Per il presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, il suo consigliere per la sicurezza, Sergio Jamarillo e il responsabile dei negoziati con le FARC e l’ELN, Frank Pearl, le prime due settimane di giugno sono state un autentico inferno: tutti i problemi geopolitici e di strategia politica si sono incrociati in forma simmetrica con le rivendicazioni dei contadini, delle comunità indigene, dei gruppi di afro-discendenti, alle quali si sono aggiunte quelle dei sindacati delle imprese trasportatrici. Oggi tutti rivendicano il rispetto delle promesse che il governo non ha mantenuto.
Durante i primi quindici giorni di giugno la Colombia è rimasta con il fiato sospeso in previsione delle nuove e importanti decisioni che il presidente Santos deve prendere sia per ciò che riguarda le questioni cruciali di politica interna sia per quelle di ambito internazionale, perché l’ex-presidente colombiano, Alvaro Uribe ha richiesto all’OSA (1) di promuovere l’intervento militare contro il Venezuela bolivariano, mentre un altro ex-presidente, ugualmente colombiano, Ernesto Samper stimolava l’UNASUR (2) a convincere l’opposizione venezuelana ad arrivare ad una concreta pacificazione con il governo bolivariano di Nicolas Maduro. Due posizioni completamente differenti e che spaccano in due l’OSA e l’UNASUR lasciandoli in balia dei giochi politici promossi e voluti dalla Casa Bianca.
Nello stesso tempo, ha avuto un eco importante in Colombia l’unico punto in comune tra i due candidati alla Casa Bianca, il repubblicano Trump e la democratica Clinton. Entrambi hanno promesso di far saltare il governo bolivariano in Venezuela. Per questo l’ambasciatore statunitense in Colombia, Kevin Whitaker, si è più volte recato a Palacio de Nariño per confermare al presidente Santos che i due candidati alla Casa Bianca contano sulla Colombia per far cadere il governo bolivariano. Whitaker ha anche informato il consigliere per la sicurezza del presidente, Sergio Jamarillo, sulle nuove funzioni operative che l’ammiraglio Kurt Tidd, capo del South Atlantic Command, ha definito per le sei basi FOL (3) che l’esercito statunitense possiede in Colombia nell’ambito dell’operazione “Freefom-2”.
I primi commenti in “off” indicano che il generale-presidente Juan Manuel Santos non ha gradito molto il tono di Trump e della Clinton, per questo motivo ha congedato l’ambasciatore statunitense con un diplomatico “Yes Sir” che, in realtà, cerca di mascherare i numerosi problemi che la dipendenza dagli USA sta provocando al governo colombiano, sia in termini geostrategici che geopolitici.
Da ricordare che il suo successo elettorale Santos in parte lo deve al Venezuela bolivariano e soprattutto a Hugo Chavez che gli permise, fin da quando era Ministro della Difesa nel governo di Alvaro Uribe, di farsi portavoce del processo di pacificazione con la guerriglia. Infatti, il 25 maggio 2014 Santos fu rieletto con i voti della sinistra, cui promise che avrebbe iniziato i negoziati con le FARC. E fu in conformità con quest’accordo che il sindaco di Bogotá, Gustavo Petro e la candidata del Polo Democratico Progressista, Clara Lopez, indicarono ai propri elettori di votare per Juan Manuel Santos.
Perciò l’eventuale partecipazione dell’esercito colombiano ad una invasione del Venezuela, o a sostegno delle operazioni previste dal piano statunitense “Freedom-2” per far cadere il governo bolivariano, provocherebbe in Colombia due gravi crisi:
- una profonda crisi di governo provocata dalle dimissioni di tutti i ministri, segretati e sotto-segretari di stato appartenenti all’alleanza del centro-sinistra (4), ed anche di quelli nominati dal Nuovo Partito Liberale (5), nonché la dimissione dei direttori di dipartimento che nel governo rappresentano le comunità indigene e quelle afro-colombiane;
- la seconda crisi scoppierebbe con le FARC e con l’ELN, anche perché alcuni settori dell’esercito colombiano, della polizia e i nuovi blocchi di para-militari ne approfitterebbero per attaccare le roccaforti che la guerriglia mantiene intatte lungo la frontiera con il Venezuela.
Una situazione delicatissima che il presidente Santos e il suo consigliere per la Sicurezza riuscirono a sbrogliare dopo aver negoziato con l’ELN la liberazione di Jair de Jesus Villar e di Ramòn José Cabrales, e quindi a neutralizzare le pesanti critiche di Regina Zuluaga Henao, rappresentante nel Parlamento del Centro Democratico (6) e, soprattutto, quelle del Procuratore Generale, Alejandro Ordñez Maldonado (7) secondo cui”…il plebiscito con cui il presidente Santos pretende di legittimare gli accordi con le FARC è un imbroglio!”.
Lo scandalo di “El Chuchìn Chocolate”
Subito dopo la catilinaria del Procuratore Generale Ordoñez e dei parlamentari dell’uribismo, è scoppiato lo scandalo di “El Chuchìn Chocolate” che, in realtà, ha contribuito a congelare la fase conclusiva dei negoziati con le FARC e la fase iniziale dei colloqui con l’ELN. Infatti, questo scandalo ha nuovamente riaperto le contraddizioni e i dubbi che rimangono quando si analizzano i presupposti politici e giuridici che il presidente Santos utilizza per limitare le richieste delle FARC. Contraddizioni che creano numerosi problemi ai comandanti della guerriglia ad accettare a occhi chiusi la linea del governo.
Venti giorni prima dello scandalo di “El Chuchìn Chocolate”, il Presidente Santos faceva una dichiarazione molto ambigua dicendo che: ”…il processo di pace con l’ELN e quello con le FARC sono molto differenti, però la fine del conflitto in Colombia deve essere una sola, per questo con le FARC e poi con l’ELN il governo ha tracciato chiaramente le linee rosse che non possono essere superate. Per esempio, con la guerriglia non saranno oggetto di discussione i modelli economici, quelli politici del paese, nemmeno il sistema che regola la proprietà privata, le questioni inerenti alla dottrina militare e all’ordine pubblico. Come pure per quanto riguarda il fenomeno dei para-militari è certo che non sarà creata una nuova Commissione della Verità e un nuovo Tribunale per la Pace e tantomeno sarà organizzata una nuova Missione Internazionale di Verifica !”. In pratica la guerriglia, oltre ai vari presupposti presentati dal presidente di Santos, dovrebbe accettare in silenzio, anche, l’apparente processo di pacificazione che l’ex-presidente Alvaro Uribe realizzò con i para-militari delle AUC (8).
Una questione che, comunque, ha riaperto la questione del para-militarismo perché il 23 maggio è accaduto un fatto importante che può rimettere in discussione quello che Uribe e lo stesso presidente Santos (all’epoca Ministro della Difesa), negoziarono con i capi delle AUC. Infatti, alcuni abitanti di Rovira hanno riconosciuto nell’aeroporto di Medellin “il boia di La Dorada”, obbligando la polizia ad arrestarlo, nonostante questi fosse il capo della sicurezza del sindaco di Turbo, Alejandro Abuchar.
Il “boia di La Dorada” e cioè Alex Armando Rovira Correa, era uno dei comandanti del Bloque Sur delle estinte AUC, conosciuto con il soprannome di “El Chichin Chocolate”. Costui, nonostante le amnistie del governo Uribe, fu ugualmente condannato dal tribunale poichè il 7 novembre 1999 guidò il massacro di El Placer, nella località di La Dorada (Dipartimento di Putumayo), in cui per terrorizzare gli abitanti del territorio, sospettati di essere simpatizzanti delle FARC, arrestò ventuno persone, tra cui i presidenti delle associazioni dei contadini, dei quartieri, i sindacalisti e i responsabili dei gruppi umanitari, che furono pubblicamente torturati, seviziati e poi barbaramente uccisi.
Quindi, l’’arresto del “boia di La Dorada”, ha riaperto il capitolo sui 3.000 mercenari delle AUC che non accettarono il processo di pacificazione e che insieme al loro capo Carlos Castaño, svanirono ufficialmente nel nulla. Inoltre, in questi giorni sta tornando a galla la grande contraddizione tra la metodologia per il reinserimento che il governo usò nel 2005 con i para-militari delle AUC e quella che oggi si pretende imporre a FARC ed ELN con il disarmo e l’operato dei tribunali, che non riconoscono ai guerriglieri il loro status politico. Cosa che invece fu il motivo principale dell’amnistia di Uribe nei confronti dei para-militari. Perciò, se non ci saranno modifiche, la maggior parte dei guerriglieri delle FARC e dell’ELN rischierebbero da sei otto a dodici anni di carcere, mentre il 98% dei mercenari delle AUC ha ricevuto il beneficio degli arresti domiciliari o del lavoro sociale nelle ONG finanziate dal governo.
Per questo, dopo l’arresto del “boia di La Dorada” il governo ha in sostanza addormentato i negoziati con le FARC e l’ELN, per non dover riaprire il capitolo sui mercenari delle AUC e sul preteso inserimento sociale di questi che sono diventati dei miliziani “a la paisana” (in borghese). Un termine che l’analista Mariella Guerreiro traduce in dettagli: “…gli ex-AUC adesso non ammazzano e non terrorizzano più la gente come un tempo. Però, là dove sono stati reinseriti, in maggior parte nelle favelas di Medellin, Cali, Bogotá, Barranquilla, Cartagena, Cucuta, Ibadué e Santa Marta, esercitano il ruolo importante di informatori della polizia e dei servizi di intelligence, esercitando il ruolo di difensori dell’ordine costituito…”.
La Cumbre Campesina, Agraria, Campesina, Etnica e Popolare
Per dodici giorni 65.000 manifestanti hanno protestato contro il governo rivendicando il rispetto delle promesse che lo stesso presidente Santos fece subito dopo la sua rielezione nel 2014, anche perché le condizioni dei contadini e dei piccoli proprietari è peggiorata, non solo a causa della crisi economica, ma soprattutto perché il governo continua a dare attenzione solo ai proprietari delle grandi aziende agricole, ai latifondisti allevatori di bovini e alle “Farm” create dalle multinazionali.
Soggetti che hanno aumentato le loro proprietà comprando, a prezzi ridicoli, tutti quei terreni che i mercenari delle AUC hanno espropriato a 3,5 milioni di contadini “desplazados”, minacciando di farli fucilare perché “sospetti di mantenere relazioni con le FARC”.
Quindi, la Cumbre Campesina, (9) nelle sue manifestazioni di protesta ha rivendicato la realizzazione di una riforma agraria e di una serie di modifiche del cosiddetto credito agricolo, oltre allo sviluppo di nuove infrastrutture per capitalizzare la produzione agricola dei piccoli proprietari.
In termini giuridici La Cumbre ha rivendicato la riacquisizione dei terreni che furono espropriati dalle AUC, per restituirli ai legittimi proprietari. Un argomento che rientra nel terzo capitolo dei negoziati con le FARC e sul quale adesso anche l’ELN insiste, perché con l’espulsione, oltre alle violenze fisiche, ci fu anche il danno della perdita dei terreni e delle abitazioni, oltre al il furto dei beni e degli animali. Una situazione che il governo vorrebbe minimizzare con un “bonus” per i 3,5 milioni di contadini “desplazados”. Un pagamento quasi simbolico che servirebbe a lasciare le antiche proprietà espropriate dai para-militari nelle mani delle nuove imprese nazionali e multinazionali, che a detta dei funzionari del Ministero dell’Agricoltura, “…hanno modernizzato la struttura agricola de i territori in questione, con le colture della palma da olio africana (per il biodiesel), del caffè, del cacao…”.
Per questo gli undici movimenti che hanno organizzato la Cumbre, dopo aver mobilitato 65.000 contadini e dopo aver aspettato invano una risposta dal governo, il 6 giugno hanno iniziato a occupare le autostrade, realizzando 40 blocchi stradali, soprattutto lungo la grande autostrada “Panamericana”. E’ inutile dire che la Polizia Stradale e i Battaglioni Anti-sommossa sono intervenuti brutalmente arrestando 130 manifestanti e uccidendone tre nei pressi di Cauca.
Nel comunicato dell’8 giugno, il portavoce della Cumbre annunciava la continuazione del “paro agrario”, cioè dello sciopero contadino, fin tanto che il governo non risponderà alle rivendicazioni dei contadini e alle proposte iscritte nell’agenda dei negoziati in corso a Cuba con le FARC. In risposta, il Ministero della Difesa ha subito accusato le FARC e soprattutto l’ELN di “agitare i contadini con la propagando politica della guerriglia”. Un motivo in più per il governo Santos per addormentare i negoziati con la guerriglia fino a ottobre.
Il futuro dei negoziati di pace e le relazioni con gli USA
Nel 2009, i paesi membri di UNASUR esigevano che il presidente della Colombia, Alvaro Uribe Velez, rivelasse il contenuto del trattato con gli USA, poiché il South Atlantic Command aveva installato 6 basi (FOL) in Colombia, aumentando sensibilmente la presenza degli effettivi della DEA, senza però ottenere risultati effettivi nella lotta al narcotraffico.
Una realtà che per molti analisti colombiani è piena di ambiguità e a questo proposito Mariella Guerreiro ricorda: ”…Senza le attività dei narcos, il governo degli Stati Uniti non avrebbe mai potuto imporre al governo colombiano l’istallazione di 6 grandi basi aeree FOL, cioè basi militari predisposte per garantire il pronto intervento aereo, non solo in Colombia ma in tutta la regione amazzonica, cioè il Venezuela, l’Ecuador e il nord del Brasile. Nello stesso tempo, questi accordi segreti che iniziarono con il Plan Colombia, hanno imposto l’uso delle fumigazioni per far seccare le piantagioni di foglia di coca. In realtà stanno distruggendo tutta la catena ambientale di parecchie regioni della Colombia, poiché la pianta della foglia di coca resiste ai veleni Roundup lanciati con le fumigazioni aeree. Il dramma è che, però, il resto della vegetazione muore, con i venti e i torrenti che trasportano questi veleni in altre zone dove non è coltivata la foglia di coca. Quindi, muoiono i laghi pieni di veleno, muoiono gli animali che bevono quest’acqua e in molti villaggi indigeni ci sono stati molti parti di bambini deformi e soprattutto molti aborti naturali…”.
Oggi, queste sei basi cominciano ad essere preparate per essere “operative” a tutti gli effetti nei confronti del Venezuela. Bisogna riconoscere che, per il momento, il Ministero della Difesa della Colombia non ha mobilitato nessun “Batallòn de Montoneros” (truppe speciali) dell’esercito colombiano. Però, è anche vero che il piano “Freedom 2”, in Colombia sta camminando a livello di collaborazione tra i reparti di intelligence dell’esercito e dell’aviazione colombiana con i comandi statunitensi delle 6 basi FOL.
Una situazione che rende sempre più difficili i negoziati con la guerriglia, perché secondo fonti “ben informate” di Palacio de Nariño, cioè la presidenza della Colombia, il silenzio sui negoziati continuerà fino a ottobre, cioè fino alle elezioni presidenziali negli USA. Un lungo periodo di quattro mesi in cui dovrà essere definita la situazione di “Freedom-2”, definendo tempi e modalità operative, sempre che i partiti dell’opposizione venezuelana riescano ad essere maggioritari anche nelle strade. Cosa che fino ad oggi non sono mai riusciti a fare, limitandosi a piccole operazioni di terrorismo locale con i “pistoleros guarimbas”.
E’ improbabile che il nuovo presidente degli USA, dopo la preparazione dell’aggressione geo-politica messa a punto da Barack Obama al Venezuela bolivariano, scelga di fare un passo indietro. Anche perché negli USA tutti sono convinti che il governo argentino di Maurizio Macri consoliderà la sua leadership in America Latina, mentre per il Brasile le “eccellenze” del partito Democratico e quelle del Partito Repubblicano sono convinte che il golpista Michel Temer riuscirà a governare fino al 2018, mantenendo il Brasile distaccato dal Venezuela bolivariano.
Un contesto abbastanza complesso dal punto di vista geo-politico che può mettere in discussione alcuni risultati dei i negoziati di pace, permettendo al governo colombiano di imporre condizioni “sine qua non” alle FARC e poi all’ELN.
Le questioni geo-strategiche e geo-politiche dell’America Latina adesso ruotano intorno all’evoluzione della capacità di resistenza e di rinnovamento del PSUV e del governo bolivariano di Nicolas Maduro. Come pure saranno di estrema importanza tutte le mosse che i tre fronti del movimento popolare realizzeranno in Brasile nei prossimi mesi. Come giustamente diceva la politologa brasiliana Virginia Fontes: ”…Soltanto quando il movimento riuscirà a far scendere le favelas nella città dell’asfalto, con tutti i rischi e i drammi che possono sorgere, allora e soltanto allora la borghesia capirà di aver perso la battaglia. Quindi per non perdere tutto e soltanto quando capirà che l’esplosione del “povao” (popolo) può mettere a repentaglio il suo benessere e il suo status sociale, ripeto soltanto in questo momento è che si dimostrerà disposta a fare un accordo con il PT che oggi condanna e insulta…”.
Achille Lollo è giornalista di “Contropiano”, corrispondente in Italia di “Brasil de Fato” articolista del giornale “Correio da Cidadania” e editor del programma TV “Contrappunto Internazionale”. Collabora con la rivista “Nuestra America”
NOTE
(1) – OSA: Organizzazione degli Stati Americani
(2) – UNASUR: L’Unione delle Nazioni Sudamericane (in spagnolo) è una comunità politica ed economica costituita il 23 maggio 2008 con il trattato diBrasilia.
(3) – Basi FOL (Operazioni Avanzate) degli USA in Colombia sono: Arauca, Florencia, Larandia, Leticia, Puerto Leguizamo e Tre Esquinas.
(4) – Polo Democratico Progressista e Partito Verde
(5) – Cambiamento Radicale
(6) – Il Centro Democratico è il partito che l’ex-residente Alvaro Uribe Vélez, fondò nel 2013, abbandonando il “Partido del U”. Nel 2014 elesse 20 senatori, 19 deputati, 3 governatori e 154 sindaci.
(7) – Alejandro Ordñez Maldonado, oltre ad essere uno storico alleato dell’ex-presidente Alvaro Uribe è il rappresentante della destra oligarchica o come più volte disse “dell’ordine
(8) – AUC: Autodifese Unite della Colombia, create nel 1997 con l’approvazione e l’appoggio dell’esercito e dei servizi segreti colombiani, le AUC riunivano i vari gruppi paramilitari colombiani che nel 2004 avevano quasi 20.000 uomini, tutti pagati come mercenari. Nel 2005 il presidente Alvaro Uribe promuove un complicato processo di pacificazione, con molte amnistie, arrestando solo alcuni membri delle AUC storicamente legati ai clan del narcotraffico
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