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Guerre, armi e armati sul “fronte russo”

Seduta straordinaria oggi del Consiglio permanente dell'Osce in Austria, in conseguenza della situazione sulla linea del fronte ad Avdeevka. Il presidente ucraino Petro Porošenko, che ieri aveva interrotto improvvisamente la visita in Germania in seguito alle notizie sulla critica situazione delle truppe ucraine nel Donbass, ha convocato per oggi una seduta straordinaria del Gabinetto di guerra del Consiglio di difesa e sicurezza.

L'attacco ucraino, iniziato sabato notte, non accenna per ora a esaurirsi, anche se le milizie delle Repubbliche popolari stanno controbattendo su tutti i punti e, come ha dichiarato oggi il portavoce presidenziale russo Dmitrij Peskov, la DNR ha già recuperato “le posizioni tenute prima dell'aggressione” ucraina, in particolare nel settore di Avdeevka e Jasinovataja, le cittadine rispettivamente poco a nord e a nordest di Donetsk, su cui si sono concentrati i colpi di esercito regolare ucraino e neonazisti di Pravyj Sektor.

Non accennano a diminuire, però, nemmeno i colpi sulla stessa capitale della DNR, Donetsk: mentre una donna è rimasta uccisa per il bombardamento di un edificio di quattro piani nel quartiere Butovka, si è riusciti a evacuare gli operai della miniera di Zasjadko, rimasti intrappolati ieri nelle gallerie in seguito al bombardamento ucraino. In una dichiarazione straordinaria del vice comandante di corpo della DNR, Eduard Basurin, è detto che, rispondendo a un attacco ucraino sulla strada Donetsk-Gorlovka, le milizie hanno messo fuori combattimento 45 soldati ucraini, tra morti e feriti. Forti perdite lamenterebbe anche un reparto di Pravyj Sektor, finito su un terreno minato. Secondo Basurin, il totale delle perdite ucraine negli ultimi due giorni sarebbe di circa 80 morti e altrettanti feriti; le milizie lamentano 4 morti e sette feriti, oltre alle vittime civili.

Attacco ucraino respinto anche contro il villaggio di Kominternovo, sulla direttrice per Mariupol. Il deputato ucraino Evgenij Dejdej, parla dell'inizio dell'evacuazione dei civili dal settore ucraino di Avdeevka; in realtà, scrive la Tass su informazioni del canale “112.Ucraina, pare che gli abitanti non siano intenzionati ad abbandonare la città, anche se al momento sono interrotte comunicazioni, erogazione di acqua, elettricità e riscaldamento. Le ambasciatrici di USA e Gran Bretagna a Kiev, Mari Jovanovič e Judith Gough si sono dette “preoccupate” per la situazione della popolazione di Avdeevka, messa a dura prova, ovviamente “dall'attacco dei ribelli filorussi”.

Intanto, un po' più a nord, è previsto per questa settimana, a conclusione delle manovre polacco-americane, il trasferimento di parte dei carrai armati USA “Abrams” dalla Polonia nei tre Paesi baltici, in base al piano di operazioni “Atlantic Resolve” e, secondo The Wall Street Journal, vi rimarranno fino alla prossima primavera, in base alla rotazione prevista dai programmi Nato di “rafforzamento del fianco est” dell'Alleanza. Secondo quanto deciso dal summit Nato del luglio scorso a Varsavia, la brigata corazzata USA in Polonia è composta da 3.500 uomini e alcune decine di mezzi, compresi 87 “Abrams” e 18 obici semoventi da 155mm “Paladin”; il tutto è dislocato in quattro basi nell'ovest della Polonia, mentre, a partire dal mese di aprile, farà la sua comparsa il battaglione multinazionale di circa 1.000 uomini e altri tre battaglioni di 1.500 uomini ciascuno andranno a prendere posizione in Estonia, Lituania e Lettonia: di quest'ultimo, farà parte anche un contingente italiano.

Questo, per quanto riguarda il quadrante settentrionale. Al sud, invece, la Nato sta rafforzando la presenza nel bacino del mar Nero. Secondo le dichiarazioni del segretario generale Jens Stoltenberg, il piano definitivo per il dislocamento di forze navali, aeree e di terra, verrà messo a punto alla riunione dei Ministri della difesa dei 28 paesi Nato, prevista per il 15-16 febbraio a Bruxelles. Ovviamente, secondo Stoltenberg, la Nato non desidera “il confronto o una nuova guerra fredda con la Russia. Abbiamo bisogno del dialogo politico per allentare la tensione, però da posizioni di forza” e, ancora più ovviamente, le azioni della Nato non sono che “la risposta ai passi decisi della Russia e alla sua intenzione di di ricorrere alla forza militare”! Il dislocamento dei sistemi antimissilistici “Aegis” in Polonia e Romania, effettuato la scorsa primavera, rientra in questo piano di “dialogo”, pur se ora, cogliendo l'occasione dei test missilistici iraniani, si torna a spergiurare che gli “Aegis” non sono diretti contro la Russia.

Ma nei piani USA e Nato rientra anche la “proposta” ai paesi membri dell'Alleanza ad armarsi con il nuovo supercaccia americano di ultimissima generazione: bisogna pur sostenere l'industria yankee, soprattutto se è lo stesso governo di Washington a rivedere i propri bilanci. Questo perché il più costoso – e anche più discusso – apparecchio nella storia dei caccia, l'americano F-35, avrebbe assestato un duro colpo al Pentagono. Secondo l'osservatore di RT, Viktor Astafev, infatti, il nuovo Segretario di stato alla difesa, generale James Mattis, avrebbe disposto un'indagine sul programma relativo al caccia-bombardiere di “quinta generazione” della Lockheed Martin e la scorsa settimana avrebbe incaricato il proprio vice, Robert Work di “determinare la possibilità di una significativa riduzione dei costi nel programma F-35” e di “verificare un'alternativa concreta ed effettiva, sul piano dei costi, al caccia-bombardiere”. Secondo Forbes (citato da Astafev), tale programma averebbe già superato 1,5 trilioni di dollari, cioè 4.500 dollari a testa per ogni americano, pur non avendo ancora esaurito la fase dei collaudi; una somma che, scrive Times, equivale a 1.027 anni di concerti quotidiani di Beyoncé, al costo di 3-4 milioni $ a esibizione e che, rinunciando al progetto, assicurerebbe 20 anni di studi al college a ogni studente USA.

Donald Trump, già nel corso della campagna elettorale, aveva richiamato l'attenzione sull'elevato costo del programma per gli F-35: “Programma e costi sono fuori controllo. Miliardi di dollari potranno essere risparmiati su spese militari e altre dopo il 20 gennaio”, aveva tuittato Trump lo scorso 12 dicembre. Nel giro di un'ora, osserva The Independent, il valore della Lockeed era sceso di 2 miliardi, così che al direttore generale, Marillyn Hewson, non era rimasto che accettare la riduzione dei costi.

E, a dispetto delle spese astronomiche, il caccia F-35, già negli anni scorsi, durante le prime fasi di collaudo, era stato giudicato costosissimo e inaffidabile, di molto inferiore – per manovrabilità, armamento, accelerazione, ecc. – rispetto ad apparecchi americani precedenti e anche a vecchi caccia sovietici. Nel settembre scorso, poi, nella base di Mountain Home, nell'Idaho, un F-35 aveva preso fuoco al momento dell'accensione del motore e decine di esemplari erano stati lasciati a terra. Su 57 velivoli si era scoperto il cattivo isolamento del sistema di raffreddamento dei serbatoi di carburante!

Ma, evidentemente, lo scopo del suo utilizzo è un altro: ne sono prova i 90 esemplari che anche l'Italia “è chiamata” ad acquistare a un prezzo unitario, è bene ricordarlo, di quasi tre volte superiore al famoso “risparmio” di 50 milioni di euro sulle spese parlamentari, reclamizzato nella campagna referendaria renziana.

Di contro, pare non avere rivali, al momento delle prime prove di volo effettuate la settimana scorsa, il nuovo caccia multifunzione russo MiG-35 (classificazione Nato: Fulcrum-F”) dotato, a detta della Tass, di nuovissime apparecchiature radioelettroniche di bordo, armato di un vasto arsenale “aria-aria” e “aria-terra” e in grado di raggiungere i 2.100 km/h. Il programma prevede la conclusione dei collaudi entro quest'anno e le consegne dei primi 30 esemplari all'aviazione russa nel 2018. Il nuovo caccia della generazione cosiddetta “4++” si differenzia dai modelli precedenti – MiG-29K/KUB e MiG-29M/M2 – per una maggior copertura di radiolocalizzazione, un superiore numero di punti di aggancio, che permetterà l'inserimento anche di armi laser, aumentata riserva di carburante e l'integrazione delle apparecchiature radioelettroniche di bordo con sistemi di puntamento di quinta generazione. Secondo i tecnici della “MiG” (la sigla riconduce ai cognomi dei due costruttori degli anni '30: Mikojan & Gurevič), il costo di un'ora di volo del nuovo apparecchio è inferiore di 2,5 volte a quella del MiG-29; il raggio d'azione, con missili “aria-aria” teleguidati a medio raggio P-77 e corto raggio P-73 e tre serbatoi supplementari è di 1.000-1.400 km (a seconda dell'armamento e dell'altezza di volo) e di 800-1.100 km con l'arsenale d'attacco completo. E' dotato di antenne “Žuk-AME" che consentono di condurre combattimenti oltre il raggio visivo, mirando 30 bersagli contemporaneamente e colpendone 6 di essi in aria e 4 a terra. Oltre ai missili “aria-terra” X-31P, X-31PK e altri, l'aereo è armato di cannoncino da 30mm. A proposito della capacità del MiG-35 di disporre di armi laser, il Comandante dello StratCom statunitense, generale John Hyten, ritiene che la Russia stia mettendo a punto un tipo di laser antisatellite e che, in generale, le armi russe e cinesi rappresentino una concreta minaccia per i satelliti statunitensi.

Pare insomma che, se Washington risparmierà sugli F-35 e ne riverserà i costi sugli “alleati”, si impegnerà però su altri tipi di armamenti: ovviamente, per contrastare le “minacce russe e cinesi”.

 

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