Dopo che lo scorso 18 novembre, con il voto contrario di USA e Ucraina e l’astensione di 53 Paesi, il Terzo comitato dell’Assemblea generale ONU aveva accolto il progetto di risoluzione russo su “Lotta contro la eroicizzazione di nazismo, neo-nazismo e altre pratiche che favoriscano il crescere di moderne forme di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia”, il 16 dicembre l’Assemblea generale, con il voto favorevole di 130 Paesi (erano stati 122 a favore del progetto), ha approvato la risoluzione stessa, che raccomanda, tra l’altro, l’adozione di misure contro la revisione dei risultati della Seconda guerra mondiale, dato che, osserviamo noi, per il suo scatenamento, ormai da un paio di decenni le “democrazie” si sono accordate sulla “pari responsabilità” nazi-sovietica.
Oltre al solito voto contrario di USA (per il giubilo di chi acclama “grandi cambiamenti” alla Casa Bianca) e Ucraina, si sono nuovamente astenuti 51 Paesi, tra cui Italia, Francia, Germania, Austria, Belgio, Paesi dell’est europeo quasi al completo, Canada, Giappone, Paesi scandinavi, Spagna, Svizzera: insomma la solita gang affiliata o fiancheggiatrice di NATO e UE.
Naturalmente, il voto contrario dei golpisti ucraini non “fa notizia”, al pari dell’astensione dei Paesi NATO. Non fa più notizia nemmeno il “no” dell’Italia, che non si preoccupa certo di dover “ribadire il proprio antifascismo”, con l’appoggio a un regime che, proprio nelle stesse ore in cui l’ONU approvava la risoluzione, scodellava il calendario 2021 degli anniversari da celebrare ufficialmente, inserendovi anche giornate dedicate a ufficiali della Divisione SS “Galičina”, collaborazionisti dei polizei nazisti in Ucraina, rappresentanti della Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN), macchiatasi di stragi di civili polacchi, comunisti, soldati dell’Esercito Rosso, ecc.
In quelle date, scolari e studenti ucraini dovranno sorbirsi speciali lezioni, intese a evocare le gesta e le “imprese” di quelle brave persone.
Non a caso, secondo l’esperto militare Aleksej Leonov, in sette anni di regime di majdan, un buon 30% di popolazione russofona d’Ucraina (molti, con alle spalle anche ripetuti “soggiorni” di guerra in Donbass) avrebbe fatto propria l’ideologia russofobica, senza possibilità di recupero e moltissimi ucraini, complice anche la stanchezza per sei anni di guerra, vorrebbero un attacco deciso al Donbass.
Fanno da corollario, florilegi quali l’onorificenza “Per il coraggio”, conferita dal presidente Vladimir Zelenskij a Vitalij Markiv.
“Per gli eccezionali risultati raggiunti in attività statali e pubbliche, l’esemplare adempimento dei doveri di servizio e civili, l’alta professionalità e il significativo contributo dato alla difesa dei diritti e delle libertà dei cittadini e degli interessi d’Ucraina nell’arena internazionale“.
Una motivazione, in cui il terrorismo praticato dai diversi raggruppamenti ucraini (Markiv è ufficiale della Guardia nazionale) in Donbass è celebrato come “difesa dei diritti e delle libertà dei cittadini”, parallelamente alla difesa “degli interessi d’Ucraina nell’arena internazionale“, per aver sostenuto la parte dell’assolto di fronte a un tribunale italiano, dopo che un altro tribunale italiano lo aveva condannato a 24 anni di galera, per partecipazione all’assassinio in Donbass (con la stessa accusa, ora la corte rionale Basmannyj di Mosca ne ha decretato l’arresto in contumacia) nel 2014, di Andrea Rocchelli e del cittadino russo Andrej Mironov.
In ogni caso, è facendosi forte anche di tali “eroiche e coraggiose” astensioni all’ONU, che il “führer” ucraino Andrej Biletskij, alla maniera del suo predecessore nazista per la regione dei Sudeti, può annunciare piani di conquista della regione russa di Rostov (confinante direttamente con la Repubblica popolare di Lugansk) che, a detta sua, sarebbe “territorio ancestrale ucraino”, dato che Taganrog sarebbe stata la capitale del Don ucraino.
Ora, dice Biletskij, dal momento che le truppe ucraine sono posizionate non lontano dalla regione di Rostov, nell’area di Mariupol, questa sarebbe una buona occasione per “ripetere la liberazione della regione di Taganrog. E questa volta, per sempre”.
Declamazioni naziste a parte, la Kiev ufficiale, per bocca della vice Premier Ol’ga Stefanišina, non fa mistero di pretendere al ruolo di alleato chiave USA e NATO nell’area del mar Nero. Così, non fa una piega il concorde rifiuto yankee-ucraino alla risoluzione ONU contro nazismo e neo-nazismo.
Qualche sgualcitura in più la fa il “ni” italico; per carità, solo a nostro parere, Pittella, Boldrini & Co permettendo e, con loro, tutti i democratici nostrani avvezzi ad acclamare le risoluzioni UE sulla “memoria europea”.
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