inteso sbarrare la strada ad un pacchetto di misure lacrime e sangue che poi è stato ulteriormente peggiorato dallo stesso Tsipras e ancora di più dai cosiddetti ‘creditori’ nel giro di pochissimi, terribili giorni.
‘No’ hanno votato i parlamentari comunisti e quelli dell’estrema destra, ma anche l’ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, la presidente dell’assemblea parlamentare Zoe Konstantopoulou, il ministro dello sviluppo Panagiotis Lafazanis e quasi tutti i deputati delle varie correnti della sinistra interna. A non obbedire al premier e al governo sono stati tutti i parlamentari ddella Piattaforma di Sinistra, all’opposizione della linea europeista e riformista della segreteria di Syriza fin dalla sua costituzione in partito, ma anche quelli provenienti dall’Organizzazione Comunista di Grecia, mentre gli astenuti – che hanno risposto ‘presente’ alla chiamata nominale chiesta dal gruppo parlamentare del KKE – sono arrivati dal cosiddetto ‘gruppo dei 53’, espressione dell’ala sinistra di una maggioranza congressuale che non esiste più.
Una spaccatura che probabilmente è il prologo alla decomposizione di Syriza come alleanza di forze socialdemocratiche, socialiste, comuniste ed ecologiste come l’abbiamo conosciuta prima del voltafaccia del primo ministro. Per domenica prossima la Piattaforma di Sinistra ha convocato un’assemblea pubblica nel corso della quale lancerà una campagna per la fuoriuscita della Grecia dall’Eurozona, e molti pensano che tra i vari annunci ci potrebbe essere anche quello della formazione di un nuovo soggetto politico. Secondo varie voci di stampa, anche l’ex braccio destro di Tsipras, Varoufakis, potrebbe dar vita ad un suo movimento.
Dopo aver tentato di praticare una forma tutto sommato soft di ostruzionismo per ritardare l’inevitabile approvazione dell’ultimatum, la presidente del Parlamento ha deciso di delegare al suo vice la gestione della seduta, per essere libera di intervenire. “Siamo di fronte a un colpo di stato – ha detto Zoe Konstantopoulou – Un crimine contro l’umanità, un genocidio sociale” ed “è stata assassinata la democrazia”. “Se abbassiamo la testa”, ha aggiunto l’esponente dell’ala sinistra di Syriza, “tutto questo “si ripeterà ancora”. 
All’ultimo momento, invece, gli alleati di governo di Tsipras, i Greci Indipendenti, hanno votato ‘si’ al protettorato, nonostante le dichiarazioni di fuoco del loro leader e ministro della Difesa Panos Kammenos. In questo modo i ‘nazionalisti’ di destra nati pochi anni fa da una scissione ‘sovranista’ di Nuova Democrazia hanno garantito la sopravvivenza ad un esecutivo che potrebbe comunque cambiare presto volto. Se al termine della votazione il numero di consensi dei deputati dell’attuale maggioranza al draconiano e umiliante provvedimento fosse stato inferiore a 120, la legge avrebbe imposto la caduta dell’esecutivo. Mentre i voti a favore provenienti dai banchi di Syriza sono stati solo 110 sui 149 teoricamente a disposizione, da quelli di Anel sono arrivati 13 ‘nai’. In tutto 123 ‘si’ dalla maggioranza, appena tre in più della soglia minima. Quelli che erano stati considerati utili alleati della sinistra radicale nella trasversale battaglia contro l’austerità e la violazione della sovranità nazionale e popolare della Grecia si sono trasformati, evidentemente, in un ulteriore puntello degli interessi dell’oligarchia e dell’Unione Europea.
Dopo il tragico voto, almeno a dar retta al suo portavoce Gabriel Sakellaridis, il premier greco sarebbe concentrato sul completamento del piano di “salvataggio” e austerità concordato con l’eurozona. “La priorità di base del premier e del governo è l’immediato e completamento con successo dell’accordo” ha detto Sakellaridis. “Anche coloro che hanno votato contro, hanno espresso la loro fiducia nel premier” ha detto George Katrougalos, viceministro degli Interni. “Ha dato battaglia con probabilità di vincere pari a zero, ha evitato il disastro, la chiusura della banche e la morte improvvisa dell’economia” ha aggiunto Katrougalos utilizzando gli stessi toni apocalittici agitati dal premier nel corso dei suoi numerosi interventi parlamentari prima che l’emiciclo sancisse il commissariamento di Atene da parte della Troika.
Nel corso della giornata, in contemporanea con lo sciopero generale convocato dai sindacati dei trasporti e del settore pubblico, la rabbia e la disillusione montavano all’interno del suo partito. Dopo l’organizzazione dei giovani di Syriza, anche il segretario, la direzione politica e la maggioranza del Comitato Centrale hanno sconfessato la firma apposta sotto l’ultimatum chiedendo in alcuni casi il ritiro dell’adesione all’umiliante elenco di controriforme e addirittura lo scioglimento del governo. 
A quel punto Tsipras ha reagito imponendo a sua volta un ultimatum al suo stesso partito: “Se non riceverò il sostegno del gruppo parlamentare di Syriza dovrò dimettermi” aveva minacciato nel tentativo di richiamare all’ordine alcuni dei suoi deputati indecisi.
«O stasera siamo uniti, o domani cade il governo di sinistra» ha ribadito poi in aula un premier contraddittorio, stanco, privo della sua consueta verve oratoria, quasi implorante. Che dopo aver attaccato i contenuti dell’accordo da lui stesso firmato “perché non c’era altra strada se non la catastrofe” è tornato a intervenire rimbrottando un esponente di Nuova Democrazia – che lo aveva tacciato di ingenuità nella conduzione dei negoziati – affermando che invece il pacchetto in votazione contiene delle parti migliorative e propedeutiche alla crescita del paese. “A chi pensa che io sia stato ricattato, come pensano tanti ed hanno scritto tanti media nel mondo, dico che nelle 17 ore di Bruxelles avevo di fronte tre alternative: o l’accordo, o il fallimento con tutte le conseguenze, o il piano Schaeuble per una moneta parallela. E fra le tre, ho fatto la scelta di responsabilità” ha detto Tsipras, e poi ancora: “Mi assumo tutte le mie responsabilità e mi sento orgoglioso. Abbiamo combattuto per il nostro popolo una lotta molto difficile. Siamo riusciti a dare una lezione di dignità a tutto il mondo. Questa lotta un giorno darà i suoi frutti”. Poi, richiamando alcuni degli argomenti che hanno fatto la fortuna politica ed elettorale di Syriza, il premier ha ricordato che i nemici della Grecia – così come le responsabilità per quanto sta accadendo – non vanno ricercati solo fuori dai confini nazionali, ed ha attaccato le oligarchie, la corruzione e l’evasione fiscale come grandi mali da contrastare. Ma quando ha accusato “La famiglia europea del centrodestra” di aver voluto sopprimere le ragioni del popolo greco Tsipras ha dimostrato di non aver capito la lezione. Non è questione di governi, ma di struttura. Tra i 28 membri dell’Ue ci sono anche partiti di centrosinistra, e il vicecancelliere tedesco Gabriel, socialdemocratico, non è stato meno ostile ad Atene di Merkel e Schaeuble. 
Poi la conta, che ha spazientito le tv estere collegate in diretta con Atene. Alla lettura dell’esito del voto nessun applauso, nessuna ovazione.

Fuori, ad attendere il voto, una piazza già completamente deserta dove i pochi passanti erano costretti a respirare ancora i velenosi gas lacrimogeni sparati dalla polizia in assetto antisommossa contro qualche centinaio di incappucciati. 

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