Più volte su questo giornale abbiamo scritto di come, negli Stati Uniti, dalla fine del maggio scorso si respira un clima da guerra civile; e di come una campagna elettorale di piombo abbia accompagnato le elezioni presidenziali di novembre in un contesto inedito nella storia statunitense contemporanea.
Le urne hanno certificato l’immagine di un Paese profondamente diviso, anzi spaccato, in cui il suprematismo bianco mantiene radici solide e l’establishment democratico è programmaticamente sordo alle istanze della sua ala progressista, non offrendo alcuno sbocco alle ragioni di chi ha votato contro Trump.
L’inizio della transizione politica ha solo apparentemente messo in secondo piano il cuore del problema, grazie alla compiacenza dei media mainstream.
La crisi pandemica, lungi dall’essere esaurita negli USA, è servita da acceleratore di storture e contraddizioni strutturali emerse ora con forza, evidenziando il fallimento contemporaneo di un sistema politico e di un modello di sviluppo, che trascina con sé i “valori condivisi”.
Il secondo “picco pandemico” è peggiore del “primo”, e la terza ondata, con ogni probabilità sarà ancora peggiore, sia dal punto di vista sanitario che economico-sociale, considerato che al di là delle strategie narrative sulle capacità di vaccinazione elaborate dallo staff di Biden, la strada per la vaccinazione di massa non è senz’altro in discesa.
Gli USA hanno avuto più di 15 milioni di contagiati e quasi 290mila decessi per Covid-19. Con l’attuale ritmo di morti giornaliere – 3.000 solo il 9 dicembre, cioè quasi il 50% in più rispetto a due settimane fa – probabilmente supererà i 300mila morti entro pochi giorni, mentre i ricoverati viaggiano da settimane sopra i 100 mila, con gli ospedali vicini al collasso.
La crisi sociale non picchia meno forte di quella sanitaria, e spesso è intrecciata. Le spese per le cure mediche pro-capite, in un sistema basato su polizze private, è il più alto al mondo, e circa 500 mila statunitensi vanno in fallimento ogni anno a causa di queste uscite, mentre sono aumentati a dismisura coloro che non sono coperti o non lo sono a sufficienza.
In compenso “Big Pharma”, che con il business del vaccino si è assicurata profitti – assicurati grazie al mix di aiuti federali e pre-ordini – ha aumentato il prezzo di 245 medicinali prescritti a livello di massa.
La polarizzazione sociale è aumentata con lo scoppio della pandemia: 25 milioni di nord-americani hanno perso il lavoro, 8 di questi sono precipitati nella povertà, mentre 657 miliardari hanno guadagnato mille miliardi di dollari in più.
La malnutrizione è ormai endemica tra le fasce più vulnerabili: uno su quattro l’ha provata almeno una volta quest’anno, contro gli uno su undici dell’anno scorso; nelle statistiche ufficiali il 12% della popolazione dichiara di non avere abbastanza cibo.
Una parte molto consistente (almeno 1/3, nella maggioranza degli Stati) rischia lo sfratto per l’incapacità di pagare l’affitto o le rate del mutuo, se le misure federali prese a riguardo – e ora “in scadenza” – non saranno rinnovate. Ma è solo una parte dei provvedimenti che rischiano di non essere reiterati.
In questo contesto esplosivo, la linea del colore continua a dividere gli USA, anzi si è ampliata: il mix tra maggior impatto del Covid-19 sulle “minoranze etniche” – in particolare gli afro-americani -, la perenne e strutturale violenza poliziesca, gli ostentati valori del suprematismo bianco da parte dell’ormai ex inquilino della Casa Bianca, ha innescato una reazione ed una sete di giustizia sociale e razziale che non si è placata, ma che si è espressa anche nelle ragioni del voto “democratico”.
Abbiamo qui tradotto un inchiesta di Le Monde che tratta dell’aumento della vendita delle armi e dell’incremento del relativo addestramento da parte della comunità Nera; il che denota il ritorno alla tendenza all’autodifesa da parte degli afro-americani.
L’autodifesa armata è stata una pratica costante degli afro-americani sin dai tempi della lotta contro la schiavitù ed ha accompagnato tutti i tentativi di emancipazione dei Neri, fin dai tempi della “Ferrovia Sotteranea”, prima della guerra civile – in realtà da molto prima – per poi arrivare al Black Liberation Army, una delle frazioni nate dalla crisi delle Pantere Nere.
Gli afro-americani hanno del resto sempre dovuto difendersi, sia che si trattasse di salvaguardare quel minimo di garanzie acquisite o di tutelarsi dai gruppi suprematisti bianchi, oltre che dalla polizia stessa (o dai cacciatori di schiavi delle slave patrols, in precedenza).
Ancora oggi la percezione di generale sfiducia nelle istituzioni, o di esplicita paura, spinge gli afro-americani ad armarsi, anche a causa della maggiore aggressività dei gruppi dell’alt-right, di fatto riconosciuti e legittimati dal presidente uscente.
“La crisi economica e le tensioni sociali” – scrive Marie Agnès Suquet su“Le Monde del de 27 novembre – “insorte dopo la morte di George Floyd il 25 maggio hanno aumentato il senso di insicurezza, spingendo gli americani ad armarsi. Dall’inizio del 2020 sono state inviate all’FBI oltre 32 milioni di richieste di controllo dei precedenti personali (un prerequisito per qualsiasi acquisto di armi da fuoco negli Stati Uniti). Un record dal 1998. Ma mentre i proprietari di armi sono per lo più bianchi – il 36% di loro possiede armi contro il 24% degli afroamericani e il 15% dei latino-americani – i neri sono i più propensi a possedere armi quest’anno, con un aumento del 58% rispetto all’anno scorso, secondo un sondaggio della National Shooting Sports Foundation, una lobby dell’industria bellica statunitense”.
Dentro questo fenomeno generale, che dà la cifra dell’implosione statunitense, vi è un aspetto particolare che avevamo in precedenza rilevato:
“Negli ultimi anni sono stati formati diversi gruppi afroamericani in difesa del secondo emendamento per rendere forte e chiara questa richiesta di uguaglianza. La National African American Gun Association (Naaga) – la versione nera della NRA – è la più grande, istituita nel 2015. In cinque anni è passata da 30.000 a 40.000 membri, con un aumento di circa il 50% solo nel 2020.
Entro 36 ore dalla morte di George Floyd, non meno di 2.000 persone si sono aggiunte alle sue fila.”
Certamente questa tendenza non ha trovato un’espressione politica unitaria in grado di coniugare istanze di giustizia razziale e di classe con la pratica dell’autodifesa, ma ha prodotto una rete “dispersa e diffusa” di attivisti. La quale si è accompagnata ad un lungo lavoro di ricerca storico-teorica, portato avanti in questi anni lontano dai riflettori.
Il che ha contribuito alla creazione di un immaginario “di emancipazione” in porzioni non irrilevanti della cultura main-stream Nera e, non da ultimo, la possibilità di connessione con gli anziani militanti in “carne ed ossa”, che hanno reso i tentativi di assalto al cielo della comunità afro-americano memoria viva da cui attingere ed in cui, mutatis mutandis, riconoscersi.
Durante l’“Era Obama”, e contro le narrazioni di una società “post-razziale” o color-blindess, è di nuova deflagrata la questione razziale negli USA. E sarà difficile per il suo ex-vice risolverla.
Buona lettura
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Crisi sociale, violenza politica: negli Stati Uniti, afroamericani tentati dalle armi da fuoco
Marie Agnès Suquet – “Le Monde”
La pandemia, la violenza della polizia o i commenti razzisti di Donald Trump stanno spingendo la comunità nera a prendere le armi. Si tratta di un riflesso abbastanza nuovo per gli afroamericani, che da tempo sono a disagio con un secondo emendamento al quale l’America bianca è molto legata.
Il sole è sorto solo da due ore e il caldo è già travolgente. In mezzo alle montagne desertiche di Kagel Canyon, in California, a mezz’ora di macchina a nord di Los Angeles, alcuni uomini trovano rifugio in una tenda di fortuna per proteggersi dai 45 gradi. In lontananza risuona il fischio dei proiettili. In una nuvola di polvere, i pick-up parcheggiano su un pezzo di terra degli Angeles Shooting Ranges.
Jonathan Solomon, un afroamericano di 37 anni, che ha privatizzato il posto, accoglie gli arrivi. Tutti hanno pagato dai 100 ai 150 dollari (83-125 euro) per seguire un corso di pratica di armi da fuoco con lui. Per lo più maschi, il gruppo di venticinque persone, di età compresa tra i 15 e i 65 anni, sono – con una sola eccezione – tutti neri. Alcuni di loro rivendicano la loro identità sulle loro magliette, affollate di messaggi come “Black Vibe” o il pugno chiuso che rappresenta il Black Power.
“Il corso è aperto a tutti: bianchi, neri, verdi, alieni… È solo che quando si tratta di armi, gli afroamericani si sentono generalmente più a loro agio quando sono accompagnati da qualcuno della loro comunità. Siamo più pazienti quando fanno domande, non le sminuiamo quando le correggiamo, come a volte accade altrove”, spiega Jonathan. Dall’inizio della pandemia, la domanda è aumentata e l’istruttore offre due classi e mezzo in più al mese. “Con l’esplosione della disoccupazione e la mancanza di denaro, la gente ha iniziato a pensare che è meglio essere pronti a difendersi se vengono attaccati nelle loro case da persone disperate.”
La crisi economica e le tensioni sociali che sono insorte dopo la morte di George Floyd il 25 maggio hanno aumentato il senso di insicurezza, spingendo gli americani ad armarsi. Dall’inizio del 2020 sono state inviate all’FBI oltre 32 milioni di richieste di controllo dei precedenti personali (un prerequisito per qualsiasi acquisto di armi da fuoco negli Stati Uniti). Un record dal 1998. Ma mentre i proprietari di armi sono per lo più bianchi – il 36% di loro possiede armi contro il 24% degli afroamericani e il 15% dei latino-americani – i neri sono i più propensi a possedere armi quest’anno, con un aumento del 58% rispetto all’anno scorso, secondo un sondaggio della National Shooting Sports Foundation, una lobby dell’industria bellica statunitense.
“E’ ancora presto per sapere cosa significa veramente, ma può essere spiegato dalla denuncia della violenza da parte della polizia, dice Adam Winkler, professore di diritto costituzionale all’UCLA e autore di Gunfight: The Battle Over the Right to Bear Arms in America (W. W. Norton & Company, 2011). Il movimento Black Lives Matter ha reso gli afroamericani ancora una volta consapevoli del pericolo che lo Stato può rappresentare. Potrebbe averli spinti a volersi difendere. “
Mettere le proprie dita sulla pistola
Il razzismo dilagante all’interno delle forze di polizia è ciò che ha spinto Jonathan Solomon a consegnare la sua uniforme dopo 10 anni di servizio. Nel 2008 è diventato un istruttore di armi da fuoco. “Va bene essere armati, ma bisogna educare e allenarsi. È davvero un servizio alla mia comunità. “Regina Jones sta per intraprendere il corso che ha preparato. Mai prima d’ora questa cinquantacinquenne contabile ha tenuto in mano una pistola. Con voce calma, Jonathan le mostra come posizionare le dita sulla pistola, posizionarsi e usare il respiro per sparare. Un colpo, poi due, poi tre. “Wow, il mio cuore batte, ora mi sento meglio!” Si unisce al marito, Ed, che ha già sparato.
“Non abbiamo mai avuto armi in casa, dice Regina. Ma ora che i nostri tre ragazzi sono cresciuti, non c’è più il rischio che ci si imbattano e si facciano male con loro. È stato proprio durante la quarantena che abbiamo iniziato a pensarci seriamente. Sono tempi così incerti. La gente si trova in una situazione economica difficile a causa della pandemia, quindi il rischio di criminalità è maggiore. Se succede qualcosa, siamo in grado di difenderci e di proteggere le nostre case.”
A Los Angeles, come altrove nel Paese, i disordini sono aumentati con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali: manifestazioni degenerate in saccheggi, schermaglie con la polizia, scontri violenti, anche mortali, tra attivisti di sinistra e di destra… L’America sembrava tesa, pronta ad esplodere, e questo presidente, che rifiuta di ammettere la sconfitta, non l’ha placata.
Poche settimane prima delle elezioni, tra il piccolo gruppo di uomini che ha approfittato di una pausa con Jonathan Solomon per rinfrescarsi, nessuno aveva ancora scelto per chi votare. O voleva affidarsi a lui. “Sono cresciuto nel Sud, e mia madre ha sempre votato democratico. Questa è la regola quando sei un nero. Preferisco seguire i consigli di mio padre e pensare con la mia testa”, ha detto James, un poliziotto di 50 anni.
Jonathan aggiunge: “Non sono né democratico né repubblicano, dipende dal candidato. Oggi, nessuno dei due mi va bene. Biden non rappresenta nessuno dei miei valori, come il diritto di proteggere la propria famiglia, per esempio, e Trump è troppo irrispettoso e lunatico.” Lo stessi constata James “Trump passa troppo tempo su Twitter e non abbastanza a gestire il Paese, ma almeno ha una buona politica economica. Se Trump è razzista, che ne è di Biden, che dice: “Non sei davvero nero se non voti per lui”? Chiaramente, essere nero non influenzerà il mio voto, altrimenti non potrei votare per nessuno dei due. “
Oltre 80 milioni di americani hanno scelto Biden, 73 milioni di Trump. Un risultato nell’immagine di un Paese diviso in due Americhe che tutto si oppone: maschere e anti-maschere; Black Lives Matter e Blue Lives Matter; antifas e gruppi di estrema destra; intervento del governo e libertà garantite dalla Costituzione degli Stati Uniti. Gli afroamericani nel loro insieme hanno votato a stragrande maggioranza per Biden, ma il candidato democratico ha ricevuto “solo” l’80 per cento dei voti da uomini di colore.
Mentre l’8 per cento si è rivolto a candidati indipendenti, il 12 per cento ha comunque spuntato la casella Trump sulle loro schede elettorali, nonostante la retorica dell’attuale presidente in carica. È difficile identificare chiaramente le loro motivazioni, ma è chiaro che per alcuni afroamericani, forti sostenitori del secondo emendamento – che permette a tutti di portare una pistola – la scelta tra identità e valori è difficile.
“È importante ricordare che la cultura delle armi è prevalentemente bianca e rurale, e i suoi sostenitori più forti sono razzisti, quindi come persona di colore, anche quando si è interessati alle armi, è difficile sentirsi a proprio agio”, dice il professor Adam Winkler, notando il rapporto ambivalente che gli afroamericani hanno con il secondo emendamento: “Da un lato, c’è chi rivendica il diritto di portare un’arma per proteggersi dallo Stato – e quale esempio migliore degli agenti di polizia che abusano del loro potere su neri innocenti? – e dall’altro, coloro che sostengono un maggiore controllo delle armi, la maggior parte dei quali sono vittime del razzismo nella società americana. “
A Burbank, una città della grande area di Los Angeles, il negozio di Jonathan Solomon è appena visibile dalla strada. Attorno ad essa sono esposte le insegne: quelle di un negozio di attrezzature per il calcio, di un salone per le unghie, di una clinica per la pianificazione familiare… La sua armeria è più indietro, in cima a una scala fatiscente che si affaccia sulla Highway 5 e sui Monti Verdugo. Alcune persone stanno aspettando nella sala d’attesa, che è stata allestita frettolosamente nelle ultime settimane per tenere bassa la clientela. Il campanello deve essere suonato affinché un dipendente apra la porta chiusa a chiave di Redstone Firearms.
È l’unico negozio di armi da fuoco di proprietà afroamericana su tutta la costa occidentale. Ci sono solo una ventina dei 65.000 negozi di armi nel paese, secondo le associazioni pro armi nere. “Non mi è piaciuto quando mi sono trasferito qui”, dice Jonathan da dietro il bancone, mentre registra le applicazioni delle armi sul suo computer. “Ho ricevuto minacce di morte dai sostenitori della supremazia bianca fin dal primo giorno. Ed è aumentata solo negli ultimi mesi, in media da 5 a 10 alla settimana.”
Marie King, una donna di colore sulla quarantina, ha guidato per più di sei ore da San Francisco per comprare la sua pistola da Jonathan. “E’ uma marcia militante in un certo senso. Voglio che il mio denaro scorra nella mia comunità e che venga utilizzato per aiutarci a costruire la nostra economia”. Una maglietta grigia su un manichino in mezzo al negozio cattura la sua attenzione. Ha diversi tipi di armi con la frase: “Tutto più veloce che chiamare il 911 [il numero di emergenza della polizia statunitense].” Ride e va a prendere la sua taglia.
“È proprio vero! Quando si chiama la polizia, a seconda di dove si vive, ci possono volere dai 15 ai 20 minuti per arrivare! Ecco perché devi armarti, per proteggerti. Preferisco farlo piuttosto che mordermi le dita se mi succede qualcosa. Il modo in cui il mondo sta cambiando, non si può dire cosa succederà”. Un’incertezza incredibilmente prolifica e lucrativa per il business delle armi in generale e per quello di Jonathan in particolare. “Dall’inizio della pandemia, le nostre vendite sono esplose, il 5.000% in più in sei mesi, è enorme! Abbiamo servito fino a 200 persone al giorno per settimane. È semplice, ho il negozio da sei anni e questo è il primo anno in cui ho intenzione di guadagnare. “
Già proprietario di cinque revolver
Per Randolph Roth, professore di storia e sociologia alla Ohio University e autore di American Homicide (Belknap Press, 2009), questo fenomeno si spiega anche con l’esacerbazione delle dichiarazioni razziste durante l’era Trump. “Avete sentito i suprematisti bianchi dire apertamente che si stavano preparando per una guerra razziale, che la volevano, e il presidente uscente li difendeva. È comprensibile che gli afroamericani cerchino di armarsi.” Il suono di una pistola che viene caricata risuona attraverso il negozio. Erick Williams, un afroamericano di 58 anni che possiede già cinque revolver, sta provando il suo nuovo acquisto, un fucile semiautomatico da 1.000 dollari. “Con questo tra le mani, chi viene a casa tua o cade o scappa”, dice con un sorriso soddisfatto.
Il tono diventa rapidamente più serio se si considerano le tensioni che hanno agitato la società americana negli ultimi mesi. “Noi neri siamo il prodotto di una storia di sfruttamento e di violenza. Ricordi quando il Ku Klux Klan veniva ad attaccarci a casa. Sono ancora qui oggi! Il KKK, i bifolchi, gli ariani… E queste persone, un giorno potranno dire: “Facciamo quello che vogliamo fare”. Oggi dico loro: “Avanti, salta il mio cancello, vedremo”. Non permetteremo che succeda di nuovo. »
Al suo fianco, il suo amico Joseph, con il suo fisico imponente e il berretto dei Lakers sulla testa, fa un cenno con la testa. “Un giorno potrebbero decidere: ‘Stiamo portando via tutto ai neri, cibo, acqua, tutto’. Nel caso in cui voglia vivere il più a lungo possibile, voglio vivere il più a lungo possibile, quindi dobbiamo proteggerci.”
Durante il movimento per i diritti civili
Per molto tempo ai neri non è stato permesso di armarsi negli Stati Uniti. Nel 1865, quando divennero uomini liberi sulla carta grazie alla ratifica del tredicesimo emendamento alla Costituzione che aboliva la schiavitù, il Sud, perdente della guerra civile, votò i Codici Neri. Queste leggi proibiscono agli afroamericani di esercitare determinati diritti, compreso il diritto di portare armi. In risposta, nel 1868, il governo federale ratificò il quattordicesimo emendamento, garantendo la cittadinanza a chiunque sia nato negli Stati Uniti e la stessa protezione a tutti coloro che si trovano all’interno dei suoi confini.
Ma nel 1877 il Sud persisteva e sostituiva i Codici Neri con le Leggi del Jim Crow, limitando le libertà costituzionali dei neri e imponendo un sistema di segregazione razziale che rimase in vigore fino al 1964. Nonostante queste leggi, c’è sempre stata una ¬tradizione di armi tra alcuni neri americani, che le hanno usate per difendersi e per conquistare la loro libertà, poi per combattere contro il Ku Klux Klan o durante il movimento per i diritti civili, all’interno delle Pantere Nere.
Creato nel 1966 a Oakland, il Partito delle Pantere Nere per l’autodifesa (che divenne presto il Partito delle Pantere Nere) difendeva il diritto di portare armi cariche in pubblico. Il movimento rivoluzionario si è fatto conoscere in particolare per le pattuglie che ha organizzato per monitorare le ronde della polizia nei quartieri neri. I membri delle Pantere Nere sfilavano per le strade, con tutte le armi in mano, come era allora consentito dalla legge della California. Ma molto rapidamente le autorità cercheranno di disarmarli.
Nel 1967, in California fu introdotta una legge sul controllo delle armi da fuoco. La reazione delle Pantere Nere passerà alla storia: sono entrate in Campidoglio a Sacramento, armi alla mano, per protestare contro il testo. Questa colpo si rivelerà controproducente. La paura ha spinto Ronald Reagan, allora governatore repubblicano dello stato della California, ad approvare la legge con urgenza… con il sostegno della National Rifle Association (NRA), la lobby delle armi. È stata ancora una volta la paura a decidere che lo Stato federale seguisse la guida della California l’anno successivo.
Di fronte alle sanguinose rivolte razziali scatenate dall’assassinio di Martin Luther King e dopo l’assassinio di Robert Kennedy due mesi dopo, lo Stato federale approva la legge sul controllo delle armi da fuoco del 1968, che vieta la vendita di armi da fuoco a minori, criminali, tossicodipendenti e malati di mente, nonché la vendita interstatale di armi e munizioni, e rende obbligatorio il numero di serie. “La storia dimostra che quando le minoranze prendono le armi, spesso seguono nuove leggi che ne limitano l’uso, dice Adam Winkler. Perché? Perché sono minoranze! Non succede niente del genere quando si tratta di bianchi che portano la pistola. Questo rivela il razzismo della società americana. L’obiettivo è quello di lasciare gli afroamericani impotenti, di renderli cittadini di seconda classe in una società dominata da e per i bianchi. “
Una discriminazione fin troppo familiare a Regina e alla sua famiglia. Questa domenica pomeriggio, è con suo marito e i loro due figli più piccoli, Christian e Cameron, 23 e 20 anni, nel soggiorno della loro grande casa in un quartiere pulito di Canoga Park, un quartiere a nord-ovest di Los Angeles. Come ogni settimana, guardano insieme una partita di calcio. Oggi, Las Vegas gioca a Kansas City. “Ho sempre avuto la sensazione che per noi non andasse bene avere una pistola”, dice Regina, caffè in mano, durante una pubblicità.
Seduto accanto a lei, suo marito, Ed, dice: “C’era quest’idea che se volevamo comprare una pistola, dovevamo dare il nostro nome, così la polizia l’avrebbe avuta. È un intero processo psicologico. Così sono cresciuto con l’idea che solo i teppisti hanno le pistole”.” E’ perché questa è l’immagine che i media danno”, ha detto Cameron, uno studente di gestione di eventi sportivi. “Che sia al telegiornale, in TV o al cinema, l’uomo di colore armato viene ritratto come una persona pericolosa che si procura armi illegalmente. Ora che lo stiamo facendo legalmente, cosa possono dire i bianchi? Stiamo facendo esattamente la stessa cosa che state facendo voi, ci stiamo armando. Voi siete americani, io sono americano quanto voi, quindi esercito il mio diritto come voi. “
Versione nera della NRA
Negli ultimi anni sono stati formati diversi gruppi afroamericani in difesa del secondo emendamento per rendere forte e chiara questa richiesta di uguaglianza. La National African American Gun Association (Naaga) – la versione nera della NRA – è la più grande, istituita nel 2015. In cinque anni è passata da 30.000 a 40.000 membri, con un aumento di circa il 50% solo nel 2020.
Entro 36 ore dalla morte di George Floyd, non meno di 2.000 persone si sono aggiunte alle sue fila. “Per capire, bisogna immaginare un mostro a tre teste: prima c’è stata la pandemia, poi le proteste sociali che si sono intensificate, e infine i suprematisti bianchi che sono diventati sempre più aggressivi nei loro discorsi e nei loro comportamenti”, dice Philip Smith, il suo presidente fondatore.” Si sente questa tensione, è nell’aria.”
Su Facebook, l’organizzazione Black Guns Matter ha più di 50.000 iscritti. Un nome che fa volutamente eco al movimento per la pace Black Lives Matter. “Siamo davvero due organizzazioni complementari”, dice il maggiore Toure, 39 anni, creatore di Black Guns Matter, “Dimostrare e voler cambiare il sistema non è la stessa cosa che doversi proteggere se qualcuno ti minaccia. Se pensi che la tua vita da uomo nero sia importante, allora devi avere un’arma per difenderla. “
Un emendamento, un diritto, una lotta, che vale più di ogni altra cosa per l’attivista politico libertario radicale. “L’America ha una paura tremenda dei neri. Enorme. Ma non mi importa dei razzisti, purché non vengano a cercare la mia famiglia, la mia comunità, la mia libertà. Non mi interessa cosa dicono, non mi interessa cosa fanno, basta che mi diano la mia pistola per difendermi. Questa è l’America. “
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