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I “Giorni maledetti” dell’Ucraina golpista (1)

Diario di una giovane ucraina da majdan a oggi

Komsomolskaja Pravda sta pubblicando da alcuni giorni a puntate il diario di una giovane ucraina in cui questa, sotto il titolo “Giorni maledetti”, racconta gli avvenimenti nel paese, a partire dalla fine del 2013, fino a oggi.

Con molto azzardo KP (che non pubblica il nome della donna, “per non metterla in difficoltà”) paragona questi “Giorni maledetti” dell’Ucraina odierna a quelli descritti, pure in forma di diario, da Ivan Bunin nel 1918 e ’19, dal suo punto di vista di nemico della Rivoluzione d’Ottobre, che collaborò con l’esercito bianco nel sud della Russia, prima di fuggire in Francia.

I moderni “Giorni maledetti” non compiono analisi classiste della società ucraina, trascurano qualsiasi riferimento alle mire internazionali che hanno portato al golpe fascista del 2014 e che stanno tuttora orientando le scelte di Kiev e, soprattutto, in essi le cannonate e i bombardamenti sul Donbass risuonano appena, quel tanto che basta a spaventare i kievliani quando la guerra bussa alle porte di casa sotto forma di cartolina precetto.

Alcuni lettori di KP mettono addirittura in dubbio l’autenticità di questo “diario”. Un lettore di Ufa se ne dice impressionato ma, chiede, “non si sarebbe potuto trovare un documento simile per la nostra provincia russa: sull’aumento dei prezzi, sugli espedienti della gente per sopravvivere alla crisi, su disoccupazione, sull’immiserimento dei pensionati e l’arricchimento degli alti funzionari, sugli arbitrii di polizia e procure?”. Uno di Novosibirsk, invece, scrive che “per 20 anni in Ucraina è stata condotta una derussificazione di massa; la gioventù è stata educata su “Moskaly passati al coltello” e “morte ai nemici”, slogan ripetuti dai tantissimi collaborazionisti fuggiti al seguito dei nazisti e rientrati nel 1991, che negano il ruolo di boia di OUN-UNA-UNSO. E’ cresciuta così una generazione di assassini, che ora nel Donbass scrivono sui proiettili d’artiglieria “Crepate, bestie”, mirando a scuole, ospedali, asili, ecc. Se non sosterremo coloro che in Ucraina sono davvero nostri fratelli, per il nostro tradimento pagheranno i nostri nipoti e pronipoti”.

In sostanza, tutto il diario è estremamente soggettivo, a tratti “egoistico”, “aristocratico” e a più riprese parla di “psicosi collettiva” nel descrivere i comportamenti di molta parte della popolazione di Kiev, soprattutto nei mesi a cavallo di majdan, tra dicembre 2013 e febbraio 2014. Ciononostante, ci sembra che le sue pagine siano interessanti dal punto di vista della vita quotidiana a Kiev e della condizione materiale della popolazione ucraina, velocemente aggravatasi proprio a partire da quella “rivoluzione per l’Europa”. Ma queste pagine sono anche istruttive, in particolar modo, per certa stampa nostrana che, a due anni di distanza dal golpe, continua a parlare di una “rivoluzione” che avrebbe portato la “democrazia” e il “benessere” al popolo ucraino.

Tra parentesi e in corsivo le rare note nostre, il testo è il prodotto di una nostra sintesi di quello originale.

 

Majdan

Novembre 2013: Per la prima volta sono andata in majdan; per curiosità. Quanto odio per la Russia e Putin… Ho avuto paura. Gridano “Europa, Europa, Gloria all’Ucraina”. Una gigantografia di Julia Martire (Timošenko) e bandiere dell’UPA. Una presa di potere anticostituzionale, ecco ciò che accade nel paese; agli ucraini piace; e invece è proprio questo che mi spaventa. A una donna che dice che i suoi parenti a L’vov non permetteranno che il presidente Janukovič rifiuti l’accordo di associazione all’Europa, chiedo “Che cosa cambia? Loro già così sono da tanti anni in Europa: badanti, inservienti, mantenute…”. La televisione dice che in majdan è tutto tranquillo; nemmeno una parola sull’autobus ribaltato ieri dai giovani eurointegratori.

Dicembre: “il mostro si dispiega”. Autentici pogrom, dappertutto; oppure un unico immenso pogrom. Da due giorni, o forse più, penso: è possibile che i tipici gesti nazisti riaffiorino dalla memoria genetica degli ucraini, i cui antenati rimasero nei territori occupati e combatterono contro l’Armata Rossa? Oggi ero di turno (la protagonista del diario, costretta a lasciare il lavoro giornalistico, è tornata a esercitare la professione di medico sportivo) all’incontro di hokey con una squadra bielorussa; i nostri giocatori gridavano “Gloria all’Ucraina. Agli eroi gloria”: ai bielorussi non è piaciuto affatto (erano gli slogan dei banderisti al soldo delle SS, mentre un terzo della popolazione bielorussa morì sotto l’occupazione nazista). E’ evidente una psicosi collettiva di metà del paese; l’abbattimento della statua di Lenin e la testa portata in majdan, ecco, questo mi ha fatto ribollire. Nel 1941, prima di Babij Jar (l’enorme fossato a nordovest di Kiev in cui SS e milizie ucraine massacrarono più di 100.000 tra ebrei, rom, prigionieri sovietici) anche i fascisti abbatterono il monumento a Lenin e risero molto; non sto a ricordare cosa ne sia stato poi dei fascisti. Ridatemi la mia Kiev; andate a combattere a L’vov, Kolomija, Rovno, Jaremče; i kievliani non vi obbligano a usare la lingua russa e allora perché la majdan occidentale vuole imporre le proprie scelte a tutta l’Ucraina? Da dove viene tanta sozzura? E dove sono le persone normali? Che cosa stanno facendo? Perché tacciono?

Gennaio 2014: l’Ucraina si sta trasformando nella Cecenia degli anni ’90. Hanno costruito una catapulta e lanciano pietre e bottiglie molotov. Alla milizia è tuttora proibito opporre resistenza. Questa non è una rivoluzione, è un pogrom nazionalista, un ritorno alle tenebre infernali del medioevo. Gruppi di contadini in corteo. Anche la giardiniera del nostro condominio vuole andare a majdan: l’amministrazione è in ritardo con lo stipendio, mentre a majdan distribuiscono soldi e mangiare ogni giorno.

Febbraio: Culmine del sabba. Al grido di “Sieg Heil! Rudolf Hess! Hitlerjugend SS!” gli attivisti di majdan bastonano le persone. Nel 1941 mio bisnonno fu fucilato insieme a tanti ebrei a Glukhov: li aveva traditi la locale “Polizei” ucraina. Oggi gli ebrei che prendono parte al sabba dicono “Janukovič ci toglie gli affari, ora noi usiamo i banderisti per abbatterlo e poi andiamo a pulirci le mani”; davvero i i soldi vi sono più cari della memoria dei vostri avi, delle tombe su cui sputate mettendovi sotto le insegne banderiste? Gente, non farete in tempo a lavarvi le mani.

 

La catastrofe

Primo giorno della nuova era: E’ successo. Oggi hanno seppellito gli insorti uccisi. E’ passato il catafalco e sopra stavano quelli di Pravyj Sektor coi fucili… Canale 5 ha annunciato le dimissioni di Janukovič e loro sono esplosi in urla selvagge, si sono scordati dei funerali, si complimentavano l’un l’altro, tutti felici e contenti. Nei quartieri dormitorio di Kiev girano drappelli che pretendono dalle persone soldi per la rivoluzione; tolgono anelli e orecchini alle donne. Oggi ho parlato con un ufficiale del Berkut: è stanco, non ne può più; dice che avrebbero potuto controllare tutto, in fretta e senza tanti sforzi; i Berkut capiscono di essere stati traditi, sono diventati ostaggio della situazione.

In un rione di Kiev c’è una piccola macelleria; il proprietario, un ebreo, produceva da solo insaccati e carne, vendeva a credito. Gli hanno ricoperto interamente il negozio di svastiche e buttato all’aria la merce.

Secondo giorno: A Rovno un combattente è entrato al Consiglio municipale col kalašnikov; ho visto in TV le facce dei funzionari; impressionante; sono sicura che adotteranno le decisioni “giuste”. Con il pretesto di “esigenze rivoluzionarie” hanno svaligiato l’abitazione dell’ex vice speaker della Rada. Il presidente di Svoboda, Tjagnibok, ha proposto che sui documenti dei russi venga apposto il timbro “non cittadino ucraino”. Nelle strade svastiche dappertutto, scritte “moskaly passati al coltello” (moskaly è l’appellativo spregiativo per russi), gli ebrei d’ora in poi saranno giudei, ecc. Una catastrofe non di oggi; dura da 23 anni: questo è il suo culmine.

Marzo: La Crimea ha preso il largo, mordetevi le mani!

Primo giorno: Ora ci dicono che ucraini e russi non sono affatto fratelli. Un professore di Kiev spiega che Genghis Khan era in realtà il cosacco Bogdan e gli studenti ci credono. Ieri i popi uniati hanno predicato il pieno e definitivo annientamento della Russia e dei russi, in quanto paese e popolo diavoli. Timošenko ha scritto a Taras Ševčenko (grande poeta e nazionalista ucraino del XIX secolo): “Salute a te Taras! Oggi, in questo glorioso giorno di primavera, possiamo dire di aver adempiuto la tua volontà, il tuo comandamento”. Dio, salvami da questi mezzo idioti! Alle fermate degli autobus graffiti di svastiche e kalašnikov. Ho nostalgia di Janukovič: su questo sfondo di schizofrenia egli mi appare responsabile e adeguato.

Secondo giorno: l’oscuramento dei canali russi è una misura repressiva, soprattutto nei confronti degli anziani. Alcuni dicono “Volevamo solo cambiare in meglio la nostra vita. Pensavamo: in tre settimane risolviamo tutto. E invece ne è venuta fuori questa melma. Chi l’avrebbe immaginato…”.

Continua…

Fabrizio Poggi

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