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Già 10.000 cubani utilizzano criptovalute

L’attuale crisi economica occidentale si è concretizzata in una crisi del ruolo degli Stati Uniti nell’economia internazionale, con gravi ripercussioni anche in ambito monetario, poiché il dollaro ha perso il suo ruolo di valuta di riferimento a livello mondiale.

Nello stesso tempo, l’enorme successo delle criptovalute ha portato a prestare particolare attenzione alle tecnologie che esse utilizzano. Tutto questo mentre il bloqueo economico-finanziario-commerciale che subisce Cuba, sembrano avere l’unico obiettivo di distruggere l’autodeterminazione socialista dell’isola.

Ed è dunque una reazione se si sta sviluppando un fenomeno di acquisto e scambio diretto (con contanti) di criptovalute, principalmente bitcoin: Alex Sobrino, fondatore del Telegram CubaCripto, sostiene che almeno 10.000 cubani utilizzano criptovalute.
Da parte sua, il governo cubano, preso atto di questo fenomeno, ha iniziato ad esaminare l’ipotesi di utilizzare le criptocorrenti come mezzo per superare le sanzioni statunitensi, seguendo l’esempio di stati come Venezuela e Iran.

Cuba utilizzerebbe la criptovaluta per sfuggire, almeno in parte, al “blocco”.
Infatti, la complessa situazione delle sanzioni e dei divieti commerciali, economici e finanziari imposti dagli Stati Uniti al Paese si è negli anni aggravata. Il bloqueo è mantenuto ininterrottamente dal 1962 ed è il più lungo nella storia del mondo. Tanto da penalizzare istruzione, sanità, alimentazione, comunicazioni, servizi di base, infrastrutture.

Il presidente Díaz-Canel ha più volte accusato le amministrazioni Trump e Biden di una soffocante persecuzione finanziaria che rende particolarmente difficile l’importazione di beni e risorse essenziali.

Tornando alle criptovalute, non si sa ancora come “lanciare” la valuta digitale, se si tratterà di un proprio “token” o se si utilizzerà un sistema esistente, come il famoso bitcoin. Le criptovalute per l’Isola possono sicuramente rappresentare una via d’uscita dal “bloqueo”.

Dopo il Petro venezuelano e l’esperimento iraniano, anche Cuba sta cercando di elevare la situazione causata dall’embargo attraverso una valuta digitale. In precedenza ci aveva provato il governo venezuelano, che stava attraversando una crisi economica e umanitaria a lungo desiderata dagli imperialisti. L’anno scorso, il presidente Nicolás Maduro aveva pianificato con il suo staff l’ICO, l’offerta iniziale di monete con un’offerta pubblica iniziale di petrolio.

Ora, anche Cuba sembra voler andare in questa stessa direzione. L’obiettivo è sempre lo stesso: cercare la pace, evitare le sanzioni statunitensi, raccogliere risorse nei mercati finanziari internazionali, che altrimenti sarebbero chiusi, e promuovere l’esportazione dei prodotti locali. Anche percorrendo strade parallele.

In un discorso alla televisione pubblica, il presidente Miguel Díaz-Canel ha spiegato che il piano servirebbe a raccogliere capitali a sostegno di una serie di riforme volte ad alleviare l’insostenibile situazione dell’isola.

Venezuela e Cuba sono paesi strettamente legati, e la crisi di Caracas ha ulteriormente complicato la difficile situazione dell’Avana.

E il motivo per un approccio più attento alla proposta venezuelana è quello di evitare esattamente gli stessi problemi che aveva inizialmente il Petro: la mancanza di interesse internazionale che ha reso difficile il lancio della nuova moneta elettronica.

Mentre, come è ovvio, l’utilizzo di valute non convenzionali sembra aver convinto anche altri Paesi colpiti dalle misure vessatorie statunitensi.

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