Non è la prima volta che si scopre che leader politici e militari della galassia jihadista che insanguina il Medio Oriente e non solo sono stati letteralmente allevati da quegli stessi paesi occidentali – Stati Uniti in testa – che poi si incaricano di combattere il terrorismo a suon di occupazioni, invasioni, bombardamenti, omicidi mirati e stragi di civili.
Che si tratti di una strategia studiata a tavolino per creare un nemico combattendo il quale si possono perseguire i propri interessi egemonici in varie aree del mondo o che invece si sia di fronte ad una delle tante manifestazioni di stupidità ed irresponsabilità da parte degli ‘apprendisti stregoni’ dell’imperialismo cambia davvero poco.
E’ il caso ad esempio di Gulmurod Khalimov, di cui negli ultimi giorni i media internazionali stanno parlando non poco. Un personaggio che in poco tempo è passato dalla ‘lotta al terrorismo’ allo stato maggiore di Daesh, scalando recentemente l’organigramma della principale organizzazione jihadista mondiale.
Gulmurod Khalimov comandava fino a non molto tempo fa i reparti d’elite, gli ‘Omon’, delle forze di sicurezza del Tagikistan spesso impiegate per sedare senza tanti complimenti le manifestazioni delle opposizioni, e per i suoi ‘meriti’ aveva addirittura ricevuto una decorazione nel suo paese. Dopo essere stato addestrato più volte negli Stati Uniti alle più moderne tattiche dell’antiterrorismo tra il 2003 e il 2014, nella primavera del 2015 l’uomo disse alla sua famiglia che sarebbe partito per un breve viaggio d’affari. Ma dopo qualche giorno, a maggio del 2015, Khalimov ricomparve in un video propagandistico diffuso dallo Stato Islamico in cui minaccia sia gli Stati Uniti sia la Russia. “Ascoltate maiali americani. Sono stato negli Usa tre volte e ho visto come addestrate i soldati per uccidere i musulmani” dice tra le varie cose.
Le autorità del Tagikistan e degli Stati Uniti affermarono che nei mesi precedenti, evidentemente, aveva abbracciato la dottrina jihadista e si era radicalizzato, decidendo infine di disertare e di unirsi a Daesh, reclutando anche parenti e amici. Nel giugno del 2015 il governo tagiko spiccò un mandato d’arresto internazionale per Khalimov, accusato di ‘tradimento’ e di partecipare a ‘operazioni illegali’ all’estero. Poi, pochi giorni fa, il Dipartimento di Stato Usa ha addirittura offerto una ricompensa di tre milioni di dollari in cambio della consegna di quello che sembra essere diventato uno dei principali leader dello Stato Islamico, da poco nominato capo militare dell’organizzazione in Iraq, al posto di Abu Omar al-Shishani, noto anche come Omar il Ceceno, ucciso vicino a Mosul a inizio luglio.
Khalimov era da tempo un infiltrato delle organizzazioni jihadiste all’interno degli apparati di sicurezza del Tagikistan e ha preso per il naso gli Stati Uniti per anni? Oppure, al contrario, l’ex colonnello tagiko è ora un infiltrato degli apparati antiterrorismo all’interno dell’organizzazione terroristica? Oppure, più semplicemente, si è davvero radicalizzato negli ultimi anni decidendo di abbracciare la lotta del Califfato?
Marco Santopadre
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