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Egitto. Sorveglianza di massa “made in France”

In Egitto, il gruppo Dassault, Nexa Technologies e una filiale di Thales hanno venduto un sistema di sorveglianza di massa al regime di Al-Sisi, con la benedizione dello Stato francese.

Di seguito, la traduzione integrale della terza parte dell’inchiesta realizzata dal media indipendente Disclose, in collaborazione con Télérama, sul sostegno francese al regime egiziano.

Oppositori politici, giornalisti, leader di ONG, attivisti LGBT, scioperanti, ecc. sono finiti nel mirino della polizia egiziana, anche grazie al sofisticato e massiccio “sistema di cyber-sorveglianza installato dalle tre società francesi, con il tacito accordo delle autorità statali”, si legge nell’inchiesta.

Nonostante la brutale repressione interna, l’Egitto e la Francia continuano a consolidare i loro rapporti bilaterali, sotto tutti i punti di vista: commerciale, diplomatico e militare.

Per la Francia, Al-Sisi è un “dittatore di cui però si ha bisogno per collaborare” – volendo mutuare le considerazioni del premier Mario Draghi su Erdogan – per un gioco di alleanze, influenze e spartizione di poteri nel Mediterraneo, dalle Zone Economiche Esclusive agli scenari politici delle elezioni in Libia.

Il presidente francese Macron è senza ombra di dubbio “pronto a cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese” – sempre per citare Draghi – con l’omologo egiziano Al-Sisi, al quale ha conferito persino la Legion d’Onore in occasione della sua visita in pompa magna a Parigi un anno fa.

La sostanza è chiara: si può chiudere un occhio sulle violazioni dei diritti umani, se gli interessi e gli affari economici sono sufficientemente cospicui, tanto per il governo quanto per le aziende francesi.

Ne sappiamo qualcosa in Italia, con il caso di Giulio Regeni finito ormai in soffitta, dopo che la retorica diplomatica e le roboanti dichiarazioni pubbliche del ministro degli Esteri Luigi DI Maio sono state azzerate dalla vendita di due fregate militari alla marina egiziana.

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I messaggi di “buon compleanno” arrivano sul telefono di Ahmed Alaa. Il 1° ottobre 2017, seduto sul retro di un taxi nella piccola città di Damietta, in Egitto, lo studente, che ha appena compiuto 22 anni, sta inviando faccine e messaggi di testo ai suoi amici.

All’improvviso, un uomo bussa al finestrino: “La tua carta d’identità!”. Agenti in borghese circondano il veicolo, walkie-talkie alla mano, lo tirano fuori brutalmente e lo caricano nel loro furgone. Destinazione sconosciuta.

All’inizio ho pensato che fosse uno scherzo”, racconta a Disclose. “Non pensavo che sarei mai stato rapito così, in mezzo alla strada”. È stato incarcerato senza nessun processo.

All’epoca, il regime ha accusato Ahmed Alaa di aver postato su Internet una sua foto sotto una bandiera arcobaleno, simbolo della comunità LGBT, durante un concerto rock underground al Cairo il 22 settembre. La foto è diventata virale sul web egiziano e lui è stato accusato dal regime di “immoralità” e di appartenere a un “gruppo illegale”.

Dopo 80 giorni di detenzione, è stato rilasciato, fisicamente e psicologicamente distrutto. Ha fatto le valigie, è fuggito dall’Egitto e andato in esilio a Toronto, in Canada, dove Disclose lo ha incontrato più volte.

Seduto nel salotto di amici rifugiati, come lui, ricorda gli eventi. I media ufficiali che trasmettono il suo volto più e più volte in TV, le minacce sui social network e poi i pochi giorni di clandestinità lontano dal Cairo, dove pensava di essere al sicuro.

Quando la polizia mi ha arrestato, ho capito subito che il mio telefono era stato intercettato e la mia attività sui social network monitorata. Nessuno può sfuggirgli…”.

65.000 oppositori in prigione

Oppositori politici, giornalisti, leader di ONG, omosessuali, scioperanti… Da cinque anni, tutti coloro che non pensano o non vivono secondo i precetti del regime militare sono a rischio di incarcerazione – quasi 65.000 oppositori languono nelle carceri del regime, mentre altri 3.000 sono “scomparsi” dopo essere stati arrestati, secondo il Dipartimento di Stato americano.

Una repressione senza precedenti della società civile egiziana facilitata da un massiccio sistema di cyber-sorveglianza installato da tre società francesi, con il tacito accordo delle autorità.

La prima, chiamata Nexa Technologies, è gestita dai fondatori di Amesys, una società accusata di aver fornito attrezzature di sorveglianza al regime di Muammar Gheddafi in Libia.

La seconda, Ercom-Suneris – una filiale di Thales dal 2019 – è noto per aver assicurato uno dei telefoni cellulari di Emmanuel Macron.

La terza è nientepopodimeno che Dassault Systèmes, la filiale tecnologica del peso massimo dell’industria francese delle armi e produttore dell’aereo Rafale.

Abbiamo sempre utilizzato le nostre soluzioni in piena trasparenza e in contatto con le autorità e i servizi di intelligence francesi”, ha dichiarato la direzione di Nexa Technologies.

Secondo la nostra inchiesta, in collaborazione con la rivista Télérama, queste tre aziende tecnologiche si sono riunite nel 2014 intorno a un progetto di sorveglianza straordinaria della popolazione.

Un equivalente egiziano della NSA [National Security Agency, il servizio di intelligence degli Stati Uniti, ndt], versione dittatura: Nexa Technologies è incaricata di installare un software di sorveglianza Internet chiamato “Cerebro” e Ercom-Suneris un dispositivo di intercettazione telefonica e geolocalizzazione chiamato “Cortex Vortex”.

L’ultimo pezzo di questo enorme edificio di spionaggio è un motore di ricerca ultrapotente prodotto da Dassault Système. Secondo le nostre informazioni, Exalead – questo il suo nome – dovrebbe permettere di collegare le varie banche dati per conto del MID, l’opaco servizio di intelligence militare del regime.

Per consolidare il suo potere acquisito con la forza nel luglio 2013, Abdel Fattah Al-Sisi può contare su due importanti alleati. Lo Stato francese da un lato, uno dei suoi principali partner occidentali, che fornisce supporto diplomatico, militare e commerciale. E gli Emirati Arabi Uniti d’altra parte che, secondo le nostre informazioni, ha messo sul tavolo 150 milioni di euro nel 2013 per offrire al maresciallo Al-Sisi ciò che mancava al suo arsenale repressivo: lo spionaggio digitale.

Lo Stato del Golfo ha portato una filiale di Etimad (Fahad Smart Systems, nello specifico), leader dell’Emirato nella difesa informatica. È questa società che ha offerto alla cybersorveglianza “made in France” la possibilità di accedere al cuore del potere, il Ministero della Difesa egiziano.

L’ordine del governo egiziano è arrivato a noi attraverso una società degli Emirati che ci ha contattato e ci ha parlato di questa necessità”, conferma per iscritto la direzione di Nexa Technologies, la prima a entrare nel ballo.

La PMI francese ha un vantaggio importante: dal 2012 ha una filiale commerciale basata negli Emirati, Advanced Middle East Systems. “Questa creazione è stata fatta con la massima trasparenza di informazione con i servizi francesi”, afferma ancora Nexa Technologies.

Il 24 marzo 2014, i suoi direttori, Stéphane Salies e Olivier Bohbot, hanno vinto un contratto di 11,4 milioni di euro per installare il suo software di punta, Cerebro, al Cairo. Secondo un documento riservato ottenuto da Disclose, Cerebro è in grado di “analizzare i dati per capire le relazioni e il comportamento dei sospetti, andando indietro nel tempo per trovare informazioni rilevanti in diversi miliardi di conversazioni registrate”. Il contratto si chiama “Toblerone”, dal nome del cioccolato svizzero a forma di piramide.

Nel frattempo, Stéphane Salies, CEO di Nexa, ha consigliato agli Emirati di assumere Ercom-Suneris. Un successo! Nell’estate del 2014, Pierre-Mayeul Badaire, il capo di Ercom, ha firmato un contratto di quasi 15 milioni di euro per spiare i telefoni da un capo all’altro del Nilo – di passaggio, ha pagato una commissione di 250.000 euro all’intermediario, secondo una fattura del 10 ottobre 2014 ottenuta da Disclose.

Una caratteristica è di particolare interesse per i militari egiziani: la geolocalizzazione in tempo reale delle persone sotto sorveglianza. “È come un film di spionaggio”, spiega un ex ingegnere di Ercom, parlando in condizione di anonimato.

Possiamo geolocalizzare una persona triangolando la posizione delle antenne relè a cui è collegato il suo telefono, anche senza che faccia alcuna chiamata. Un dispositivo ancora più invadente di quello di Nexa”.

Cosa pensa Thales, che ha acquistato Ercom-Suneris nel 2019 e di cui lo Stato è azionista al 25,6%? Contattato, il gruppo francese non ha voluto “rispondere al questionario” inviato da Disclose.

Secondo le nostre informazioni, Dassault Systèmes è stata coinvolta nel progetto allo stesso tempo delle sue due controparti. Come proprietario di Exalead, un motore di ricerca ultrapotente, l’industriale era apparentemente il partner ideale per centralizzare i milioni di informazioni raccolte con il database digitale dei passaporti e delle carte d’identità egiziane.

Secondo le nostre informazioni, i dipendenti di Dassault Systèmes si sono recati al Cairo cinque volte tra ottobre 2015 e la fine del 2016 per supervisionare l’installazione di Exalead. Anche gli agenti dei servizi segreti egiziani sono stati addestrati a Parigi. Contattata, Dassault Systèmes non ha risposto alle nostre domande.

Per assicurarsi che tutto funzioni, la dittatura non lesina le risorse: data center nuovi di zecca, computer Dell di ultima generazione, “mega server” della DDN americana… Ad Alessandria, i militari hanno installato componenti elettronici [TAP ottici che permettono il monitoraggio di una rete di computer senza interromperla] sui cavi sottomarini che collegano il paese alla rete Internet per poterla controllare meglio.

Quanto al centro di comando di questa futura “NSA egiziana”, è installato al Cairo, nella base militare Almaza, a meno di 5 km dal palazzo presidenziale.

Approvato dallo Stato

Per avere mano libera in Egitto, gli esperti francesi di cyber-sorveglianza hanno dovuto chiedere l’approvazione dello Stato e del suo servizio di controllo dei beni a doppio uso (SBDU). In altre parole, tecnologie civili che potrebbero essere dirottate a scopi militari o repressivi. Seguendo l’esempio di Cerebro e Cortex.

Nel luglio 2014, la SBDU, posta sotto l’autorità di Emmanuel Macron, allora ministro dell’economia, è stata avvicinata da Nexa Technologies nel contesto del contratto “Toblerone”.

Secondo la richiesta che Disclose ha ottenuto, l’azienda menziona una “fornitura di servizi [all’Egitto] relativi all’implementazione di un sistema di intercettazione IP legale nella lotta contro il terrorismo e la criminalità”. Il contratto include 550 giorni di installazione e 200 ore di formazione.

Ufficialmente, Advanced Middle East Systems, la filiale UAE di Nexa, sta vendendo il sistema. La società madre assicurerà solo il suo dispiegamento. La SBDU, evidentemente rassicurata, non ha esaminato ulteriormente il dossier. Il 10 ottobre 2014, ha apposto un timbro “non presentato” in fondo al documento.

Chiaramente, il Ministero dell’Economia non vede alcun problema nel contratto con uno dei paesi più repressivi del mondo. Contattato, l’ufficio del ministro Bruno Le Maire ha indicato che non desiderava comunicare su questo argomento.

Nell’autunno del 2014, è stato il turno della società Ercom-Suneris di chiedere l’accordo dello Stato per esportare il suo sistema di ascolto: un timbro “favorevole”.

Complicità in atti di tortura

Se lo Stato francese avesse avuto il minimo dubbio sulla fornitura di [Cerebro] allo Stato egiziano, avrebbe rifiutato di esportare la tecnologia e si sarebbe opposto alla vendita”, si giustifica oggi la direzione di Nexa Technologies. Al momento di scrivere, solo Nexa ha accettato di rispondere alle domande sollevate dalla nostra indagine.

La ragione di questa dichiarazione senza precedenti è da ricercare nell’unità dei crimini contro l’umanità della procura di Parigi: dal 2017, in seguito alle rivelazioni di Télérama, la giustizia ha aperto un’inchiesta giudiziaria contro Nexa e i suoi dirigenti.

Il 17 giugno 2021, Stéphane Salies e Olivier Bohbot sono stati incriminati per “complicità in atti di tortura e sparizione forzata” in Libia ed Egitto.

Per quanto riguarda Nexa Technologies, secondo le nostre informazioni, è stata incriminata il 12 ottobre per “complicità in atti di tortura e sparizioni forzate in Egitto tra il 2014 e il 2021”.

Dassault Systèmes ed Ercom-Suneris hanno quindi optato per una strategia del silenzio.

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