Menu

Trump taglia i fondi all’Organizzazione Mondiale della Sanità

Gli Stati Uniti sospendono la destinazione di fondi all’Organizzazione Mondiale della Sanità. Tale decisione è stata comunicata da parte di Donald Trump  durante una conferenza stampa alla Casa Bianca questo martedì.

Si tratta della concretizzazione delle non proprio velate “minacce” che lo stesso presidente aveva fatto appena una settimana fa all’organizzazione dell’ONU per la sua cattiva gestione del Coronavirus. In quella occasione tra l’altro aveva accusato l’organizzazione di essere “sino-centrica”.

Anche in questa occasione è stato affiancato da una nutrita compagine repubblicana. Una lettera di numerosi senatori del suo partito indirizzata all’OMS inviata ieri. chiede spiegazioni per: «il ruolo di supporto al Partito Comunista Cinese nel coprire le informazioni riguardanti la minaccia del Coronavirus».

Jim Risch, senatore repubblicano dell’Idaho e membro della commissione del Senato per le Relazioni con l’Estero si è spinto ad affermare che l’OMS sarebbe: «un pupazzo politico del governo cinese».

Le parole di Trump non possono essere equivocate, egli infatti accusa l’OMS di avere «severamente mal gestito e celato la diffusione del Coronavirus» ed ancora più chiaramente ha affermato: «L’OMS ha fallito ad ottenere, controllare e condividere in maniera adeguatale informazioni  in modo tempestivo e trasparente».

Parole pesanti come macigni nei confronti dell’organizzazione delle Nazioni Unite fondata poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

The Orange man rincara la dose ulteriormente la dose affermando: «così tanti decessi sono stati causati dai loro errori.»

Il giorno stesso in cui il presidente statunitense proferiva queste durissime accuse i contagi a livello mondiale ammontavano a due milioni, e 125.000 circa i decessi.

Solo negli USA – divenuti da tempo il nuovo centro epidemico mondiale – i casi erano superiori a 600 mila con all’incirca 25 mila morti.

Gli Stati Uniti sono il più grande contribuente dell’OMS  considerando la quota che versano all’ONU e le donazioni volontarie per un totale di 553 milioni di dollari rispetto all’ultimo anno. L’OMS ha sede a Ginevra ed ha un bilancio biennale che si aggira attorno ai 6 miliardi di dollari. Per questa organizzazione lavorano 7000 operatori in 150 uffici nel mondo.

Una perdita non da poco quindi ed in un momento estremamente critico tra l’altro, come hanno rilevato da più parti.

L’OMS ha svolto un ruolo fondamentale sin dai primi di gennaio nel seguire gli sviluppi di quello che è divenuta la pandemia.

La prima allerta risale al 5 di gennaio rispetto a ciò che stava succedendo a Wuhan, e dal 7 dello stesso mese ha avvertito i responsabili degli Stati Uniti e degli altri Paesi sullo scoppio della pandemia in regolari teleconferenze. Il 9 ha poi distribuito linee guida ai paesi aderenti per la valutazione e la pianificazione del rischio.

Trump ed il suo staff si sono concentrati per dare spessore alle accuse ad un tweet dell’OMS del 14 gennaio in cui venivano riportati le scoperte dei primi studi preliminari cinesi in cui non emergeva “nessuna chiara evidenza” della trasmissione tra uomo e uomo del virus.

L’OMS non poteva che riportare i risultati delle precoci ricerche di un suo Stato membro su un virus “nuovo” apparso tra la fine novembre-inizio dicembre. Negli incontri tecnici del 10 e dell’11 gennaio ed in una conferenza stampa il 14 dello stesso mese, era chiaramente detto che la trasmissione tra uomini continuava ad essere una forte possibilità considerata l’esperienza delle passate epidemie del Coronavirus e sollecitava precauzioni adeguate.

Gavin Yamey – direttore del Center for policy impact in global health dell’università di Duke – ha dichiarato al “The Guardian” che: «il punto essenziale delle scienze è che abbiamo ipotesi iniziali e idee di partenza, e che aggiorniamo queste idee nel mentre vengono a galla maggiori dati».

Il 23 gennaio l’Organizzazione Mondiale della Sanità aggiorna il proprio report sulla pericolosità del Coronavirus, confermando la trasmissione umana e avvertendo l’alto livello di rischio globale. La settimana successiva ha dichiarato una emergenza globale.

Sebbene la Cina abbia “bloccato” una delegazione dell’OMS dal visitare Wuhan nelle prime settimane dello scoppio del contagio, il generale dell’OMS, T.A. Ghebreyesus, si è recato il 29 gennaio a Pechino per incontrare il premier cinese Xi Jinping e negoziare l’accesso e la condivisione delle informazioni.

Un team di esperti internazionali, tra cui due statunitensi del CDC e del NIS, si è potuto recare nell’epicentro della pandemia il 22 febbraio, fornendo un chiaro esempio sia della capacità diplomatica dell’attuale direttore dell’OMS sia della volontà di collaborare della Cina dopo l’iniziale sottovalutazione della pericolosità del contagio.

Una “rettifica” che ha portato la Cina insieme a Cuba a guidare la leadership per la risposta globale alla Pandemia  Un altro aspetto della trasparenza cinese è legato alla immediata socializzazione della mappatura genetica del virus – l’11 gennaio – che ha permesso alla comunità internazionale di avviare la ricerca sulla creazione di un vaccino, compresi laboratori e aziende farmaceutiche statunitensi

Lo stesso Donald Trump aveva tweettato il 24 gennaio: «La Cina sta lavorando molto duramente per contenere il coronavirus. Gli Usa apprezzano molto i loro sforzi e la trasparenza», cioè l’esatto contrario di ciò che ha cominciato ad affermare da quando ha parlato di “virus cinese”.

L’amministrazione Trump aveva poi rifiutato ad inizio febbraio la distribuzione dei test fatta dall’OMS, e lo US Centers for Disease Control and Prevention (CDC) aveva deciso di produrre un proprio test per poi ritirarlo perché difettoso. A fine febbraio i test erano disponibili solo in una manciata di Stati, e non erano chiari i tempi sul quando sarebbero arrivati. Nella stessa settimana, il 24 febbraio, Trump in India diceva che il coronavirus era “sotto perfetto controllo nel nostro paese” e “sta andando via”, mentre il CDC iniziava ad affermare che gli americani dovevano prepararsi ad una grave rottura della normalità.

Questa produzione seriale di test “difettosi” ha fatto si che non si potessero effettuare test di massa per “tracciare” la diffusione del contagio e prendere le misure adeguate come consigliato prioritariamente dall’OMS stessa.

Lo stesso Trump afferma che l’OMS avrebbe criticato la sua decisione di interrompere i collegamenti con la Cina, ma in realtà l’organizzazione si era limitata – come in altri casi – a sconsigliare come altre volte tale bando per motivi ascrivibili ad un miglioramento della “tracciabilità”.

Trump mente sapendo di mentire – ed abbiamo cercato qui di decostruire le sue falsità – perché deve tentare di produrre una narrazione efficace in una situazione disastrosa per il Paese sotto tutti i punti di vista, per di più proprio nell’anno delle elezioni presidenziali.

La situazione era chiara all’amministrazione USA già dall’inizio dell’anno tramite i report della propria intelligence medica e le precedenti esperienze epidemiche studiate a fondo durante l’era Obama .

Le parole del presidente statunitense e l’azione della sua amministrazione sono mirate da un lato a scaricare altrove le responsabilità della gestione criminale della pandemia nel proprio Paese, dall’altro mantengono alta la tensione rispetto ad uno scontro politico feroce “a tutto tondo” in cui Washington si sta adoperando contro la Cina, Cuba, l’Iran ed il Venezuela.

Ma la minaccia di “tariffe protezionistiche”, se non si fossero recentemente adoperate per un accordo sul taglio della produzione petrolifera che avvantaggia la Casa Bianca, comprendeva la Russia ed un suo storico alleato, cioè l’Arabia Saudita .

Il fallimento dell’ azione di Trump è chiaro e sono eloquenti (quanto discutibili) le affermazione di Richard Haass dell’importante  think tank Council for Foreign Relations. L’OMS, dice Hass: «è un agenzia difettosa. Solamente perché le grandi potenze, compresi gli Stati Uniti, permettono che lo sia. I suoi sbagli non spiegano le nostre cattive performance»

Persino il “New York Times”, non certo tenero con Pechino, è costretto ad ammettere l’efficacia dell’azione della Repubblica Popolare Cinese rispetto al contenimento del Virus – zero casi il 18 marzo per la prima volta – con 40 mila effettivi di personale medico inviati a Wuhan, 2 ospedali costruiti e l’addestramento di 9 mila persone impiegate a ricostruire la catena di contatti dei contagiati, scrive il quotidiano statunitense. «Brutali come sono state, le tattiche cinesi in definitiva hanno funzionato» chiosano i 3 giornalisti che hanno scritto l’articolo sul tentativo di Trump di spostare l’attenzione sulla proprie responsabilità.

Quando un sistema come quello statunitense fallisce così miseramente: il più debole se non è stupido attacca per primo.

Trump e gli Stati Uniti sono una belva ferita, non per questo sono meno feroci.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *