A tre anni dalla morte fisica di Fidel Castro, avvenuta il 25 novembre 2016, Luciano Vasapollo, economista docente universitario della Sapienza di Roma, e tra i fondatori della Rete internazionale di intellettuali e movimenti sociali in difesa dell’umanità, nonché dirigente della Rete dei Comunisti, ha voluto ricordare la figura di eterno comandare del rivoluzionario cubano in un’intervista al Il Faro di Roma.
Secondo Vasapollo, Fidel non è solo “un patrimonio di Cuba e dell’America Latina, ma anche un vero e proprio patrimonio dell’umanità, che ci ha lasciato in eredità un pensiero e una pratica rivoluzionaria dalla forte attualità prospettica”. L‘intellettuale militante rivoluzionario Vasapollo, che ha avuto occasione di conoscere personalmente Castro in molteplici convegni ed incontri a Cuba, ha voluto anche sottolineare la convergenza di pensiero e visione delle ingiustizie del sistema del profitto tra il rivoluzionario cubano e Papa Francesco.
Partendo dal discorso di ieri del Santo Padre ad Hiroshima, Vasapollo ha messo in evidenza come “le riflessioni di Fidel contro la guerra e contro il nucleare, così come quelle sull’ambiente e sulla fame nel mondo, si situino sulla stessa linea di pensiero filosofico del Papa”.
Infatti, “Ieri Papa Francesco ha detto delle parole bellissime dal Giappone, esprimendo tutto il Suo sentimento contro la guerra e contro l’uso del nucleare. Il pensiero di Fidel e quello di Francesco si uniscono. Ho avuto l’onore” ha proseguito Vasapollo nell’intervista “di essere presente alle visite a Cuba sia di Papa Giovanni Paolo II che di Papa Francesco. Lì ho potuto osservare ancor più dal loro confronto da vicino quanta comunanza di vedute e di prospettiva per l’intera umanità, Fidel avesse in particolare con il Santo Padre Francesco”.
Un altro tema che Vasapollo ha toccato durante l’intervista, sempre in rapporto con l’attualità del pensiero di Fidel, è stato quello di un altro lascito di filosofia della prassi. “La questione appunto dell’unità nell’internazionalismo di classe e proletario. Bisogna avere sempre presente che sono solo i popoli che decidono e che quelle che possono sembrare o che possono essere messe in evidenza come guerre religiose o conflitti di natura geopolitica, sono in realtà delle guerre in cui la posta in gioco è il controllo dell’economia e delle risorse naturali di quei paesi. Questo spiega l’attacco imperialista odierno a favore delle multinazionali contro Venezuela chavista di Maduro ed il golpe in Bolivia contro Evo e i campesindios e i mineros“.
Anche in questo caso, Vasapollo ha voluto rimarcare la convergenze di vedute tra Francesco e Fidel Castro. “Forse – ha spiegato l’economista marxista – il Papa non l’ha mai chiamata lotta di classe ma, quando Lui dice che bisogna stare dalla parte degli umili e, quindi, favorire lo sviluppo e la giustizia per gli ultimi della terra, questo è quanto ha sempre detto Fidel utilizzando lo stesso linguaggio in termini di lotta di classe per il riscatto degli sfruttati”. Entrambi ci indirizzano verso “un mondo che sia in mano agli umili e che prima vengano gli ultimi , in un mondo senza gli sfruttatori”.
Un’altra linea di pensiero, che trova convergenza nel magistero di Francesco, è quella della sostenibilità ambientale e della cura per “la casa comune”. Fidel ha sempre trattato il tema dell’ambiente in un’ottica sociale, ammonendo a non considerare il problema dell’inquinamento e della distruzione dell’habitat in un’ottica aliena dai conflitti sociali e che colloca la risoluzione del problema ambientale entro “le compatibilità capitalistiche”ma per na sostenibilità socio – ambientale , senza fame e per pieni diritti sociali e culturali , liberi , pubblici e gratuiti .
Senza scendere nel cerimonialismo, in cui si rischia di scadere ricordando una figura così epica come è stata quella di Castro, Vasapollo ha voluto ricordare il percorso ideologico ed esistenziale che coincidono inFidel, ricordandone gli aspetti che oggi possono interessare di più dal punto di vista dell’attualità politica del conflitto di classe in particolare nella nuestra America indio-africana.
Infatti, “Sono passati tre anni dalla scomparsa fisica del comandante in jefe Fidel ed è sempre più evidente che La sua scomparsa è stata solo fisica, perché il lascito del Comandante è più che mai attuale. Questo vale anche per chi, come noi, ha avuto l’onore ed il piacere, come nel mio caso, non solo di averlo studiato, di averlo come punto di riferimento teorico e pratico, di come si affronta la lotta di classe, di come si deve impostare una filosofia politica e una filosofia della vita, ma poi ha avuto anche l’enorme piacere di frequentarlo, di conoscerlo, di stargli vicino nei tanti congressi e nei tanti eventi degli economisti, accademico, contro la guerra e il terrorismo”.
Vasapollo ha anche ricordato di come egli abbia organizzato, insieme a Roberto Verrier ed ai compagni dell’Anec, “oltre dieci congressi internazionali degli economisti”. “Ho avuto il piacere” ha spiegato al Il Faro di Roma il docente della Sapienza “di stare con Fidel e di imparare tantissimo di economia, di politica del vivere quotidiano in tutti questi anni e anche di organizzare nel 2005 e partecipare al suo fianco all’evento contro il terrorismo internazionale e quindi di poterlo conoscere meglio e di poterlo frequentare ed avere l’onore di trovare in ogni parola, in ogni scritto, in ogni interlocuzione sempre tantissimo da imparare. Dico di lui che è un pilastro della storia dell’umanità e quindi non solo per noi marxisti ma ogni rivoluzionario deve riconoscersi in lui. Come si è definito e urlato con profondo amore a piazza della rivoluzione, il giorno in cui è deceduto: YO SOY FIDEL, TODOS SOMOS FIDEL”.
Secondo Vasapollo, inoltre, “Si può essere comunisti socialisti, martiani. O semplicemente persone ragionevolmente è oggettivamente schierate per un mondo migliore, diverso è necessario ecc., però bisogna riconoscere che la vita di quest’uomo immenso e la sua esistenza morale tutto dedicato , completamente al pensiero socialista rivoluzionario, alla soluzione dei problemi degli ultimi della terra, degli umili e degli sfruttati”.
Occorre sottolineare, ha detto Vasapollo, che “la rivoluzione di Fidel è profondamente martiana e che l’autore morale, che ha diretto l’attacco al Moncada del 1953, è stato, secondo il rivoluzionario cubano, José Marti’”. Fidel, infatti, si è dedicato ad “uno studio profondo di José Marti ed il pensiero, diciamo così, dell’apostolo, il pensiero rivoluzionario, antimperialista, anticolonialista di questo eroe cubano dell’Ottocento”.
José Marti, spiega Vasapollo, che proprio in questi giorni ha visto pubblicato da Ediz. Efesto il libro da lui curato “Rosa Blanca “sull’attualizzazione del pensiero di Martì e di Bolivar, che è su questa impostazione che si muove Fidel “Il senso rivoluzionarlo dell’amore. Il mettere insieme a quest’ultimo gli aspetti materiali, quindi l’interpretazione della lotta di classe accompagnata con la spiritualità dell’uomo e con il concetto profondo di unità latino-americana in quella che è la Nuestra America, la grande america indio-africana, la quale deve darsi un proprio connotato politico economico autodeterminato dai popoli, una propria configurazione sociale e politica e che parte dall’unità culturale”.
Dopo il fallito assalto del Moncada e l’esperienza del carcere, continua Vasapollo, Fidel “incontra in Messico Che Guevara, con cui approfondisce questo discorso sulla profondità dell’amore per la rivoluzione, il quale si fa ancora più forte. Ed insieme al Che, insieme a Raúl, insieme a Cienfuegos, insieme a Gino Doné Paro, l’italiano, mettono insieme la spedizione rivoluzionaria del Granma, che approderà alle coste di Cuba nel 1956. La grandezza di Fidel, lo ricordava il fratello Raúl nella commemorazione funebre, ed io ero presente quando ci sono stati i funerali tre anni fa a Santiago, lo ricordava Raúl appunto, è stata la grande capacità di previsione prospettica di Fidel”.
Vasapollo ha ricordato, a questo proposito, come proprio “il giorno dello sbarco del Grandma, quando da 82 guerriglieri si ritrovano in 12, perché vengono arrestati vari compagni ed altri vengono uccisi e si ritrovano in 12 appunto, tra cui Raúl, il Che e Camillo, essi vengono presi da un momento di disperazione e decidono di parlare con Fidel”. Luciano Vasapollo ricorda le parole di questi rivoluzionari: “comandante , ma siamo solo in 12! Che facciamo?” ed “il comandante gli risponde “abbiamo vinto”.
Infatti “Il giorno dopo vanno da Fidel e gli dicono di avere solo sette fucili ed il comandante risponde ancora “tranquilli abbiamo vinto”. Questo perché il suo abbiamo vinto non era una speranza, era una certezza dettata dal fatto che il primo fuoco di guerriglia sarebbe stato supportato dal lavoro di massa, in una condizione in cui la gente voleva abbattere assolutamente il dittatore Batista e ciò avrebbe portato ad una grande vittoria”.
Nell’intervista Vasapollo ha ripercorso le tappe della rivoluzione cubana, segnate dalla decisione di Fidel di intraprendere “la strada socialista, anche perché gli Stati Uniti impongono l’infame blocco genocida contro l’autodeterminazione del popolo cubano, questo blocco economico , finanziario , commerciale che dura ancora, nonostante siano 27 anni che la quasi totalità dei paesi votino all’ONU contro l’embargo. Solo gli Stati Uniti , e sempre con Israele , fanno valere il proprio diritto di veto, facendo continuare questa infamia criminale, questa guerra economica e genocida, contro il popolo di Cuba solo perché si vuole determinare in chiave socialista”.
Prosegue Vasapollo dicendo come Fidel sia stato interprete attento degli eventi storici come quando con i compagni dirigenti rivoluzionari si sono decisi ad “intraprendere la via socialista approfondendo il pensiero marxista, perché capisce che quella socialista è l’unica strada in grado di consentire l’autodeterminazione del popolo di Cuba; anche la, lui ragiona in termini socialisti e martiani, vedendo nella rivoluzione, poi come si esprimerà negli anni successivi, specialmente nel discorso del maggio del 2000, una rivoluzione come senso del momento storico.
Cioè capire, cambiare tutto ciò che bisogna cambiare, ma in base alla concezione profonda del materialismo storico, della lotta di classe, cioè dei rapporti di forza. E quindi stabilisce anche relazioni con l’Unione Sovietica, economiche e commerciali, di tutti i tipi, proprio perché capisce che quelli erano i rapporti di forza ed impone una svolta completamente a favore della risorsa migliore che ha Cuba: il talento degli uomini. Sull’isola caraibica non c’erano petrolio ed altro e l’unica risorsa era quella di creare talenti umani e Fidel impone, come avvocato, la strada del perseguimento del livello culturale più alto”.
Le linee di questa direzione, spiega Vasapollo, sono quelle della gratuità dell’istruzione e dell’accesso incondizionato alla sanità per tutti, così come la via dell’affermazione dello sport ad alti livelli. In questo, Fidel è “contaminato fortemente dal pensiero di Che Guevara”, che, come è noto, fu anche grande medico di alto senso umanitario e solidale .
Vasapollo ha ribadito l’importanza della lezione di Fidel, perché Castro ci ha insegnato ad “Adattarsi alle condizioni del momento storico. Al di là di quelli che sono il democraticismo piagnone di certa sinistra presente oggi in Europa o al di là delle ipotesi velleitarie settarie estremistiche di un’altra parte della sinistra”. Tutti noi dovremmo ispirarci agli insegnamenti di Fidel.
Luciano Vasapollo ha messo in evidenza l’importanza dell’ultima fase della vita di Fidel Castro, non senza avere accennato “al grande lavoro di Fidel sul piano dell’internazionalismo, sia di classe che socialista. Egli ha messo a disposizione i medici e gli insegnanti per tutti quei paesi e processi non necessariamente socialisti, dove c’erano delle difficoltà, in cui bisognava uscire dalla piaga dell’analfabetismo ed in cui servivano dei medici dinanzi ai disastri naturali.Del dare se stessi nell’internazionalismo proletario”. Infatti, “non un caso che Cuba prenda oggi da 190 paesi altrettanti voti all ‘ONU a suo favore e contro il blocco”.
Tuttavia, Vasapollo ha voluto sottolineare il contributo di Fidel all’elaborazione teorica, dopo che la malattia lo aveva costretto ad allontanarsi dall’impegno di rivestire cariche ufficiali: “Fidel diventa un soldato delle idee. Questa parte della sua vita, è la migliore dal punto di vista teorico”.
Egli ha lottato per l’unità latino americana, “consolidando la proposta dell’ALBA, nata da Chavez e da lui stesso”. Infatti, “solo l’unità dei popoli avrebbe potuto mettere in difficoltà gli Stati Uniti d’America. E ciò è il vero lascito di Fidel per affrontare l’oggi in una forte e coerente visione rivoluzionaria per il socialismo nel XXI secolo, nel senso dell’altruismo umanista e in primis classista , sempre avanti combattendo per una nuova futura umanità socialista“.
* redazione Il Faro di Roma 25/11/2019
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