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E ora Bija, sospetto trafficante, seleziona e addestra i futuri guardacoste

Gli scafisti libici? Li paga lo Stato italiano, che provvede anche ad armarli ed addestrarli. Certo, si chiamano “guardia costiera” del governo di Tripoli, ma fanno contemporaneamente il doppio lavoro: gestiscono i lager per i migranti che riescono ad arrivare passando per il Sahara, incassano da loro tutto ciò che hanno per farli salire su barconi destinati alla demolizione e poi – di concerto con il governo italiano – ne bloccano una parte per giustificare il ruolo “militare alleato”.

E questo gioco va avanti da anni, è stato denunciato mille volte anche da fonti autorevoli e insospettabili  (l’Onu, il giornale dei vescovi italiani, noi stessi, nel nostro piccolo). Minniti, Salvini, Lamorgese sanno tutto perfettamente. Sono loro che hanno siglato gli accordi e li fanno “rispettare”.

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La postura marziale non riesce a nascondere la tensione dei candidati. Le foto arrivano da Janzour, meno di 10 chilometri da Tripoli. Diventare una recluta dell’Accademia militare è il sogno di tanti. Ma a decidere chi diventerà ufficiale della Marina, rimessa in sesto da equipaggiamento italiano e fondi di Roma e Bruxelles, è l’ufficiale che nella banca dati dell’Interpol é indicato come “LYi.026”: il famigerato Bija.

Per lui la legittimazione pubblica stavolta arriva dal massimo vertice militare. Il capo di stato maggiore del governo libico di unità nazionale ha pubblicato le immagini degli esami di ammissione. Al tavolo degli esaminatori, in divisa bianca, c’è il neo maggiore della marina Abdurahman al-Milad, ricercato dall’Interpol e di nuovo sanzionato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Non c’è più alcun dubbio che i finanziamenti di Italia e Ue, indirizzati proprio alla ristrutturazione della guardia costiera libica, finiscano per essere gestiti anche da Bija. Uno smacco per Roma e Bruxelles che continuano a sostenere di avere intrapreso iniziative di cooperazione con «la parte sana» della Marina libica e non con i trafficanti di esseri umani, armi, petrolio e droga. Proprio alcuni dei capi d’imputazione riportati negli alert dell’Interpol per Bija e il suo gruppo.

In occasione del voto per il rifinanziamento della cosiddetta guardia costiera libica, confermato dal Parlamento lo scorso 15 luglio, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini aveva assicurato che in un precedente colloquio con il premier Dbeibah aveva fra l’altro ribadito «l’importanza della ripresa dell’addestramento della Guardia Costiera libica da parte della Missione Ue.

Il comando della Missione ha già condiviso con le autorità locali una ipotesi di programma addestrativo, funzionale alla formazione del personale nella gestione delle situazioni di crisi ed emergenza, nel rispetto dei diritti umani e di genere». Ora sappiamo chi se ne occuperà.

Appena una settimana fa l’Interpol aveva pubblicato un alert per Osama al-Kuni Ibrahim, cugino di Bija e direttore dei campi di prigionia governativi per migranti a Zawiyah, ritenuto «il più spietato di tutti». Tra le motivazioni indicate, proprio l’appartenenza al clan che al vertice vede Bija e Mohammed Kachlaf, capo della milizia al-Nasr e della polizia petrolifera che di giorno sorveglia la più grande raffineria libica, di notte si appropria di tonnellate di idrocarburi da far arrivare in Europa attraverso famiglie mafiose maltesi e siciliane.

Numerose testimonianze di migranti sbarcati in Italia e raccolte dalla polizia hanno indicato Bija come «un mostro che può sparare a una persona come se stesse sparando a un animale». Nella nota dell’Organizzazione internazionale di polizia viene chiesto agli stati membri di «impedire l’ingresso o il transito nei loro territori» di al-Milad e dei suoi associati. Inoltre viene dato ordine di «congelare senza indugio i fondi e altre attività finanziarie o risorse economiche di persone ed entità designate, assicurarsi che nessun fondo, attività finanziaria o risorsa economica sia reso disponibile, direttamente o indirettamente, a loro vantaggio».

Il gruppo di potere di Bija è considerato tra i più influenti nell’eventuale elezione presidenziale del prossimo 24 dicembre. L’attuale primo ministro ad interim del governo di unità nazionale libico, Abdul Hamid Dbeibah, potrebbe annunciare a breve la sua candidatura. Secondo i media locali il premier avrebbe incaricato il suo vice, Ramadan Abu Janah, di gestire gli affari del governo mentre prepara l’annuncio.

da * L’Avvenire

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