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Francia. L’emergenza sanitaria non ferma i danni dell’austerità

Nonostante un’emergenza sanitaria senza precedenti e una situazione al collasso all’interno degli ospedali pubblici, sia per il carico di lavoro del personale sanitario che per la mancanza di medicinali, le politiche di austerità a danno della sanità pubblica francese non sembrano subire né un’inversione di rotta né un minimo rallentamento. La crisi economica e sociale alle porte deve esser “governata” e le ricette che si prefigurano sono le stesse utilizzate e imposte dal 2008 in poi.

L’emergenza sanitaria non è dovuta al Coronavirus; questo ha soltanto fatto esplodere una situazione già al limite del collasso, denunciata da mesi dal personale medico ed infermieristico in mobilitazione contro i tagli alla sanità pubblica, la precarizzazione del lavoro e la chiusura degli ospedali. La responsabilità è di una classe dirigente asservita ai dogmi neoliberisti e ai dettami d’austerità imposti dalla Unione Europea, che in 20 anni è stata in grado di coordinare ed imporre la distruzione dello Stato sociale (sanità, istruzione, pensioni) e lo smantellamento dei diritti dei lavoratori.

La Francia ha sorpassato le soglie simboliche dei 100mila casi positivi e dei 10mila decessi per Coronavirus. Se nelle dichiarazioni pubbliche i medici e gli infermieri vengono chiamati eroi – “beati i popoli che non hanno bisogno di eroi”, diceva Bertolt Brecht – la realtà quotidiana nei pronto-soccorso e nei reparti di terapia intensiva è più quella di chi si trova “in prima linea” come soldati mandati al fronte ma senza armi. Questa è la situazione negli ospedali dell’Ile-de-France e del Grand-Est, le due regioni più colpite dal Coronavirus, dove i posti letto in terapia intensiva cominciano a scarseggiare a causa del crescente afflusso di nuovi pazienti e dove diversi operatori sanitari sono deceduti dopo aver contratto il virus.

In questo contesto drammatico e catastrofico, Christophe Lannelongue, presidente dell’Agenzia regionale sanitaria del Grand-Est, ha annunciato in un’intervista pubblicata su L’Est républicain che “non c’è motivo di mettere in discussione il piano di risparmio previsto al Centro ospedaliero regionale e universitario (CHRU) di Nancy”, uno degli ospedali maggiormente sotto tensione nella regione, che prevede l’eliminazione di 174 letti e 598 posti di lavoro entro il 2025 per questa struttura. Questa dichiarazione è assolutamente in linea con l’orientamento del Copermo (Comitato Interministeriale per lo svolgimento e la modernizzazione dell’offerta assistenziale) per il futuro del CHRU di Nancy.

Insomma, una volta superata la crisi sanitaria, agli “eroi” non verrà data alcuna medaglia ma solo una pacca sulla spalla per accompagnarli all’uscita, perchè riprenderanno i piani di accorpamento delle strutture sanitarie e le loro privatizzazioni. Basti solo ricordare che sono stati chiusi 95 ospedali pubblici, per un totale di oltre 17.500 posti letto, tra il 2013 e il 2017 (più o meno gli anni coincidenti con il quinquennio del “socialista” Hollande). Una politica di taglio sistematico dei finanziamenti e delle risorse della sanità pubblica dettata dal Ministero della Salute e attuata a livello locale dalle agenzie regionali sanitarie (ARS).

Mercoledì 8 aprile il Consiglio dei Ministri ha deciso di liquidare definitivamente Christophe Lannelongue per le sue dichiarazioni sull’ospedale di Nancy. Ma far fuori il “capro espiatorio” di turno non significa assolutamente rivedere né tantomeno abbandonare quanto previsto dal piano del Copermo, sul quale né il ministro della sanità Olivier Véran né il Primo Ministro Edouard Philippe hanno proferito parola alcuna. È sufficiente gridare all’indignazione e scaricare la responsabilità su chi ha detto troppo ad alta voce qualcosa che bisognerebbe fare in silenzio, e dopo qualche giorno tutto torna come prima.

Ebbene non basteranno questo scandalo né l’intera epidemia di Covid-19 per invertire la tendenza delle politiche di austerità, di quella dannata e maledetta “spending review” che altro non è che un vero e proprio massacro sociale che prosegue ininterrotto da più di un decennio ormai. Abbiamo bisogno di memoria, per non dimenticare i responsabili di questa tragedia, e abbiamo bisogno di organizzazione, per costruire un’alternativa sociale all’Unione Europea e ai suoi dogmi neoliberisti.

Non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema.

 

 

 

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