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USA e NATO ai confini russi: dimostrazioni di forza o minaccia reale?

A Khabarovsk, nell’estremo oriente russo e confinante con la punta nordorientale della Cina, si è celebrato questa mattina (la città è avanti di otto ore rispetto all’Italia) con una parata militare il 70° anniversario della fine della seconda guerra mondiale.
Infatti se l’8 maggio è la data della conclusione del conflitto in Europa, le ostilità con il Giappone terminarono ufficialmente solo il 2 settembre, con l’atto di capitolazione del Sol levante dopo che le operazioni militari erano cessate a fine agosto.
Ma in Europa, oggi, e proprio tutt’intorno alle frontiere russe, le manovre militari dimostrative si stanno tutt’altro che esaurendo. Uomini e mezzi della Nato vengono sempre più massicciamente dislocati nei paesi dell’Europa orientale. Esercitazioni Nato si fanno sempre più frequenti, di durata maggiore, impiego sempre più consistente di truppe e sempre minore distanza dalle frontiere con la Russia. Si infittiscono anche gli “effetti collaterali”. Sull’esempio dell’Estonia, anche la Lettonia ha intenzione di costruire una linea rinforzata lungo buona parte della frontiera con la Russia. Il pretesto, senza nemmeno discostarsi per inventiva dai vicini estoni, sarebbe, secondo il Ministro degli interni di Riga, Richard Kozlovskis, il gran numero di migranti (soprattutto vietnamiti: 250 (!) in tutto il 2015) che passano illegalmente il confine provenienti dalla Russia. Ovviamente, dato il carattere “difensivo” delle nuove opere, chiamate a proteggere i confini europei dalle “aggressioni russe”, gran parte dei costi sarà a carico dell’UE; dei 71 milioni di $ previsti per il muro estone, ad esempio, 35 saranno elargiti da Bruxelles. Più modesta la spesa prevista per il “vallo” lettone: appena 15 milioni di $ per una linea protetta di 12 metri di profondità, equipaggiata con “i più moderni mezzi tecnici” di controllo.

La realtà è che i Paesi baltici, mentre mettono a disposizione dell’Ucraina le proprie strutture difensive, si stanno da tempo attrezzando a ospitare diversi quartier generali per il dislocamento delle forze Nato di pronto intervento, con i relativi mezzi militari: carri armati, artiglierie, trasporti truppe. Ed è una pura formalità che, come scrive la russa Vzgljad, il Centro informazioni Nato di Riga si sia dimostrato, per ora, nient’altro che un “villaggio Potëmkin” (i finti villaggi di cartone che, secondo la leggenda, il principe Potëmkin aveva fatto erigere lungo il Dnepr per impressionare Caterina la Grande durante il suo viaggio in Crimea alla fine del 1700). I media lettoni hanno infatti scritto che il Centro per le comunicazione strategiche della Nato, inaugurato a Riga alla presenza dei Presidenti di Lettonia e Lituania e una delegazione di senatori statunitensi (tanto per ribadire chi comanda nella Nato) e destinato a “contrastare la linea di informazione russa sulle vicende ucraine”, si è rivelato per ora solo un locale privo addirittura del mobilio, nonché delle attrezzature tecniche necessarie.

Più di sostanza, invece, altri fatti. E senza bisogno che il premier ucraino Arsenij Jatsenjuk faccia ridere gli ascoltatori con un hegeliano “l’Ucraina deve entrare nella Nato prima di entrare nella Nato” – in realtà intendeva che l’adesione di fatto dovrebbe precedere di molto quella formale – sono ormai diversi mesi che istruttori militari Nato e statunitensi stanno addestrando le truppe ucraine, quando non prendono parte direttamente al conflitto nel Donbass. E, ora, Washington ha deciso di “fare sul serio”: il Ministro della difesa polacco Tomaš Šemonjak ha annunciato che gli USA, a partire dalla metà del 2016, cominceranno a dislocare carri armati e artiglierie semoventi in due basi, nella Polonia occidentale e nordorientale. Alla vigilia della sua visita a Berlino, il Presidente polacco Andrzej Duda aveva detto di voler discutere con Angela Merkel ulteriori modi di pressione sulla Russia e ha ricordato ancora una volta che la Polonia è felice di poter ospitare forze Nato ancora maggiori sul territorio polacco e si prepara ad aumentare il proprio budget militare, come d’altronde espressamente richiesto dalla Nato a tutti i paesi membri dell’Alleanza. Già a luglio il Segretario alla difesa USA, Ashton Carter, aveva annunciato il prossimo dislocamento di 250 tra carri armati M1A2 Abrams, blindati trasporto truppe M2 Bradley e artiglierie pesanti in Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Polonia e Germania. A Mosca sottolineano come tale passo violerebbe il trattato Russia-Nato del 1997 sulla dislocazione di nuove forze stazionanti in Europa.

Ma se i mezzi di terra devono ancora arrivare, quattro caccia F-22 di quinta generazione Raptor dell’aviazione statunitense sono già atterrati alla base USA di Spangdahlem, in Germania occidentale. Sul sito della base è scritto che l’arrivo dei 4 caccia (i più costosi al mondo: quasi 150 milioni di $ ciascuno), accompagnati da 60 militari della 95° Squadriglia USA e dal velivolo da trasporto strategico C-17 Globemaster, è destinato a “rafforzare la sicurezza degli alleati e dei partner della Nato”. Lo scorso 24 agosto, il Segretario all’aviazione militare USA Deborah Lee James aveva dichiarato che il dislocamento degli F-22 in Europa è teso a rassicurare i paesi Nato di fronte a una presunta “aggressione militare russa”. La stessa James, in giugno, aveva commentato il ridislocamento in Europa di missili USA a testata nucleare con parole su “la gravissima minaccia” rappresentata dalla situazione in Russia invitando i paesi Nato ad aumentare le spese militari.

Il caccia multifunzione F-22 Raptor, messo a punto a metà anni ’80 dalla Loockheed Martin-Boeing e dotato di tecnologia stealth di difficile intercettazione sui radar, nel 2005 è entrato in linea all’USAF, che oggi dispone di 178 esemplari. Ufficialmente è uscito di produzione nel 2011, ma la sua tecnica è talmente sofisticata e segreta che, pare, gli USA non ne consentano tuttora la vendita nemmeno agli alleati più stretti; tant’è che gli Stati Uniti “raccomandano” l’acquisto degli altrettanto costosi F-35. Caccia F-22 sono già dislocati nella base statunitense di Thule, in Groenlandia, “come risposta” alla modernizzazione della base russa di Murmansk. Il velivolo sarebbe stato impiegato per la prima volta nel 2014 contro l’Isis in Irak e Siria. Armato con bombe e razzi (aria-aria e aria-terra), ha un raggio d’azione di 5.500 chilometri e una velocità massima di 2.500 Km/h: dislocato in una base britannica, ad esempio, fanno notare a Mosca, potrebbe raggiungere la capitale russa in un’ora. Già prima dell’arrivo degli F-22 in Germania, il canale televisivo Vesti.ru notava come, in ogni caso, lo stealth Usa troverebbe pronto ad accoglierlo il nuovo stealth russo T-50 Sukhoj, la cui entrata in servizio è prevista per il 2016. Da terra, ci sarebbero i complessi missilistici S-400 Triumf (in servizio dal 2007) e l’S-500 Prometeo, atteso tra due anni.
In ogni caso, anche se, da parte russa, si tende a qualificare le mosse USA soprattutto come pure “dimostrazioni di forza”, per quanto provocatorie, c’è da stare tranquilli?

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