Ayten Öztürk, 47 anni, giornalista e attivista socialista, l’8 marzo 2018 è stata rapita in Libano e sottoposta a gravi torture e molestie sessuali in un centro di detenzione segreto ad Ankara.
Nata ad Antiochia, in una famiglia di quindici figli, arabo siriana democratica alevita; ha perso tre membri della sua famiglia per motivi politici. Arrestata e torturata molte volte, decise di trasferirsi in Siria.
A causa della guerra, nel 2018 ha cercato di raggiungere l’Europa attraverso il Libano. Arrestata all’aeroporto di Beirut, è stata portata in Turchia. Torturata per sei mesi. Arrestata ancora. Rilasciata dopo tre anni e mezzo, ora è agli arresti domiciliari.
In un’intervista per l’Anti-Imperialist Front Italia, Ayten Öztürk ha affermato che è stata incappucciata, ammanettata con le braccia dietro la schiena, rapita dalla polizia segreta turca (MİT) e portata in un centro di tortura vicino Ankara per sei mesi, prima di essere arrestata ufficialmente.
«Appena entrata in cella mi hanno salutata: “Benvenuta nel tuo paese, benvenuta, ti conosciamo e sappiamo tutto su di te. Vogliamo solo che tu confermi delle cose”.
Ho subito detto che non avrei mai parlato con loro in un centro di tortura.
Ho detto che non avevo nulla da condividere con dei torturatori».
«Mi hanno detto che gli era stata data l’autorità di farmi qualsiasi cosa», ha affermato. «Mi hanno detto che avrebbero continuato a torturarmi finché non avessi collaborato con loro. Hanno detto che erano professionisti e che avrei supplicato di morire. Non ero l’unica detenuta lì, ma ero l’unica donna».
Ayten Öztürk ha perso 25 chili durante la detenzione.
Per sei mesi ha subito torture fisiche e psicologiche terribili e sistematiche.
In seguito, quando è stata arrestata dalla polizia di Ankara, «Le mie compagne di cella hanno contato 898 cicatrici sul mio corpo. Ero ridotta così male che non mi hanno voluta rilasciare subito, anche se non c’erano capi d’accusa contro di me. Dal 10 giugno 2021 sono agli arresti domiciliari con due sentenze a vita dopo un processo farsa».
Sebbene Öztürk abbia presentato una denuncia sulla tortura, il pubblico ministero non ha trovato motivi per un’azione legale.
Tortura e maltrattamenti stanno diventando preoccupanti in Turchia.
Ayten spiega: «Prima non era solito che la polizia turca utilizzasse questi metodi che hanno usato con me: rapimento e tortura per collaborare. È dal 2016, dopo il tentato colpo di stato, che le cose sono peggiorate e hanno intensificato questi metodi di terrore.
A differenti periodi storici in Turchia corrispondono differenti metodologie di repressione sul popolo. Ad esempio, negli anni Novanta c’erano molte sparizioni di persone. In questi ultimi anni ci sono casi di persone che vengono rapite e intimorite con la tortura per far firmare loro false dichiarazioni contro i figli del popolo.
Dopo il mio rilascio ho fatto delle ricerche e sono venuta a conoscenza di 35 persone che avevano subito il mio stesso trattamento ma nessuna di loro riesce a parlare e a denunciare ciò che gli è successo, come sto facendo io ora. È molto difficile e bisogna avere molta forza per poter rivivere e spiegare, ad ogni intervista, ciò che ho vissuto».
Secondo un rapporto mensile pubblicato dal difensore dei diritti umani e deputato dell’opposizione Sezgin Tanrıkulu, a luglio, 248 persone sono state torturate o maltrattate nelle carceri, negli ospedali e nei centri di detenzione.
Le violazioni dei diritti nelle carceri includevano la negazione delle cure mediche, la privazione dei bisogni primari tra cui cibo, letti e acqua calda e il trasferimento forzato in altre carceri ma anche segnalazioni persistenti di percosse, pugni e calci, colpi con oggetti, falaka, minacce e abusi verbali, costrizione a denudarsi, stupro con oggetti e altre violenze sessuali o minacce relative, privazione del sonno, posizioni stressanti e bendaggio prolungato e/o essere ammanettati per diversi giorni.
Nell’immaginario collettivo abbiamo sempre pensato che la tortura fosse qualcosa che appartenesse ai secoli passati e invece ce la ritroviamo in maniera imponente e devastante alle porte dell’Europa, in un paese che ormai è quasi dentro e con il quale l’Italia ha stretti rapporti economici e militari.
Ayten Öztürk ha seri problemi di salute e ha difficoltà a ricevere le cure necessarie. Il suo caso è emblematico, non è l’unica, ma non ci sono molte persone disposte a denunciare e a rischiare ancora altri soprusi o lunghi processi.
La sua storia, le sue denunce non devono essere inascoltate. Il suo appello è quello di coinvolgere anche in Italia le autorità competenti per i Diritti Umani, gli ordini dei medici e tutte le associazioni democratiche affinché venga liberata e vengano processati i suoi torturatori.
Per leggere l’intervista completa:
https://www.marx21.it/internazionale/aif-italia-intervista-ayten-22-ottobre-2021/
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