Un pilota ucraino e uno statunitense sono morti ieri l’altro a bordo di un caccia Su-27UB (sembra che il velivolo, nonostante le revisioni, dovesse essere fuori servizio dal 2009) dell’aviazione golpista, precipitato durante un volo di “addestramento” nel corso delle manovre NATO “Clear Sky 2018” in Ucraina. Dopo una prima ammissione, le fonti ucraine avevano censurato la notizia della presenza del pilota americano a bordo del velivolo, confermata invece dal comando USAF in Europa e dalla rete Fox News. Nel pomeriggio di ieri, anche il comando dell’aviazione ucraina ha citato il pilota statunitense, attribuendo le cause dell’incidente alla “violazione delle regole di volo”.
A che scopo l’aviatore della Guardia nazionale USA si trovava nella cabina del caccia? La risposta, scrive topwar.ru, può esser trovata nel fatto che i piloti statunitensi non da ora si addestrano al combattimento tra mezzi americani e russi, spesso anche tinteggiando questi ultimi con i colori nemici, per rendere più verosimile l’esercitazione.
Da qui, l’ipotesi che Kiev e Washington stiano mettendo a punto una provocazione, utilizzando velivoli che possano esser presentati come appartenenti all’aviazione russa, ad esempio per colpire qualche villaggio nella parte del territorio del Donbass controllata da Kiev, per poi incolparne Mosca. E’ il caso di ricordare, nota topwar.ru, come proprio alla vigilia dell’incidente, Petro Porošenko, forse per preparare il terreno, avesse dichiarato che “l’aviazione russa penetra nello spazio aereo ucraino” o anche come, aggiungiamo noi, alla maniera del capo del Oberkommando der Wehrmacht, il nazista Wilhelm Keitel, sempre Porošenko avesse dato ordine alle truppe ucraine di colpire il Donbass “con ogni tipo di armamento”. Anche il senatore russo Frants Klintsevic ha di recente ipotizzato che le manovre “Clear Sky 2018” possano prefigurare l’utilizzo dell’aviazione contro il Donbass, di cui ha parlato senza mezzi termini anche il generale ucraino Sergej Naev.
L’ex deputato della Rada ucraina, Spiridon Kilinkarov, ha ipotizzato che l’ufficiale USA, osservando le manovre del pilota ucraino, stesse studiando la “psicologia combattiva del potenziale nemico della NATO”, la sua preparazione e i suoi metodi di guerra, dato che la dottrina militare yankee equipara mentalità e preparazione dei soldati ucraini a quelle dei loro colleghi russi.
Il politologo Andrej Koškin, mentre ricorda che le regole internazionali vietano a piloti stranieri di mettersi ai comandi di velivoli di altri paesi, ipotizza che il colonnello Ivan Petrenko – il pilota ucraino deceduto: non un qualunque aviatore, ma il comandante della 39° Brigata tattica ucraina – stesse istruendo l’americano (il capitano Seth Nehring, dell’aviazione della Guardia nazionale californiana) in vista di “operazioni speciali” mascherate sotto bandiera russa.
D’altronde, nelle esercitazioni aeree, il Su-27 si è rivelato superiore allo statunitense F-15 “Eagle”, arrivato in Ucraina per partecipare alle manovre. Nelle simulazioni di combattimento, con 5-6 velivoli per parte, alla distanza di 1-1,5 km, gli intercettori dell’aviazione ucraina avrebbero dimostrato maggior manovrabilità rispetto ai caccia statunitensi: un’ulteriore motivo, per i piloti yankee, di sperimentare tali velivoli, di produzione russa, dotati di particolare meccanizzazione.
Intanto, nel Donbass non cessano i tiri quotidiani delle artiglierie golpiste contro i villaggi lungo la linea di demarcazione e anche contro le periferie delle maggiori città: appena sabato scorso due donne, madre e figlia, rispettivamente di 47 e 17 anni, erano rimaste uccise a Marevka, nel nordovest della LNR, da colpi di mortai ucraini da 120 mm; ieri, fortunatamente non si sono registrate vittime, ma sono stati bersagliati edifici civili e infrastrutture a Trudovskoe e Spartak (rispettivamente a nord e a ovest di Donetsk); nell’area di Mariupol, colpi su Sakhanka e Kominternovo; nell’area di Gorlovka, colpite Zaitsevo e Širokaja Balka, a nord e a ovest della città.
A tutto ciò, Washington ha reagito portando a termine la consegna a Kiev della prima parte del sistema anticarro “Javelin”, come dichiarato dallo stesso Donald Trump, nel corso di un’intervista alla CBS News.
Direttamente sul fronte di guerra, l’agenzia Novorinform dà notizia di circa trenta mercenari polacchi, equipaggiati con armamento NATO, avvistati lungo la linea di separazione con la LNR, nell’area di Trëkhizbenka, una quarantina di km a nordovest di Lugansk e inquadrati nella 53° Brigata meccanizzata delle forze ucraine. Con ogni probabilità, Kiev sta cercando di rimpiazzare i reparti nazisti e nazionalisti che sempre più spesso stanno ritirandosi dal fronte e di cui nei giorni scorsi aveva parlato anche l’ex leader di Pravyj Sektor, il nazista Dmitro Jaroš. Secondo gli osservatori della DNR, il loro ritiro potrebbe indicare un’acuirsi della lotta per il potere, interna al regime golpista, anche in vista delle elezioni presidenziali del 2019. Si fanno sempre più frequenti, infatti, le mobilitazioni di tali raggruppamenti nei maggiori centri del paese e attorno ai centri istituzionali della capitale.
E i loro raduni non prendono soltanto la forma di “semplici” cortei, come quelli che lo scorso 14 ottobre hanno attraversato parecchie città ucraine, per celebrare il 76° anniversario della fondazione dell’UPA (Esercito insurrezionale ucraino), quale braccio militare dell’OUN di Stepan Bandera. A proposito di quest’ultimo, proclamato ufficialmente “eroe nazionale”, la junta, non paga di aver dichiarato il 14 ottobre festa ufficiale ucraina, ora, per bocca del Ministro degli esteri Pavel Klimkin ha addirittura proposto la creazione di un “pantheon degli eroi” in cui raccogliere le spoglie degli “ucraini eminenti”: il primo dovrebbe essere appunto Stepan Bandera, i cui resti dovrebbero essere “ritumulati con tutti gli onori” da Monaco, dove il 15 ottobre 1959 era stato liquidato da un agente del KGB, a Kiev.
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